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Via l’obbligo della mascherina per le strade. Ma siamo davvero pronti? Il parere dello psicologo

Da oggi in tutta Italia non è più obbligatorio indossare la mascherina. Ma sarà davvero così facile smettere di indossarla? Lo psicologo Giuseppe Iannone ci spiega perché molte persone sono in difficoltà all’idea di separarsi da questo dispositivo di protezione e quali sono i modi per superarle.
Intervista a Dott. Giuseppe Iannone
Psicologo e psicoterapeuta
A cura di Francesca Parlato
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Non aspettavamo altro, eppure non siamo così pronti come credevamo. Da oggi tutta Italia è in zona bianca e non è più obbligatorio indossare le mascherine all'aperto, ma siamo davvero disposti a lasciare a casa, anzi in tasca, quella che è ormai diventata la nostra copertina di Linus? La mascherina è restrizione e libertà allo stesso tempo: ci impedisce di vedere i sorrisi, di manifestare i nostri umori, ci fa soffrire il caldo, ma al tempo stesso ci protegge, è diventata il nostro passepartout per poter fare una vita quanto più simile a quella prima del Covid. "Anche la mascherina è diventata un'abitudine – spiega a Fanpage.it lo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Iannone di Guidapsicologi.it – Pensiamo a qualche mese fa: non si poteva neanche uscire di casa e molte persone hanno iniziato a soffrire della sindrome della capanna e hanno avuto difficoltà a lasciare le proprie abitazioni anche quando è stato poi consentito. Stiamo vivendo una situazione molto simile".

La mascherina è la nostra comfort zone

Un rifugio, uno scudo, la comfort zone dentro la quale sentirci al sicuro. La mascherina oggi è tutto questo. Anche se non si tratta di un cambiamento davvero radicale, visto che la mascherina va ancora portata nei luoghi chiusi o dove ci sono assembramenti, sono moltissimi a essere titubanti all'idea di camminare in strada senza alcuna protezione. "Gli abitudinari, quelli che hanno bisogno che le giornate siano tutte più o meno identiche tra di loro, sono quelli che vivranno con maggior difficoltà questo passaggio". Poi pensiamo a chi invece ha usato la mascherina come una protezione non solo dal virus ma anche dalle relazioni con le persone. "Nascondere il viso sotto la maschera vuol dire anche non mostrarsi troppo agli altri. Non esporsi". Anche chi ha utilizzato la mascherina per proteggersi da qualche difetto fisico, vero o presunto, ora si trova in difficoltà. "Le persone che soffrono di dismorfofobia, che tendono a vedere difetti inesistenti o a esagerarli, hanno tratto un beneficio dalla mascherina, in qualche modo si sono sentiti protetti. E ora potrebbero provare un po' d'ansia all'idea di doverne fare a meno". Un passaggio che potrebbe rivelarsi difficoltoso anche per chi è ipocondriaco e ha bisogno di tenere la situazione sotto controllo. "Sia per gli ipocondriaci sia per le persone che hanno sviluppato una mania legata alle pulizie, fare a meno di questo dispositivo di protezione sarà piuttosto dura".

Via la mascherina ma senza stress

Intanto a tutte le persone che sono in difficoltà è bene ricordare che ora non è più obbligatorio indossare la mascherina, ma non è neanche obbligatorio camminare senza. Per cui se se fanno fatica a passeggiare per strada a volto libero, possono ancora indossarla. Il percorso è graduale. "Intanto se ci sentiamo in difficoltà possiamo fare così – suggerisce lo psicologo – Portiamola con noi, magari se siamo da soli in una zona dove non ci sono troppe persone proviamo a toglierla. Poi possiamo magari uscire con dei familiari o con pochi amici e anche in quel caso magari la togliamo e via via, ogni giorno un passetto in più. L'importante è non forzarsi a fare qualcosa che non ci rende sicuri". Infine il suggerimento è provare a ragionare in prospettiva: togliere la mascherina ora vuol dire iniziare a vedere la luce alla fine di questo tunnel. "Vuol dire che siamo sulla buona strada per sconfiggere la pandemia. Anche se non ci sentiamo pronti a toglierla, il fatto che sia possibile camminare per strada senza, vuol dire che ne stiamo piano piano uscendo".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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