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Gli assorbenti sono tassati più del tartufo: il paradosso della tampon tax

Benché oggettivamente non se ne possa fare a meno, gli assorbenti sono tassati con un’Iva del 22%: non sono di fatto considerati beni di prima necessità. In alcuni Paesi la tampon tax è stata abolita o abbassata, non solo per eliminare una disparità di genere, ma anche per combattere la period poverty. Per le donne in difficoltà, acquistare prodotti per l’igiene diventa impossibile e questo ha ripercussioni sociali e sanitarie. Non è più tollerabile che accada.
A cura di Giusy Dente
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Qualcuno parla di menstrual revolution: le donne si sono stancate di dover andare in bagno nascondendo l'assorbente nella manica della giacca, non vogliono vergognarsi di doversi assentare dal lavoro perché i crampi le tengono inchiodate al letto, non vogliono dover bisbigliare sottovoce una parola che per troppo tempo è stata considerata quasi una bestemmia (e che ancora genera imbarazzo). Ma tutta questa rivoluzione, che corre veloce sui social e nelle pubblicità, pare passeggi invece piuttosto lentamente nei luoghi dove le cose possono effettivamente essere cambiate. La politica si interessa poco alle necessità delle donne, che da tempo richiamano l'attenzione su questioni come tampon tax e period poverty. Ma regna il silenzio.

Tampon tax: perché gli assorbenti non sono beni di prima necessità?

Tutto ciò che comunemente acquistiamo al supermercato può essere distinto in due macro categorie: beni essenziali e beni non essenziali. Ebbene, attualmente gli assorbenti sono considerati non essenziali e dunque sul loro prezzo è applicata un'Iva (imposta sul valore aggiunto) del 22%. Un'Iva di questo tipo è tipica di beni non di uso comune, cosiddetti "extra". I prodotti per l'igiene femminile però sono essenziali, anche se la legge italiana non la pensa così. La tampon tax (l'imposta sul valore aggiunto applicata ai prodotti igienici femminili) fa sì che paghiamo gli assorbenti con un'Iva più alta di tartufi (5% per il prodotto fresco e 10% per i lavorati), cioccolato e birra (al 10%). Questi, a quanto pare, sono prodotti più utili degli articoli sanitari indispensabili e di prima necessità che le donne usano per tutta la vita. La mobilitazione femminile fino ad ora è servita a poco. Ha portato solo alla riduzione dell'Iva sugli assorbenti biodegradabili e sulla coppetta mestruale. Una conquista? No, suona più come un contentino, visto che sono dispositivi usati da una minima parte della popolazione. E la stragrande maggioranza? Quella deve sentirsi dire da un uomo, come gestire il proprio ciclo mestruale. Per esempio da Francesco D’Uva: fece scalpore il suo gentile invito alle donne a usare soluzioni green, come gli assorbenti lavabili.

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Period poverty: l'igiene intima non è un lusso

Combattere la period poverty (povertà mestruale) significa combattere una disparità sociale molto penalizzante, che però a quanto pare non in tutti i Paesi è una priorità. La Scozia ha l'onore di essere stato il primo ad approvare (tra l'altro all’unanimità) una legge che obbliga autorità locali, società sportive e associazioni benefiche a fornire gratuitamente assorbenti a chiunque ne abbia bisogno. A ruota, misure simili sono state prese anche altrove, per esempio in Nuova Zelanda: ma non in Italia. Qui vivono milioni di donne in condizioni difficili, che con ogni probabilità avendo difficoltà anche solo a procurarsi del cibo sono costrette a far fronte anche alla povertà mestruale: l'impossibilità di acquistare assorbenti e salviette intime. Per questo eliminare o almeno abbassare la tampon tax è uno step fondamentale contro una misura che genera discriminazione e che mette in difficoltà milioni di donne. Quelle che non riescono ad acquistare tamponi sono penalizzate innanzitutto sotto l'aspetto sanitario, dovendo utilizzare stracci, sabbia, foglie per assorbire il flusso di sangue. Ma ci sono anche conseguenze sociali: tendono a isolarsi, a lasciare la scuola, a non presentarsi sul posto di lavoro perché impossibilitate a gestire il ciclo mestruale. E invece gli assorbenti devono essere finalmente considerati per ciò che sono: beni essenziali e di prima necessità, da non tassare come fossero un "di più".

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