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Opinioni

Il cabaret disobbediente di Minerva Velenzuela: l’attrice che porta sul palco la violenza di genere

Il cabaret diventa lo strumento per denunciare la condizione delle donne in carcere e la giustizia messicana che non trova i colpevoli di numerosi femminicidi. Con una parrucca bionda e un rossetto rosso, Minerva Velanzuela porta in scena la condizione delle donne nel suo Paese. Una delle nostre L8ttatrici che ha scelto la risata come strumento di denuncia.
A cura di Giulia Torlone
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L8ttatrici, come abbiamo scelto di chiamare le donne che giorno dopo giorno ci accompagneranno fino al prossimo otto marzo. Otto personalità che rappresentano impegno civile, politico, personale: fuori dalle regole che vorrebbero le donne imprigionate dentro gli stereotipi di genere. Una lotta che ognuna di loro ha portato avanti in prima persona, per riscattare dapprima se stessa e poi mettendo la sua esperienza e il suo impegno a servizio di chiunque altro stesse vivendo una situazione di violenza e sopruso. Nonostante le minacce, le denunce, se non addirittura il carcere, a ognuna di queste otto donne non è mai venuto in mente neanche per un attimo di fermarsi. Dopo Nadia Murad, Danica Roem e Gulalai Ismail, oggi è il turno di un'altra lotta tutta al femminile.

Minerva Velenzuela, quando una rivendicazione si fa risata

Non tutte le battaglie sociali vengono affrontate manifestando o scendendo in piazza. Ognuno sceglie il mezzo che reputa più efficace, o quello che più si adatta al proprio modo di essere. È il caso di una giovane donna messicana che di professione fa l’attrice di teatro: Minerva Velenzuela. Gli spettacoli che porta sul palco sembrano, a primo impatto, assolutamente comici: la sua specialità, infatti, è il cabaret. Dietro a quella risata che il pubblico si aspetta, però, ci sono storie di dolore e una forte denuncia sociale e politica.

Quando gli uomini non preferiscono le bionde

L’ultimo spettacolo di Minerva Velenzuela che ha fatto il giro dei teatri messicani è emblematico. Il titolo “Los caballeros las prefieren prensas (o muertas)” (Gli uomini le preferiscono detenute o morte) è un’unione perfetta dell’arte performativa legata alla denuncia. Minerva arriva sul palco con una parrucca bionda e il rossetto rosso in pieno stile Marylin Monroe (il titolo infatti prende spunto dal celebre film “Gli uomini preferiscono le bionde”). In un’intervista rilasciata al periodico messico El Universal Minerva ha raccontato:

Il titolo ci ricorda il film più famoso della Monroe, Gli uomini preferiscono le bionde. In questo caso però noi stiamo raccontando di quante volte gli uomini ci preferiscono mute, in carcere o morte. Per questo ho sentito l’esigenza di raccontare la storia di una donna detenuta.

Se quella che va in scena è una storia frutto di fantasia, la realtà che racconta invece è vita vera. Minerva, da vent’anni impegnata con seminari sull’autodeterminazione femminile, ha incontrato spesso storie di donne ex detenute. Nella grandissima maggioranza dei casi, erano mogli che hanno passato anni in prigione per aver coperto azioni criminali dei propri mariti. “La maggior parte di quelle che sono in carcere, mi hanno detto di essere lì per amore. Per loro l’amore vuol dire sacrificare ogni cosa. Sacrficarsi fino a morire o, appunto, privarsi della libertà.

La violenza sulle donne in Messico

I femminicidi in Messico sono una piaga enorme e dolorosa. Che qui diventa ancora più grave per il fatto che nella maggior parte dei casi i colpevoli non pagano mai. E Minerva porta in scena una realtà femminile invisibile e amara. Nel precedente spettacolo “Concierto para Locas, Putas y Feas” (Concerto per pazze, puttane e brutte) invece il suo burlesques era fatto di vestiti sgargianti e recitava attraverso il linguaggio dei segni. In questo caso Minerva ha voluto dare risalto alla condizione delle donne messicane sorde, un mondo che è al margine della società. Racconta:

In tempo di forte crisi, l’arte deve smettere di essere solamente bella e convertirsi in strumento che domanda, critica, si alimenta di indignazione e si burla del sistema.

E le risate amare che strappa al suo pubblico sono il frutto di un cabaret pensato per essere disobbediente. Come ogni donna dovrebbe essere se il sistema ti impone di sottostare a meccanismi disumani.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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