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Perché non esistono più gli stilisti come Laura Biagiotti

Nell’epoca degli influencer e “dell’internet rotto” dalla modella di turno nuda, dei fashion blogger che dettano le regole e dei marchi di moda che copiano le borse di Ikea, una stilista come Laura Biagiotti non può più esistere.
A cura di Marco Casola
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La designer imprenditrice Laura Biagiotti si è spenta a Roma nella notte tra il 25 e il 26 maggio dopo un arresto cardiaco, lasciando un vuoto immenso nel fashion system italiano. Gli influencer e i "nuovi adepti" della moda storceranno il naso dinanzi a questa affermazione, ma è proprio vero: gli stilisti come Laura Biagiotti non esistono e, forse, non esisteranno più. Nell'epoca di Instagram e dei fashion blogger, "dell'internet rotto" ogni giorno da una foto della modellina di turno che mostra il seno o il lato B, in cui a dettare le regole dello stile sono starlette del web che per una felpa o un paio di scarpe nuove farebbero qualsiasi cosa, una stilista come la Biagiotti è praticamente impossibile.

Una stilista come Laura Biagiotti non potrebbe più esistere perché abbiamo ormai detto addio allo stile senza tempo. La velocità, il fast fashion ci hanno portato ad essere immersi sempre e comunque nel futuro, a non vivere il presente, a demonizzare il passato, ritenendolo antico. Da qui il bisogno di avere sempre qualcosa di "eccessivamente" nuovo, di qui l'odio per ciò che è classico, per il capo evergreen avvertito come vecchio e superato. Nella moda il tubino deve essere rivisitato, la giacca resa contemporanea. E' giusto, l'innovazione è fondamentale. Stagnare non è mai cosa giusta. La rivoluzione è necessaria. Dietro la novità deve esserci però un sapere, un heritage, una storia su cui poter stratificare le novità, fondamenta solide su cui costruire nuove pareti.

Laura Biagiotti alla sfilata uomo del suo marchio nel 1999
Laura Biagiotti alla sfilata uomo del suo marchio nel 1999
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Nell'epoca in cui Balenciaga copia le borse di Ikea, in cui il Marchese Pucci viene sepolto dalle stampe pop e i brand cult degli skater americani anni '90 spopolano grazie ai rapper italiani, non c'è più spazio per l'eleganza essenziale o, almeno, è raro che si faccia largo tra i "ciovani". Con la morte di Laura Biagiotti si chiude un nuovo capitolo di quel grande libro dedicato al Made in Italy, nato cresciuto e portato avanti da designer come Giorgio Armani, Missoni, Gianfranco Ferré, Valentino. Alcune di queste Maison si sono evolute superando la poetica del loro inventore, si guardi all'esempio di Valentino, altre sono fallite, come Ferré, altre ancora sono riuscite a mantenere lo spirito originario, proprio come Armani e Missoni.

Anche Laura Biagiotti nell'arco della lunga carriera ha saputo rimanere fedele al proprio stile, al suo bianco panna, alle linee over, ai caftani e alle mantelle, alle ispirazioni orientali, ai tessuti pregiati e alla morbidezza del cachemere, tanto che per molti era lei "la regina del cachemere". L'innovazione era certo chiara di collezione in collezione: con il passare del tempo il cambiamento è senza dubbio necessario, le mode sono cicliche e bisogna adeguarsi ai dettami del mercato. Eppure la Biagiotti non ha mai tradito la sua reale essenza. Forse perdendo la possibilità di conquistare un nuovo pubblico, quello dei teen sempre al cellulare, degli instagrammer super cool e degli influencer marchettari. Anche questa è una scelta, a parer nostro rispettabile.

Sia chiaro, difendere il passato a prescindere è sempre un comportamento ottuso e limitante. Non bisogna per forza rimpiangere la grandezza del passato in cui tutto sembrava migliore rispetto al presente. L'attuale panorama moda è stato capace di dar vita a fenomeni incredibili che, dietro il grande successo di pubblico, avevano un concetto, un pensiero, non solo fuffa. Si pensi al genio di Raf Simons e Alessandro Michele, solo per citare alcuni degli esempi più recenti, ma anche Tom Ford qualche anno prima o Riccardo Tisci. Tutti designer iper moderni, capaci di innovare storiche Maison di moda, di interagire con il nuovo pubblico, con i social network, di rispondere alle esigenze di mercato senza però piegarsi al piattume.

In un'epoca in cui tutti, per inseguire le nuove richieste del mercato, sono pronti a bruciare la propria storia e la propria tradizione, a cambiare il proprio DNA per renderlo più cool e conforme a Instagram (guarda i recenti casi di Pucci, Cavalli e Ferragamo), una Maison come Laura Biagiotti ha scelto una strada diversa. Restare fedele a se stessa, magari perdendo una grande fascia di mercato. Questa scelta, forse, in un momento storico in cui i grandi gruppi del lusso si fanno la guerra per accaparrarsi più marchi possibile in modo da monopolizzare il mercato, non è più possibile.

La Biagiotti ha scelto di non tradire la propria storia, di non dire addio allo zoccolo duro di clienti affezionate per accalappiare una showgirl con milioni di follower. Senza dubbio anche questo è un successo. Anche saper mantenere la propria identità e non dire addio al proprio heritage è una grande conquista e Laura Biagiotti questa vittoria l'ha raggiunta prima di morire.

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Laureato in Comunicazione, durante gli anni universitari collabora con importanti società di Organizzazione Eventi artistico-culturali. Dopo la specializzazione in Scienze dello Spettacolo e della Produzione Multimediale cura e coordina, per alcune associazioni a carattere nazionale, la gestione di saloni espositivi e mostre d’arte. La passione per il Cinema lo spinge ad entrare a far parte del team di festival cinematografici di grande rilievo. Successivamente il grande interesse e la profonda curiosità per la Moda lo inducono a frequentare un corso di specializzazione in Fashion Trend Research e a stabilirsi a Milano per intraprendere la professione di fashion editor per Fanpage.it.
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