Carrie Bradshaw è tornata: i fan della serie tv Hbo Sex and the City sono andati in visibilio per la prima clip del reboot della serie, intitolato "And just like that…". Le quattro amiche newyorkesi sono ormai cinquantenni, ma questa volta saranno solo in tre: Kim Catrall, la Samantha Jones della serie, non ci sarà. Dal primo episodio intanto sono passati più di vent'anni: nel frattempo le donne hanno abbracciato il movimento MeToo contro le molestie sessuali, sono scese nelle piazze di mezzo mondo per il diritto all'aborto e per la fine delle violenze, hanno chiesto (e ottenuto) diritti civili per le coppie dello stesso sesso e appena due mesi fa una donna è stata eletta vicepresidente degli Stati Uniti. Per usare un'espressione tipica di Carrie, i fan non possono fare a meno di chiedersi: la serie sarà in grado di rispecchiare una società più aperta e inclusiva? O dobbiamo aspettarci solo altri Cosmopolitan e abiti firmati?
La rivoluzione a metà di Sex and the City
Quando il primo episodio andò in onda, nel 1998, fu una rivoluzione: quattro amiche single che parlavano al bar delle loro avventure sessuali con una disinvoltura e una naturalezza mai viste prima. Sex and the City celebrava una nuova donna: consapevole e emancipata, con disponibilità di soldi e tempo per sé, ma soprattutto libera di vivere il sesso e le relazioni secondo le proprie regole. La serie ha avuto il grande merito di sdoganare in un prodotto leggero e di largo consumo temi fino a quel momento tabù: il piacere femminile, i sex toys, l'orgasmo e l'impotenza. Ma è stata capace anche di toccare questioni importanti e delicate come la malattia, il cancro, l'età che avanza, il difficile equilibrio tra maternità e carriera.
Le accuse di pinkwashing e omofobia contro Sex and the City
Tutto rose e fiori, dunque? Non proprio: negli anni non sono mancate le accuse di "pinkwashing", cioé di spacciare per femminismo qualcosa che femminismo non è. A guardare bene, le protagoniste sono quattro donne bianche, magre, eterosessuali e decisamente abbienti, che spendono il loro tempo tra shopping di lusso e locali esclusivi. Anche loro devono combattere contro pregiudizi e discriminazioni, ma sempre da una posizione privilegiata. Lavorano e hanno delle carriere avviate, ma il loro principale strumento di empowerment sono le borse e le scarpe firmate: Carrie ammette esplicitamente di spendere tutto ciò che guadagna in vestiti e Charlotte immagina la sua realizzazione personale solo attraverso il matrimonio e una gravidanza. Altro tasto dolente: i personaggi gay sono ritratti in maniera stereotipata, ridotti alla macchietta del confidente sentimentale con il pallino della moda.
La nuova sensibilità del 2021
Negli ultimi mesi tante serie tv e pellicole di culto sono finite nella bufera: gli adolescenti di oggi rileggono i classici con nuovi occhi, molto più sensibili a temi come l'orientamento sessuale e il body-shaming. E così Grease è stato accusato di "incitare alla cultura dello stupro" per la scena in cui Danny prova a baciare Sally al cinema drive-in, mentre Friends è stato tacciato di omofobia e sessismo per le battute "machiste" di alcuni personaggi, nonostante sia una delle prime serie a parlare di omosessualità, gestazione per altri e crossdressing. Per non parlare poi di tutti gli episodi di serie tv censurati per le scene di blackface, da Scrubs a The Office. Le serie tv sono figlie del proprio tempo e rispecchiamo un sistema di valori che era valido in quel momento: il confronto tra la mentalità di oggi e quella di qualche decennio fa sfocia spesso nella polemica inutile. Sex and the City negli anni 90 celebrò l'emancipazione di donne finalmente padrone di se stesse, del proprio corpo e della propria carriera: se vuole continuare a essere rivoluzionario anche nel 2021 dovrà includere tutte le donne, di ogni forma, etnia o estrazione sociale. Commesse nere, donne trans, coppie lesbiche, operaie e freelance: chi oggi può permettersi di fare un brunch tre volte a settimane sfoggiando ogni volta un nuovo paio di Manolo Blahnik?