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Se il Coronavirus colpisce anche la moda: “Persi due miliardi, ma non sottovalutiamo le opportunità”

L’epidemia che ha colpito la Lombardia in piena Milano Fashion Week ha costretto gli stilisti e i buyer a ripensare il settore della moda e arginare l’emergenza. Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda, spiega a Fanpage.it: “Le vendite subiranno un colpo, ma le nuove tecnologie ci aiutano a contrastare la possibile emorragia economica”
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A cura di Giulia Torlone
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Una settimana della moda complicata, quella che si è appena conclusa a Milano. Già dalle prime notizie che trapelavano dalla Cina nel mese di gennaio, e la successiva quarantena nella zona di Wuhan, si è sospettato che una grossa fetta di pubblico orientale sarebbe stata assente alla Milano Fashion Week. Quello che nessuno si aspettava, però, è stata la notizia dei primi contagiati in Lombardia, in pieno svolgimento dell’appuntamento del fashion più importante d’Italia. Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda, ha spiegato a Fanpage.it l’impatto che l’epidemia sta producendo sul settore della moda.

“Il bilancio della Milano fashion week, al netto di quanto accaduto, è in realtà positivo. La notizia del dilagare del coronavirus in Lombardia è arrivata nella giornata di domenica, quindi i giorni precedenti abbiamo potuto lavorare bene e con un buon successo di pubblico. Le sfilate di Giorgio Armani e Laura Biagiotti invece, facendole a porte chiuse, ha cambiato un po’ la strategia e il modo di approcciarsi all’evento in passerella. Abbiamo invece annullato totalmente gli eventi della Camera della Moda e di Michael Kors previste per la domenica sera”.

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Coronavirus: un'epidemia che colpisce il tessuto economico

Impossibile però negare che l’evento di quest’anno sia stato un po’ anomalo, considerando che il pubblico cinese rappresenta per la moda uno dei primi in fatto di acquisti. La quarantena scatenata dal virus e l’impossibilità di arrivo dei voli dalle città del Sol Levante ha creato e creerà numerose ripercussioni.

“Alcuni buyer cinesi erano già in Italia da un mese per lavoro, quindi è stato possibile ospitarli all’evento. Va detto però che un buon 30 per cento delle presenze è mancato, soprattutto gente comune. La cosa che più ci spaventa al momento è che tutti coloro che ora sono a Parigi per seguire gli eventi della moda nella capitale francese, probabilmente non torneranno a Milano”.

Già, perché Carlo Capasa spiega che gli show room del capoluogo lombardo sono vuoti da giorni, con un impatto quindi sui retail italiani da non sottovalutare.

“Avevamo una proiezione che ci dava un +2,6 per cento nei primi sei mesi per tutto il settore (tessile, abbigliamento, accessori e settori collegati come occhiali, ecc), dopo il coronavirus abbiamo rivisto questo dato a ribasso e oggi siamo al -2,5, il che vuol dire in senso assoluto il 5 per cento in meno. Sulla seconda industria italiana che fa 90 miliardi all’anno di fatturato è veramente un dato allarmante. Più di due miliardi persi in due mesi”.

La tecnologia e i social network: la nuova frontiera della moda in tempo di crisi

Soprattutto in tempo di emergenza, noi italiani riusciamo a fare di necessità virtù. Anche in questo caso, siamo riusciti a trasformare l’emergenza in un’opportunità. E l’opportunità della Milano Fashion Week è stata “China we are with you”, una diretta streaming degli eventi e delle sfilate che è stata continuativa, per un’intera settimana.

“È stata un enorme successo che ha aperto nuove prospettive per il futuro. Abbiamo messo in piedi la prima settimana della moda virtuale mai fatta al mondo. Un esperimento ben riuscito, un modo perfetto per usare da un lato la tecnologia a disposizione e quindi di trasformare in virtù una necessità. Noi italiani deteniamo il primato su questo.”

Al di là dell’innovazione, questo ha aiutato anche l’economia della moda. Infatti, grazie alla presenza social, molti brand e molti buyer si sono organizzati per fare degli acquisti a distanza delle nuove collezioni presentate.

“Questo ci fa ben sperare, perché vediamo che una volta conclusa la settimana della moda milanese, molti marchi stanno vendendo nei propri store online. I cinesi, che per alcuni marchi rappresentano addirittura il 35 per cento degli acquirenti totali, soprattutto per quanto riguarda il lusso, stanno facendo shopping sugli e-commerce.”

Il problema, però, resta da non sottovalutare soprattutto per tutte quelle boutique che al momento restano vuote, come ogni altro negozio al dettaglio di alcune province lombarde. “Sappiamo bene che ci saranno grosse perdite, ma per capirne l’entità vera e propria dobbiamo avere la pazienza di aspettare ancora un po’”. E se l’attesa è più che mai obbligata, le parole di Carlo Capasa e l’esperienza della Milano Fashion Week ci insegnano che è possibile ripensare le modalità di lavoro grazie alle nuove tecnologie, che spesso sono una grande opportunità anche per arginare un’economia in crisi.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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