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Giornata Internazionale della Donna 2021

Femminismo non è il contrario di maschilismo: quali sono le differenze tra i due concetti

In occasione della Giornata Internazionale della Donna abbiamo chiesto alla filosofa e scrittrice Maura Gancitano di spiegarci perché il femminismo non è il contrario del maschilismo e come è cambiato negli ultimi anni il movimento per i diritti delle donne, dall’intersezionalità alla potenza del digitale.
A cura di Francesca Parlato
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Ogni volta che una donna si proclama femminista c'è qualcuno (solitamente un uomo) che si indigna e prende la parola per spiegare che il femminismo è come il maschilismo e che tutt'al più si deve parlare di parità di genere. C'è una notizia per tutti loro. Femminismo non è il contrario di maschilismo. Il femminismo non esclude, non zittisce e non prevarica. La voce "femminismo" nell'enciclopedia Treccani recita: "Movimento di rivendicazione dei diritti delle donne (…) che auspica un mutamento radicale della società e del rapporto uomo-donna attraverso la liberazione sessuale e l’abolizione dei ruoli tradizionalmente attribuiti alle donne". La parola "maschilismo" è invece così definita: "Termine (…) usato per indicare polemicamente l’adesione a quei comportamenti e atteggiamenti (personali, sociali, culturali) con cui i maschi in genere, o alcuni di essi, esprimerebbero la convinzione di una propria superiorità nei confronti delle donne sul piano intellettuale, psicologico, biologico, ecc".

Che cosa è il maschilismo

"Il maschilismo è la cultura con cui siamo stati educati – ha spiegato a Fanpage.it la filosofa e scrittrice Maura Gancitano, ideatrice con Andrea Colamedici del progetto Tlon (Scuola di Filosofia, Casa Editrice e Libreria Teatro) – Una cultura secondo cui i maschi sono naturalmente superiori alle femmine e che comporta una serie di esclusioni e sopraffazioni". Il maschilismo si manifesta in molteplici modi, ad esempio attraverso la violenza fisica, psicologica o verbale (come quando si cerca di zittire una donna durante una discussione) oppure con l'esclusione dallo spazio lavorativo. "Spesso non ce ne accorgiamo neanche. È talmente connaturato alla nostra cultura che certi atteggiamenti ci sembrano normali e facciamo fatica a riconoscerli come maschilisti. Per questo è bene imparare a distinguere e capire se qualcosa che ci succede avviene perché si è donne o indipendentemente da questo".

Che cosa è il femminismo

Il femminismo è una teoria filosofica, un movimento e una pratica politica. "Nasce come il tentativo di far parte dello spazio pubblico, di riprendersi uno spazio dal quale le donne erano sempre state escluse". Dai primi saggi e studi della fine dell'Ottocento, il movimento ha assunto forme e obiettivi sempre diversi. "Oggi è più corretto parlare di femminismi, al plurale, perché ci sono tante correnti diverse sia a livello accademico che di attivismo. Alla base non c'è la volontà di escludere gli uomini o di far subire loro quello che le donne hanno subito, ma il desiderio di avere gli stessi diritti e le stesse possibilità. Diritti che sono cambiati e che cambiano a seconda del tempo, della storia e del luogo".

Il femminismo intersezionale

Attualmente stiamo vivendo la quarta ondata del movimento femminista che ha due importanti caratteristiche che la contraddistinguono. La prima è l'intersezionalità. "È stata Kimberlé Crenshaw, giurista e attivista statunitense, a introdurre il concetto di femminismo intersezionale. Questa corrente, che è la predominante oggi, non si occupa soltanto di donne, ma anche di tutte le persone oppresse e marginalizzate". Il femminismo intersezionale propone un modello inclusivo, che non cancella gli uomini, ma all'interno del quale tutti coloro che non sono considerati normali dalla società, dalle donne alle persone con disabilità, passando per la comuntà lgbtq+, alle persone nere e in generale tutte le minoranze, hanno lo stesso diritto a essere rappresentati. La seconda caratteristica riguarda invece internet e i social network e come questi hanno ampliato l'eco delle riflessioni femministe. "Il digitale ha contribuito alla diffusione del movimento femminista – spiega la filosofa – I gruppi e i collettivi che prima contavano poche persone oggi riescono ad arrivare a milioni di persone. E questo ha cambiato la percezione del femminismo e anche delle sue possibilità".

Femminismo e maschilismo: da dove nasce la confusione

Il femminismo è scomodo, mette in discussione e a volte fa paura. E forse nasce da qui il tentativo di ignorarne il suo vero significato e contrapporlo al maschilismo. "Non c'è mai stato un momento in cui il femminismo sia stato percepito come qualcosa di accogliente: pone delle domande, ti fa fare attenzione al modo in cui ti stai comportando e al modo in cui stai parlando. Ti fa stare scomodo. Per questo a volte è percepito come aggressivo". Proporre un ripensamento della società, proporre nuovi modelli è qualcosa che sconvolge: "Il mondo sta cambiando e una riflessione femminista ti porta a fare delle domande disturbanti che ti costringono a metterti in discussione".

Il maschilismo da spogliatoio e le chat del calcetto

Chat del calcetto, spogliatoio, ci sono dei luoghi, fisici o virtuali, dove il maschilismo la fa da padrone, dove si fanno battute sessiste, si scambiano foto, e dove gli uomini credono che le loro parole e le loro azioni non possano fare del male a nessuno. E la lotta femminista deve attraversare anche questi luoghi. Per prevenire fatti e reati come quello accaduto alla maestra di Torino. "È arrivato il momento che gli uomini inizino a porsi delle domande. Nel caso della maestra di Torino ad esempio, ci si doveva chiedere: ‘Che diritto ho di diffondere queste immagini?', ‘Sto facendo del male a qualcuno?'. Diffondere fotografie private vuol dire esercitare un potere su un altra persona". E bisogna che anche gli uomini comincino a prendere posizioni. Ignorare non basta. "Stare in una chat dove si inviano contenuti di questo genere e non dire niente è comunque una forma di complicità".

Dovremmo essere tutti femministi

Nel 2014 la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie ha pubblicato un saggio dal titolo "Dovremmo essere tutti femministi" (in Italia edito da Einaudi) dove spiega perché la lotta femminista non riguarda soltanto le donne. "Gli uomini, soprattutto in Italia, non sono abituati ad ascoltare ma a spiegare. Per questo è importante un cambio di passo e una loro partecipazione attiva. Il privilegio di cui gode un maschio bianco non è una colpa, ma può essere condiviso e messo in comune. Il femminismo parla proprio di questo, di bene comune, ed è per questo che è rivoluzionario". Dare spazio alle persone che normalmente non sono rappresentate, mettere in discussione le posizioni e i ruoli nella società non deve essere qualcosa da temere. Per questo dovremmo essere tutti femministi.

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