La vera forza della Milano Fashion Week è la nuova leva: il debutto rivelazione di Alessandro Vigilante
Si dice spesso che le Settimane della moda, nell'epoca bulimica dei social media, non abbia più ragione d'esistere. Forse è così, ma a volte riesce ancora a stupire e a riservare qualche preziosa scoperta. È il caso di Alessandro Vigilante, per la prima volta nel calendario della Milano Fashion Week. In una kermesse dove si grida alla novità se una marchio sfila in un capannone post-industriale, c'è voluto un designer al debutto per mostrare qualcosa di veramente nuovo, coerente originale. Uno show ad alto tasso spettacolare, allestito con pochi mezzi e grandi idee: un magistrale gioco di luci alla Matrix e una performance di modelli-ballerini carica di energia, ritmo, erotismo. La sfilata di Alessandro Vigilante era veramente inclusiva: non perché c'era una modella di colore o una modella plus size (mosche bianche in una Fashion Week dominata da modelle magrissime) ma perché i modelli erano tutti diversi: uomini e donne di ogni età, di ogni etnia e donne con i capelli grigi. Fanpage.it ha intervistato il designer alla fine della sfilata per parlare di come il mondo – e la moda – stiano evolvendo.
La sfilata Primavera/Estate 2022 di Alessandro Vigilante
Per il suo debutto alla Milano Fashion Week, Alessandro Vigilante ha dimostrato cosa si può fare con pochi mezzi e grandi idee. La sfilata è stata una performance di danza ipnotica e travolgente, ideata da Emanuele Cristofoli (in arte Laccio). La sala bianca è stata interamente smaterializzata e trasformata da un suggestivo gioco di luci colorate, tra suggestioni alla Matrix e atmosfere aliene. Sul ritmo incalzante della musica i modelli lasciano che i corpi in movimento raccontino la collezione: i body in colori acidi, i blazer fluidi e gli abiti con le frange. Lo stilista pugliese, classe 1982, è un ex ballerino e la danza è al centro delle sue collezione.
Ma guai a pensare che tutto sia rosa pastello e delicato, come nel mondo del balletto. La sfilata è energia pura, dissacrante e audace. La maglieria è avvolgente come gli scaldacuore delle ballerine, ma diventa sensuale con i tagli cut out, in un gioco di geometrie "sottratte" che richiamano i tagli di Fontana sulle tele. I modelli sono arrivati sulla Terra da un altro tempo, da un'altra dimensione: aspetto lunare, occhiali sottili e avvolgenti, look total black. L'ispirazione Space Age è declinata in modo contemporaneo e genderless: i modelli avanzano sicuri sui tacchi alti, ridefinendo l'idea di mascolinità. Al termine della sfilata Fanpage.it ha parlato con lo stilista Alessandro Vigilante, per capire l'origine della sua poetica.
La danza è al centro della tua visione artistica: cosa hai portato del tuo passato di ballerino nella moda?
La danza è al centro delle mie ispirazioni e lo sarà sempre. Tutte le mie collezioni prendono il nome di Atto, dal teatro: questa è un atto secondo, "Body rebirth", cioè la rinascita del corpo. I miei vestiti sono fatti per i corpi: senza la persona che lo indossa, che lo anima, non ha senso. Per me questo è il compito di un abito: accarezza il corpo e gli dona forza e sicurezza. La danza è alla base, perché il corpo abituato all’allenamento ha una diversa consapevolezza. Nel mio lavoro metto la stessa disciplina della danza: sono molto serio, ma dal punto di vista creativo mi affido all'istinto.
Hai lavorato per Dolce&Gabbana, per Gucci e per Philosophy di Lorenzo Serafini: dopo oltre un decennio passato a disegnare per altri hai deciso di fondare il tuo brand. Quando è successo?
La molla è scattata tre o quattro anni fa, quando ancora da Philosophy insieme a Lorenzo Serafini: ho fatto talmente tanto al suo fianco che poi ho sentito il bisogno di far sentire la mia voce, in maniera del tutto libera. È un sogno che ho da quando sono piccolo, ho usato tutti questi anni per imparare, per assorbire tutto come una spugna: ora sono pronto a comunicare la mia visione creativa.
Da creativo, come hai vissuto i mesi della pandemia?
Per me il primo lockdown è stato un periodo bellissimo. Ho fatto tanta meditazione, ho ballato tanto, ho preso lezioni online di questa tecnica meravigliosa che viene da Tel Aviv, Gaga technique. Forse questo mi ha permesso di esprimermi meglio, perché quando stai bene riesci a tirare fuori tutta la tua creatività. Il campionario della mia collezione era già pronto durante la pandemia: ho deciso di uscire lo stesso, in pieno lockdown, ed è andata bene.
I tuoi capi sono come una seconda pelle: questa voglia di contatto fisico è nata durante l'isolamento?
Venendo dalla danza ho sempre avuto una fascinazione per i capi effetto "second skin" e per il body conscious. Con la pandemia però questa mia idea ha anche incontrato il momento storico giusto.
Dalla gomma vegana ai tessuti, usi spesso tessuti attenti all'ambiente: è possibile fare una moda sostenibile per tutti?
Assolutamente sì, anzi: bisogna andare in quella direzione. Vi posso anticipare una collaborazione meravigliosa che farò con Manteco, un’azienda italiana d’avanguardia che crea tessuti sostenibili bellissimi. Visitando l’azienda ho visto tutto il ciclo di creazione di tessuto recuperato: la mia prossima collezione invernale sarà interamente eco-sostenibile.
La tua sfilata ha un cast inclusivo: persone di tutte le età e di ogni etnia. Questo è il futuro della moda?
Per me la diversità è una moda, volevo vestire persone di qualsiasi sessualità, etnia, età e corporatura. Questo grande cambiamento accade oggi, e penso che ci renda tutti più felici. I miei modelli sono sui tacchi e non hanno avuto alcuna difficoltà a indossarli, portano con disinvoltura i vestiti pensati per una donna: trovo tutto questo bellissimo. Non bisogna per forza definire il genere degli abiti e lo trovo di grande ispirazione, un modo di lavorare che apre la mente.