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Opinioni

“Vogliamo essere credute”: le proteste delle donne in Australia contro la violenza sessuale

Un mese fa la politica australiana è stata investita dallo scandalo delle molestie sessuali: Brittany Higgins, ex dipendente del governo, dichiarò pubblicamente di essere stata violentata da un collega nell’ufficio di un ministro nel 2019. Oggi migliaia di donne sono scese in venti piazze del Paese per rivendicare il diritto di essere ascoltate e denunciare il problema della violenza sessuale che troppo spesso viene insabbiato.
A cura di Giulia Torlone
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Quando parliamo di violenza sulle donne, raccontiamo di un fenomeno che non conosce un’area geografica definita, né un’etnia. Tantomeno un ceto sociale. È un problema che grava sull’intera società, un comune denominatore che sembra fare da livella ovunque, perché ovunque esiste quell’atteggiamento di sopraffazione del sistema maschile sulla donna. Un atteggiamento culturale, ma che sfocia anche sulla violenza vera e propria.

Le proteste delle donne in Australia

Nella lontana Australia, decine di migliaia di donne sono scese in piazza a protestare contro le due forme di violenza più grandi: quella sessuale e quella che riguarda la disuguaglianza di genere. Sappiamo che entrambe, seppur diverse, sono figlie di un sistema che rende le donne subordinate all’ambiente familiare, mai libere di accedere al proprio posto al sole o addirittura bersaglio di violenze sessuali da parte di sconosciuti o colleghi. È quest’ultimo il caso che un mese fa aveva scosso l’Australia, quando l'ex dipendente del governo, Brittany Higgins, ha dichiarato pubblicamente di essere stata violentata da un collega nell'ufficio di un ministro nel 2019. Più di quaranta città australiane sono state il teatro di marce al femminile, la più imponente a Canberra, davanti al Parlamento australiano. Qui le donne, vestite di nero, hanno portato con sé degli slogan: “Non ci ascoltate” o “Io le credo”. E proprio in questa occasione ha preso la parola Brittany Higgins, che ha portato la sua testimonianza alla marcia.

Il sistema è incrinato, il soffitto di vetro rimane al suo posto e ci sono magagne pesanti nelle strutture di potere all'interno della nostra istituzione. In Australia c'è un'orribile accettazione da parte della società della violenza sessuale subita dalle donne. La mia storia era in prima pagina per l'unico motivo che era un doloroso allerta alle donne che, se può accadere in Parlamento, può davvero succedere ovunque.

L’Australia è un Paese scosso dall’avvenimento Higgins. In un mese dalla sua denuncia si sono fatte avanti altre tre donne che hanno dichiarato di essere state vittime di violenza sessuale da parte dello stesso uomo che violentò Brittany nel 2019. Il cuore di questa vicenda è che le vittime, in Australia come altrove, non vengono credute. Nella maggior parte dei casi vengono intimidite e minacciate, soprattutto quando la violenza si consuma sul posto di lavoro e si ha paura di perderlo. Proprio come nel caso Higgins, che ha avuto il coraggio di parlare solo un anno e mezzo dopo.

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La politica australiana travolta dagli scandali

Ma la denuncia che queste migliaia di donne hanno portato in piazza è anche frutto di un altro scandalo: un’accusa che risale a ben 32 anni fa, rivolta al ministro della Giustizia Christian Porter prima che intraprendesse la sua carriera politica. Accusa che fu archiviata per mancanza di prove dopo il decesso, nel 2020, della presunta vittima. L’hashtag utilizzato in questo caso è #March4Justice, perché si faccia luce sulla vicenda nonostante gli anni passati senza approfondire il caso. Porter ha avviato un procedimento di diffamazione contro l'emittente pubblica ABC, che per prima ha pubblicato le accuse senza citare il suo nome. I suoi legali sostengono che il procuratore generale era "facilmente identificabile" nell'articolo e che da allora è stato sottoposto a "processo da parte dei media".

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Mai più silenzio

Diverse migliaia di persone hanno protestato oggi anche nella città natale di Porter, Perth. Dal fronte politico le donne dell’opposizione, del partito laburista, hanno creato una pagina Facebook che racconta le presunte molestie sessuali da parte dei colleghi politici maschi. Quello che ne viene fuori è l’evidenza di un problema strutturale, che coinvolge l’establishment australiano e che per anni è stato coperto dal silenzio. Dopo le denunce il governo ha ordinato un'indagine indipendente sulla cultura del lavoro del parlamento e ha istituito nuovi servizi di supporto per il personale. Una realtà che esiste, che si è stabilizzata negli anni e che oggi è arrivato il momento di sradicare grazie alle proteste e alle denunce di migliaia di donne che chiedono di essere ascoltate e, soprattutto, di essere credute.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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