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Cos’è il phubbing e perché guardiamo in continuazione lo smartphone (anche mentre siamo in compagnia)

Ogni volta che guardiamo il telefono mentre siamo al ristorante con il nostro partner facciamo phubbing. Cosa è questa cattiva abitudine e come contrastarla lo spiega lo psicologo Davide Algeri.
Intervista a Dott. Davide Algeri
Psicologo e psicoterapeuta
A cura di Francesca Parlato
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Passiamo in media circa tre ore e quindici minuti al giorno con il nostro smartphone e molto di questo tempo anche mentre siamo in compagnia di altre persone. Quante volte ci capita infatti di controllare il telefono mentre siamo a tavola con i nostri amici? Oppure al bar mentre stiamo facendo un aperitivo con il nostro partner? Questo comportamento si chiama phubbing, un termine che unisce le parole phone (telefono) e snubbing (snobbare). Chi fa phubbing si concentra sul proprio smartphone e ignora chi gli sta intorno. "Di fatto è un segnale di chiusura – spiega a Fanpage.it lo psicologo e psicoterapeuta Davide Algeri – Stiamo in qualche modo dicendo alla persona con cui ci troviamo che non ci interessa parlare con lei, che ci interessa di più quello che succede online rispetto a quello che sta accadendo dal vivo". Anche la non comunicazione è un modo di comunicare: come diceva lo psicologo e filosofo Paul Watzlawick è impossibile non comunicare. "Il filosofo austriaco prendeva ad esempio un uomo che viaggia su un treno. Se quest'uomo anziché parlare con le persone sedute vicino a lui, decide di mettersi a leggere il giornale sta comunque comunicando: sta dicendo che non vuole parlare con chi gli sta intorno. Ed è lo stesso fenomeno che avviene quando qualcuno usa lo smartphone anche se è in compagnia". 

Guardare il telefono è un gesto automatico

È vero però che oggi dare uno sguardo al telefono è un gesto automatico che facciamo senza pensarci, senza renderci conto che intorno a noi ci sono delle persone che potrebbero sentirsi escluse o anche infastidite dal nostro gesto. "Siamo così abituati a tenere in mano lo smartphone, a scrollare internet e i social, che stiamo dimenticando che invece le relazioni sono al di fuori della tecnologia". È vero che però molte delle relazioni, di amicizia, d'amore o di lavoro, passano per app e messaggi: "Si stanno modificando le modalità comunicative e finiamo per dare priorità maggiore a chi è online rispetto a chi è dal vivo".

FOMO: la paura di essere tagliati fuori

Un altro dei motivi per cui siamo presissimi dal nostro smartphone anche quando siamo in compagnia di un amico, del partner o anche dei figli (si può fare phubbing anche con i propri bambini senza rendercene conto) è la FOMO, Fear of Missing Out, la paura di essere tagliati fuori. "Questo è un altro elemento che contribuisce alla necessità di avere lo smartphone sempre a portata di mano. Molte persone provano ansia se non possono consultare il loro telefono, hanno paura di non avere tutto sotto controllo, di perdersi un aggiornamento o un messaggio".

Chi subisce il phubbing

Senso di esclusione, invisibilità: chi si trova a tavola con una persona che controlla di continuo il proprio smartphone avverte sensazioni di questo genere. "Oppure si sente sminuita, sente di non avere importanza". Un comportamento di questo genere se reiterato nel lungo periodo può avere delle conseguenze significative ad esempio su una coppia. "Può generare delle interruzioni della comunicazione e può aggravare una situazione preesistente: se non si va d'accordo col partner, se si sta attraversando una crisi, stare davanti al telefono diventa un giustificativo per l'assenza di comunicazione e rischia di rafforzare le problematiche". 

Come smettere di fare phubbing

Se ci rendiamo conto di aver perso il controllo, se abbiamo la sensazione di essere quasi dipendenti dal telefono, di controllarlo nei luoghi e agli orari più impensabili, è utile provare a fare un digital detox. "Esistono app utili per limitare l'uso del telefono, per provare a disintossicarci". La necessità di controllare di frequente il telefono ci dice anche qualcosa sul nostro bisogno di ricevere stimoli esterni. "Lo smartphone con tutte le app che abbiamo a disposizione ci fornisce in continuazione stimoli. E questo vuol dire avere poca capacità di vivere il presente, essere poco calati nella realtà. Se quando siamo con il nostro partner guardiamo il telefono e non ci rendiamo conto del contesto, vuol dire che non stiamo vivendo il momento presente e che è il telefono a controllare noi e non il contrario". 

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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