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Opinioni

Con la legge sull’aborto il Texas nega (ancora) alle donne la libertà di decidere del proprio corpo

In Texas entra oggi in vigore la contestata legge sull’aborto che vieta l’interruzione volontaria di gravidanza dopo la sesta settimana. La questione profonda è sempre quella: in questo modo non si difende il diritto alla vita, come sostiene il governatore Greg Abbott, ma si cancella il diritto delle donne a decidere sul proprio corpo.
A cura di Beatrice Manca
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una manifestazione in Texas
una manifestazione in Texas

A nulla sono valsi gli appelli di attivisti, studentesse, associazioni: oggi in Texas entra in vigore la contestata legge sull’aborto che vieta l’interruzione volontaria di gravidanza dopo la sesta settimana, con rare eccezioni in caso di gravi problemi di salute (ma non in caso di stupro o incesto). E così, nel cuore dei civilissimi Stati Uniti, le donne del Texas da oggi non sono più libere di decidere della loro esistenza e del loro corpo in caso di una gravidanza non desiderata. Nemmeno se quella gravidanza è la conseguenza di una violenza subita. Sul corpo delle donne sono in corso guerre da secoli, in ogni parte del mondo, ma il caso del Texas ci ricorda quanto sia facile perdere un diritto che davamo per acquisito.

Il Texas rende (quasi) impossibile l'interruzione di gravidanza

Le cliniche del Texas, riporta la NBC, hanno smesso dalla metà di agosto di prendere appuntamenti per le interruzioni volontarie di gravidanza dal 1 settembre in poi per quelle donne che hanno già superato il termine delle sei settimane. E qui viene il punto: sei settimane sono un lasso di tempo troppo breve. Molte donne non si rendono nemmeno conto di essere incinte entro quella data, figuriamoci avere il tempo di riflettere liberamente e consapevolmente su cosa fare. Un termine così stretto da essere del tutto pretestuoso: in pratica, denunciano le associazioni per i diritti delle donne, è come proibire l'aborto tout-court ma con un cavillo che non faccia intervenire d'ufficio la Corte Suprema (che infatti non è intervenuta). Peggio ancora: oltre a introdurre il termine più restrittivo di sempre, il Texas concede di denunciare chi effettua interruzioni di gravidanza oltre la sesta settimana (o chi aiuti ad ottenerla in qualunque modo) offrendo un risarcimento, quasi una ricompensa, di 10mila dollari. In questo modo si scatena una specie di "caccia alle streghe" istillando la paura nelle donne: quel che dovrebbe essere un diritto garantito si trasforma in una colpa, facendo tornare l'incubo degli aborti clandestini e praticati in gran segreto.

Il diritto delle donne a decidere sul proprio corpo

La questione profonda è sempre quella: in questo modo non si difende il diritto alla vita, come sostiene il governatore Greg Abbott, al contrario si cancella il diritto delle donne a decidere sul proprio corpo. La nascita di un figlio è uno sconvolgimento emotivo, fisico e finanziario non da poco: non tutte le donne sono pronte e nessuna dovrebbe essere costretta nel ruolo di madre. La maternità non è una vocazione, non è un obbligo, non è una benedizione sempre e per tutte: è una scelta. E come tale, spetta a chi quel figlio lo porta in grembo. La legge del Texas strappa via alle donne questa possibilità. Lo ha spiegato egregiamente Paxton Smith, studentessa texana diventata famosa per essersi schierata contro la legge durante la cerimonia di consegna dei diplomi: "Prima che una donna riesca a capire se è davvero pronta a questa responsabilità, un estraneo ha già preso la decisione per lei – ha detto con la voce rotta dall'emozione – Sono terrorizzata dal fatto che se i contraccettivi non funzionano o se venissi stuprata…tutte le mie aspirazioni per il futuro verrebbero spazzate via".

Attiviste per il diritto a un aborto libero e sicuro
Attiviste per il diritto a un aborto libero e sicuro

Gli Stati Uniti non solo l'unico Paese ad aver limitato la possibilità delle donne di abortire: all'inizio dell'anno in Polonia è entrata in vigore una legge altrettanto restrittiva e in Italia – dove pure l'interruzione volontaria di gravidanza è garantita dalla legge – molto spesso nella pratica è impossibile ottenerla tra medici obiettori, burocrazia e un diffuso stigma sociale che colpevolizza le donne, le dissuade e le giudica. Ma come insegna il caso del Texas, ogni territorio conquistato va difeso: in questo caso in gioco c'è la libertà di scegliere e di autodeterminarsi. Perché ancora oggi dobbiamo vedere uomini decidere sul corpo delle donne, perfino nei civilissimi Stati Uniti.

una manifestazione delle donne in Polonia
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Nata a Roma nel 1992 e cresciuta a pane e libri a Viterbo, sono giornalista professionista dal 2019. In tasca una laurea in Editoria e un master in giornalismo alla Scuola Rai di Perugia. Lavoro a Fanpage nella sezione Stile e Trend. Mi occupo di questioni di genere e di moda, con un occhio di riguardo alla sostenibilità ambientale. Prima al Fattoquotidiano.it e Fq Millennium.
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