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Se a 12 anni pesi 31 chili: un padre racconta la storia di anoressia di sua figlia

Ginevra ha 12 anni quando decide di smettere di mangiare. A 13 ha alle spalle già quattro ricoveri ospedalieri. “L’anoressia è come una seconda voce che ti dice cosa fare e come comportarti” in occasione della Giornata Nazionale contro i disturbi alimentari, il padre di Ginevra ci ha raccontato la storia della figlia.
Intervista a Dott.ssa Valeria Zanna
Responsabile del Centro per Disturbi Alimentari dell'Ospedale Bambin Gesù di Roma
A cura di Francesca Parlato
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Ginevra ha smesso di mangiare perché non aveva più voglia di vivere. A raccontarci la sua storia è il padre, Valerio (nome di fantasia) che ha lottato per due anni accanto alla figlia per aiutarla a uscire dall'anoressia. Giovanissima, Ginevra (il nome è di fantasia) oggi ha 13 anni e ha alle spalle già diversi ricoveri in ospedale a causa della malattia. "L'esperienza di Ginevra – ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Valeria Zanna responsabile del Centro per Disturbi Alimentari dell'Ospedale Bambin Gesù di Roma e medico di Ginevra – Ci fa capire quanto l'anoressia sia una condizione gravissima, che è necessario affrontare sempre con degli specialisti". Chiedere aiuto a volte è difficile, i genitori si sentono in colpa, hanno paura di essere giudicati, pensano di poter risolvere da soli, ma un disturbo alimentare non va mai sottovalutato. Secondo l'OMS patologie come anoressia e bulimia sono la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, tra le ragazze adolescenti. "Nell'ultimo anno le richieste di aiuto sono aumentate del 25% e ormai interessano ragazze e ragazzi sempre più giovani, anche tra i 12 e i 13 anni. Per questo i genitori non devono abbassare la soglia di attenzione sui comportamenti alimentari e non nascondere mai la testa sotto la sabbia".

La storia di Ginevra

Ginevra è figlia di genitori che si sono separati dopo due mesi dalla sua nascita, ha sempre vissuto all'estero con la madre, mentre il padre Valerio viveva in Italia. Il rapporto con lui è solido,Valerio è un papà presente, e nonostante la distanza riescono a vedersi spesso durante l'anno. A 12 anni qualcosa si spezza.
Uno dopo l'altro nella vita di Ginevra si susseguono degli eventi apparentemente gestibili, ma che messi insieme per lei diventano una valanga che piano piano si ingrandisce fino a travolgerla. L'annuncio che il padre e sua moglie sono in attesa di un bambino, le tensioni con la madre, il bullismo da parte delle sue compagne di classe, la scomparsa dei suoi topini, gli amatissimi animali domestici, sono gli eventi che secondo il padre la conducono giorno dopo giorno all'anoressia.

"Non avevo più voglia di vivere"

"Non avevo più voglia di vivere". Ha detto così al padre a distanza di un anno dal primo ricovero. "I suoi punti fermi erano crollati così ha iniziato a smettere di mangiare e a perdere peso finché non è stato necessario ricoverarla in ospedale, dove hanno iniziato ad alimentarla con un sondino" ha raccontato il padre a Fanpage.it. Dopo il primo ricovero si tenta un reinserimento a casa con la madre, ma i miglioramenti stentano ad arrivare. "Intanto il fratellino nasce e lei e la mamma decidono di venirmi a trovare in Italia. Il lungo viaggio in auto dall'Austria la stravolge, continua a non mangiare. Così lei e la madre anticipano il rientro e si decide di nuovo per un ricovero urgente in ospedale".

Il lockdown

A 12 anni Ginevra è già al secondo ricovero per anoressia, così la madre decide di cambiare strategia trova una clinica altamente specializzata in Germania. "Si è rivelata una scelta perdente. L'approccio molto severo, il fatto che fosse ricoverata con ragazze più grandi di lei, non hanno sortito gli effetti sperati. Non era collaborativa, si rifiutava di mangiare, beveva litri d'acqua prima di pesarsi per ingannare i medici". I genitori decidono così di portarla via da lì, ma proprio in quei giorni scatta il lockdown in tutta Europa. "A quel punto né io che ero in Italia né la madre, che si trovava in Austria, abbiamo avuto la possibilità di andarla a prendere per riportarla a casa". Il disagio di Ginevra aumenta, diventa un calvario. "Ha cominciato anche a farsi del male, a procurarsi dei tagli e noi eravamo impotenti e lontani".

L'arrivo a Roma

Appena le misure di sicurezza per il Covid allentano, la madre corre a prendere Ginevra. "La situazione era ancora molto critica, così decidiamo di tentare un'ultima strada: far venire Ginevra in Italia e provare a curarla al Bambin Gesù. Il 20 giugno alle 12 atterra a Roma e alle 15 eravamo già in ospedale". Peso sulla bilancia: 31 chili. La ricoverano di nuovo per altri 40 giorni, l'alimentano con il sondino perché Ginevra all'inizio era tutt'altro che collaborativa. "Piano piano però le cose iniziano a migliorare. Dopo una fortissima litigata e dopo aver capito grazie agli psichiatri che non poteva più essere lei a dettare le regole della malattia sono arrivati i primi miglioramenti. Arrivata a 42 chili, il suo normopeso, le hanno dato la possibilità di essere dimessa". Esce il giorno del compleanno del fratellino. "È stato un giorno di festa per tutti e Ginevra ha deciso di restare in Italia e di vivere con me, mia moglie e il fratello". Il percorso non è ancora finito, ma i miglioramenti ci sono, Ginevra ora va a scuola a Roma, frequenta una psicologa una volta a settimana e una volta al mese la nutrizionista e sente regolarmente la mamma anche se lontana. "Oggi né noi, né lei conosciamo il suo peso per non essere condizionati, e segue una dieta che non si basa su grammature o calorie". Chi soffre di anoressia mette infatti tutta la propria intelligenza a disposizione della malattia per fare calcoli, decidere le quantità di cibo. "L'anoressia è una specie di seconda voce che ti dice cosa fare, quanto mangiare, come comportarti. All'inizio i pasti la mettevano in crisi ma piano piano sta andando sempre meglio e sta cominciando a reagire. Ogni tanto ha ancora qualche défaillance ed è ancora molto concentrata su sé stessa, ma facciamo piccoli passi giorno dopo giorno".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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