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Non solo vittime e contagi: gli effetti psicologici della pandemia che stiamo ignorando

I numeri della pandemia non riguardano soltanto i contagi e le vittime del Covid. Sono anche quelli che ci raccontano la stato della salute mentale delle persone. “Oggi il 24% della popolazione soffre di un disagio psicologico che meriterebbe attenzione” afferma il professor Davide Lazzari.
Intervista a Prof. David Lazzari
Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi
A cura di Francesca Parlato
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"Il 24%, praticamente una persona su quattro, in questo momento soffre di problematiche psicologiche che meriterebbero attenzione". È questo il bilancio tracciato dal professor David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi, a un anno e mezzo dall'inizio della pandemia. "Nella popolazione c'è speranza, c'è desiderio di ripartire, ma il carico di malessere è ancora molto alto". Ancora una volta a patire di più le conseguenze della pandemia sono le donne. Hanno perso il lavoro, si sono sobbarcate la gestione dei figli, dei parenti anziani, e dal punto di vista psicologico sono loro a soffrire di più. "In generale le donne hanno una maggiore tendenza, rispetto agli uomini a soffrire di ansia e depressione. A differenza dell'uomo poi che tende a somatizzare le proprie difficoltà senza esternarle, la donna ha più facilità a verbalizzarle. Ma in questo caso, con il carico assistenziale tutto sulle loro spalle, si sono creati dei disagi specifici.".

Aumentate le richieste di aiuto

Un'ulteriore testimonianza del disagio crescente ce la forniscono anche le stime dell'organizzazione Telefono Amico, che dà ascolto (tramite chiamate, whatsapp e mail) a chiunque viva un momento di difficoltà. "Le richieste di aiuto sono state oltre centomila da quando è iniziata la pandemia. Sono aumentate del 70% rispetto all'anno precedente" spiega a Fanpage.it Cristina Rigon, vice presidentessa dell'organizzazione. "Preoccupazione, angoscia, rabbia e disperazione sono gli stati d'animo più diffusi. Le donne intorno ai 35 anni e anche più giovani, che si sono messe in contatto con Telefono Amico, raccontavano di provare dei sentimenti molto negativi. E ci siamo resi conto che più è bassa la fascia d'età più era facile che queste persone parlassero di suicidio o autolesionismo. Come se tutto fosse bianco o nero, senza alcuna sfumatura". E anche in queste ultime settimane le richieste sono state tantissime. "Il ritmo non si è per niente allentato. Siamo tutti concentrati sulla malattia fisica, sul Covid, ma si sta trascurando l'impatto sulla mente. L'isolamento, la difficoltà ad avere dei rapporti sociali sta portando a delle conseguenze gravi. Le persone non hanno sogni né speranze. Fanno fatica a proiettarsi nel futuro".

Perché è utile un sostegno psicologico

Per capire la portata del disagio psicologico di cui non ci rendiamo ancora conto, immaginiamo un iceberg, sappiamo che la parte che emerge è sempre più piccola rispetto a quella sommersa. "Lo stesso avviene con il disagio psicologico: quello che vediamo è molto più contenuto rispetto a quello che non vediamo. Per questo dobbiamo iniziare a lavorare al più presto" afferma il professor Lazzari. Anche se la pandemia non si spegnerà da un giorno all'altro o a colpi di DPCM possiamo già da oggi iniziare a lavorare su noi stessi per trovare un nuovo equilibrio, per capire quali sono le risorse a cui poter attingere. E in questo caso un sostegno, soprattutto per chi vive uno stato di forte disagio, è essenziale. "Spesso ci dimentichiamo che lo psicologo ha il compito di aiutare le persone a incontrare la vita, a potenziare le sue risorse adattive. – chiarisce Lazzari – Aiuta le persone a orientarsi, a superare le difficoltà e a ristrutturarsi". 

Ricostruire dopo il Covid

La pandemia ha fatto saltare tutti gli schemi, ci ha messo a nudo, ci ha fatto sentire vulnerabili, in pericolo, ma ci ha anche restituito una maggiore consapevolezza di noi. "Tutti noi funzioniamo su schemi automatizzati che il Covid ha spezzato. Abbiamo dovuto costruire nuove abitudini, nuove routine e abbiamo acquisito una maggiore consapevolezza su noi stessi. Ma una volta che la pandemia terminerà dobbiamo capire come canalizzare questa consapevolezza". Il rischio è che si trasformi in ansia, angoscia, paura, che queste sensazioni che abbiamo sviluppato durante questi mesi ci accompagnino anche al termine della pandemia. "Questa maggiore attenzione può diventare invece una risorsa, un'occasione per rimettere l'essere umano al centro e perché sia di nuovo misura delle cose – spiega Lazzari – Non possiamo tornare all'epoca pre Covid, abbiamo bisogno di società e modelli di sviluppo diversi, serve un cambio di passo. E per metterlo in atto dobbiamo ripartire da noi. Viviamo in una società dove si è persa la centralità dell'uomo e questo provoca disagio e malattia. Sfruttiamo questa nuova consapevolezza per ripensare il nostro modo di esistere".

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