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La moda può diventare ecosostenibile? Ecco i marchi che puntano sul toxic free

Sono circa 70 i brand del mondo della moda che hanno accettato la proposta di Greenpeace di eliminare i prodotti tossici dalla produzione degli abiti. Ecco per quale motivo questo numero è ancora troppo basso.
A cura di Valeria Paglionico
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Tenere sotto controllo la propria salute a partire dagli abiti che si indossano è fondamentale per non andare incontro ad allergie e a problemi più gravi ma, non di rado, si portano inconsapevolmente sul corpo vestiti prodotti con sostanze tossiche a rischio, spesso utilizzate anche nei capi destinati ai bambini. Di recente, i brand Adidas, Puma e Nike hanno promesso di diventare “Toxic free” entro il 2020, così come anche altri 70 marchi conosciuti in tutto il mondo, come Valentino, Benetton, Burberry, Zara, H&M, Mango, Levi’s.

I dati sono stati analizzati ancora una volta in occasione della terza edizione della Sfilata Detox, la campagna lanciata da Greenpeace nel 2011 per eliminare le sostanze chimiche dalla produzione degli abiti, durante la quale sono stati valutati i progressi dei marchi della moda nel rispettare i loro impegni nel campo dell'ecosostenibilità. Negli ultimi anni, l'iniziativa ha permesso di generare importanti cambiamenti anche a livello legislativo sia in Europa che in Asia.

La speranza è che i brand riescano a trasformazione l'intero settore, influenzando positivamente i propri fornitori. Nonostante gli sforzi, i numeri continuano ad essere troppo bassi. Solo il 15% della produzione tessile mondiale sembra voler seguire il buon esempio. Ciò che viene contestato a Greenpeace è il fatto che nessuna azienda può rendere completamente trasparente il processo di produzione, vietando l’utilizzo di prodotti chimici.

Il 2020, inoltre, sembra ancora troppo lontano, considerando che la cosa potrebbe mettere a rischio la salute di milioni di persone. Secondo i pessimisti, la produzione di massa di vestiti a buon mercato difficilmente riuscirà a diventare sostenibile, visto che i capi vengono prodotti in fabbriche asiatiche, fuori dai controlli dell'UE. Dall'altro lato ci sono gli ottimisti, convinti del fatto che con impegno si potrà trasformare l'industria della moda. La speranza degli ecologisti continua ad essere quella di liberare la produzione tessile da ogni tipo di sostanza tossica e chimica. Certo, c'è ancora molto lavoro da fare ma, con il sostegno di Greenpeace, si farà il possibile per favorire la diffusione del "toxic free" e delle pratiche di riciclo, che allungano il ciclo di vita dei capi d'abbigliamento.

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