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Patatine, biscotti e snack: come resistere al cibo spazzatura grazie alle strategie della psicologa

Una ricerca olandese ha stabilito che l’attrazione per il cibo altamente calorico potrebbe essere genetica. La psicologa specializzata in disturbi alimentari Simona Calugi spiega quali sono i comportamenti e le strategie da mettere in campo per non farsi sopraffare dall’istinto e dagli stimoli alimentari che ci circondano.
Intervista a Dott.ssa Simona Calugi
Psicologa psicoterapeuta e presidente dell'AIDAP (Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso)
A cura di Francesca Parlato
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Non c'è niente da fare, il junk food esercita sulle persone un'attrazione fatale. È in grado, letteralmente, di far vibrare corde primordiali. A dimostrarlo è uno studio della Wageningen University, nei Paesi bassi, condotto dalla ricercatrice Rachelle de Vries pubblicato su Scientific Reports. A 512 partecipanti è stato chiesto di entrare all'interno di un labirinto composto da otto stanze, e in ognuna di queste si trovava un piatto, il cui contenuto andava da cibi salutari e leggeri come mele o cetrioli, ad altri decisamente più calorici come le patate fritte o i brownie al cioccolato. In alcuni casi avrebbero dovuto semplicemente annusarne il contenuto, in altri assaggiarlo. Al termine del percorso tutti i partecipanti sono stati sottoposti a un test a sorpresa (prima di iniziare non gli era stato detto che avrebbero dovuto rispondere a domande sulla posizione dei diversi piatti) ed è stato chiesto loro di provare a ricostruire l'esatta collocazione di ogni alimento all'interno del labirinto. Il risultato? I partecipanti sono stati più precisi, in una percentuale pari al 27% per i piatti assaggiati e al 28% per quelli che erano stati soltanto odorati, nel ricordare dove fossero collocati i cibi ad alto contenuto calorico rispetto a quelli meno energetici.

L'istinto di sopravvivenza

Secondo la tesi sostenuta dalla ricerca, alla base di questo scatto della memoria sugli alimenti ad alto contenuto calorico, c'è una questione legata all'evoluzione dell'uomo. Da sempre abituato a vivere in ambienti rischiosi e variabili dal punto di vista alimentare, l'uomo ha sviluppato una sorta di adattamento cognitivo che gli ha consentito di provvedere agli approvvigionamenti all'interno di luoghi anche ostili e di sviluppare un bias verso i cibi ipercalorici nella memoria spaziale, e che permane ancora oggi. "Quello che si evince dallo studio olandese è che l'uomo sembra sia riuscito a sopravvivere anche grazie a questa capacità di ricercare alimenti ad alta densità energetica, una sorta di istinto di sopravvivenza – ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Simona Calugi, psicologa psicoterapeuta e presidente dell'AIDAP (Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso) – In particolar modo anche usando soltanto l'olfatto"

Come tenerci lontani dal junk food

Anche se lo dimostra una ricerca scientifica, sarebbe decisamente troppo facile ora dare la colpa alla genetica se non riusciamo a resistere al pacco di biscotti nella dispensa o a mangiare tutte le patatine che ci portano a tavola durante l'aperitivo. "Il fatto che siamo orientati verso questo genere di alimenti deve metterci in guardia rispetto alla presenza di stimoli alimentari nel nostro ambiente". Facciamoci caso: tutti noi abbiamo dispense e frigoriferi pieni di cibi già pronti per cui non è neanche necessario fare lo sforzo di cucinarli o lavare i piatti. "Siamo contornati di stimoli alimentari e quando ci troviamo davanti a un cibo molto palatabile, che ci piace, ad alta densità energetica e che ha un certo effetto anche sulla nostra memoria olfattiva, siamo portati a credere che il fatto di non mangiarlo dipenda esclusivamente dalla nostra forza di volontà. Quando in realtà visto che si tratta di un aspetto primordiale sarebbe meglio mettere in atto delle vere e proprie strategie di gestione di questi stimoli. Quando si tratta di cibo quasi sempre infatti la forza di volontà ne esce sconfitta". Chi vuole perdere qualche chilo, chi vuole mangiare sano evitando cibi ad alto contenuto calorico può provare allora a mettere in atto delle semplici strategie comportamentali per evitare di farsi sopraffare dall'istinto: "Prima di tutto cerchiamo di creare degli ambienti che non siano così ricchi di stimoli, evitiamo di riempire le nostre dispense di biscotti, patatine e cibi già pronti per essere mangiati. E poi se siamo fuori a cena proviamo a gestire la nostra uscita con delle piccole tattiche. Ad esempio non ci facciamo portare il cestino del pane oppure chiediamo ai nostri commensali di allontanarlo da noi. Proviamo ad ordinare per primi in modo da non essere condizionati dalle scelte degli altri. Se siamo a un buffet cerchiamo di preparare un piatto unico che contenga tutte le portate che vogliamo assaggiare, senza esagerare ovviamente, e evitiamo di ritornare più volte al tavolo". E anche quando andiamo al supermercato è bene stare piuttosto attenti: "È un classico, ma è assolutamente vero: andare a fare la spesa a stomaco vuoto è pericoloso. Lo stimolo della fame ci spinge a comprare prodotti in eccesso. Meglio andare a pancia piena e con una lista della spesa". Al di là dell'istinto primordiale il cibo, e in particolare il junk food, ha un ulteriore potere sul nostro umore, la gratificazione. "Il cibo altamente calorico – spiega la dottoressa – è semplice e non richiede nulla in cambio. Quando siamo di cattivo umore e non abbiamo altre forme di gratificazione a cui appellarci il cibo ci aiuta, ci dà una mano a gestire i momenti più difficili. Il lockdown l'ha dimostrato bene. Per questo è bene imparare a gestire questo piacere e a non lasciarlo completamente andare". E non affidiamoci soltanto alla forza di volontà, ne usciremmo perdenti e pieni di sensi di colpa: "Meglio sempre mettere in campo delle strategie psicologiche che ci aiutino a gestire queste situazioni".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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