L'uomo sta accelerando il riscaldamento globale con le sue attività e il punto di non ritorno, spiega l'Onu, è pericolosamente vicino. L'industria della moda non fa eccezione: studi e rapporti dimostrano che il settore tessile usa una quantità smodata di terreno e di acqua per creare prodotti a basso costo spediti e trasportati in tutto il mondo, che verranno gettati via dopo pochi utilizzi finendo in discarica. Ormai è noto l'impatto della fast-fashion sul pianeta, ma è il sistema nel suo complesso a dover essere ripensato: parola di Greta Thunberg, l'attivista svedese che ha ispirato persone in tutto il mondo a scendere in piazza in difesa dell'ambiente. Vogue Scandinavia ha deciso di celebrare il suo impegno dedicandole la sua prima, storica copertina: "Greta è la voce di una generazione – spiega la redazione annunciando la copertina sui social – Dato il nostro amore per la natura, non potremmo pensare a nessuno più adatto per il primo numero".
Greta Thunberg in copertina su Vogue
Vogue ha recentemente aggiunto una nuova edizione: si tratta di Vogue Scandinavia, dedicata a Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda. Uno dei valori principali è proprio l'attenzione all'ambiente: nessuna sorpresa dunque che la prima copertina sia dedicata all'attivista diciottenne che da sola, con il suo coraggio e la sua forza di volontà, ha saputo ispirare una generazione e parlare direttamente ai potenti della terra. Nella foto di copertina, scattata da Alexandrov Klum, Greta Thunberg indossa un impermeabile e un abito a fiori e accarezza un cavallo, animale per cui ha una vera e propria conoscenza enciclopedica. Ma Greta non è il tipo che si lascia sedurre dalla moda: nell'intervista a Vogue dichiara di non comprare un vestito nuovo da ben tre anni, e di aver scelto solo capi di seconda mano o presi in prestito.
"La moda ha un impatto enorme sull'emergenza climatica"
L'attivista parla senza mezzi termini sul ruolo che la moda ha nell'emergenza climatica in corso, proprio nella rivista-santuario del settore. Vogue non si tira indietro e ospita il suo j'accuse: "L'industria della moda ha un impatto enorme sull'emergenza climatica ed ecologica, per non parlare del suo impatto sui lavoratori e sulle comunità sfruttate in tutto il mondo per far sì che i consumatori usino i capi di fast-fashion come se fossero usa e getta". Quando si parla di moda sostenibile infatti non ci si riferisce solo all'ambiente ma anche ai diritti e alla sicurezza delle persone che ci lavorano. Siamo abituati a pensare il cambiamento climatico come a qualcosa che verrà in un imprecisato e lontano futuro: ma il futuro è oggi e le catastrofi naturali che hanno costellato l'estate 2021 ce lo ricordano. Nessuno può dirsi escluso, nemmeno la moda: "Abbiamo bisogno di un enorme cambiamento nel sistema", conclude l'attivista.
"La moda etica? Spesso è greenwashing"
Finché continueremo a produrre e a comprare a questo ritmo, spiega l'attivista svedese, non si potrà mai parlare di una moda sostenibile. Nemmeno i tanti tentativi fatti dai brand, accusa, sono sufficienti: in questi ultimi anni abbiamo assistito al debutto di collezioni in ecopelle, a zero emissioni, o in materiali riciclati e rigenerati. "Molti brand fanno sembrare che il settore stia iniziando ad assumersi le proprie responsabilità, spendendosi in campagne in cui si dipingono come sostenibili, etici, green e sostenibili. Ma parliamoci chiaro: quasi sempre non è nient'altro che puro greenwashing". Cioé di strategie di marketing che fanno sembrare "ecologico" quel che eco non é. "Non esiste una produzione di massa ‘sostenibile' o un consumo sostenibile per come è fatto il mondo oggi". Se è vero che le aziende hanno enormi responsabilità, i consumatori non sono da meno: le nostre scelte determinano ogni giorno il mondo in cui vivremo domani. Pensiamoci, quando avremo l'impulso irrefrenabile di fare shopping: il prezzo così basso di una camicetta lo paga soprattutto il pianeta.