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Rossetto per lei, righello per lui: mamma accusa Upim di sessismo, l’azienda ritira i grembiuli

Nel 2020 è accettabile che un brand metta sui propri capi di abbigliamento simboli che differenziano maschi e femmine associando ai due sessi differenti capacità? Una mamma ha accusato Upim di sessismo, appoggiata sui social da tanti altri genitori. La risposta dell’azienda non si è fatta attendere.
A cura di Giusy Dente
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Il marketing subisce ancora gli influssi degli stereotipi di genere, come dimostra la vicenda che vede coinvolta una nota catena italiana di grandi magazzini. La Upim è stata bacchettata da una mamma che si è sentita profondamente offesa nel trovare, in uno dei punti vendita, dei capi di abbigliamento a suo dire colpevoli di trasmettere messaggi discriminatori. In che modo? Facendo riferimento a una distinzione maschio-femmina basata su schemi superati. Nello specifico, l'oggetto della discordia sono dei grembiuli per bambini, di quelli bianchi che si indossano a scuola. Alla signora, che ha espresso il suo disappunto su Facebook, non è andato giù che i grembiuli recassero due stampe differenti: un rossetto con labbra rosse socchiuse per le bambine e matita e righello per i bambini. Come a dire che il massimo a cui possono aspirare le femmine è fare l'estetista o dedicarsi al makeup, mentre i maschi possono ambire a professioni che chiamano in causa l'intelletto e lo studio.

La mamma che fa guerra a Upim

La mamma in questione ha evidenziato una grave mancanza da parte dell'azienda. A suo dire, non è adeguato porre sugli indumenti per bambini quelli che lei ritiene «distintivi al petto», soprattutto se tali raffigurazioni finiscono col porre l'accento su distinzioni di genere piuttosto antiquate. «I grembiuli per maschi hanno la squadra e il righello. Quelli per femmine rossetto e labbra socchiuse. Lui ingegnere, lei bella donna. Tra i grembiuli per bambine ho trovato solo bouquet di fiori, cuoricini e strass. Che avvilimento, che rabbia» ha scritto, pubblicando il suo sfogo sul suo profilo personale ma anche su quello dell'azienda.

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La risposta di Upim

La risposta di Upim non si è fatta attendere, visto che la polemica sollevata dalla mamma in questione è stata molto condivisa in rete. Tante altre mamme, ma anche papà, si sono aggiunti al coro, definendo quello della Upim un grande scivolone e facendo presente la necessità di scuse, per il messaggio sessista lanciato con quei capi. Poche ore fa la decisione definitiva: «Abbiamo provveduto a togliere il suddetto articolo dalla vendita su decisione del Direttore Generale». Sembra assurdo che nel 2020 si debbano ancora contraddistinguere maschi e femmine associando ai due sessi elementi così differenti, come se a un ragazzo non potesse piacere il rosa o come se una bambina non potesse preferire sul suo grembiule la stampa di una macchina piuttosto che quella di una Barbie. Eppure il marketing ancora fa leva su questi schemi duri a morire, che possono incidere anche in modo rilevante su uno sviluppo sereno e libero della proprie identità.

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