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Opinioni

Metà del Recovery Fund alle donne: basta con i bonus, è arrivato il tempo della buona politica

Una petizione che ha raccolto quasi 40 mila firme, una lettera al Presidente del Consiglio e una manifestazione prevista per oggi a Roma. Sono i primi successi de “Il Giusto Mezzo”, un movimento nato per chiedere che la metà del Recovery Fund venga utilizzato per politiche mirate a colmare il gender gap e l’occupazione femminile.
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A cura di Giulia Torlone
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Metà della mela. Stavolta, però, il significato di quest’immagine è tutt’altro che romantico e zuccherino. La metà in questione è “Il Giusto mezzo”, una richiesta semplice e chiara: che il 50 per cento dei fondi crisi Covid-19 siano utilizzati per le donne. A farsi carico della proposta e, soprattutto, a elaborare una strategia articolata è un gruppo di donne della società civile, attive nel mondo del lavoro con competenze diverse. Si sono incontrate durante la pandemia e hanno condiviso le battaglie che portavano avanti singolarmente: una maggiore presenza delle donne nei gruppi decisionali, un’attenzione reale verso i bambini e le bambine, la necessità di riportare le competenze femminili nel mercato del lavoro sia attraverso politiche fiscali sia di servizi alla persona da zero anni alla terza età. Soprattutto attraverso il rafforzamento e la realizzazione delle necessarie infrastrutture sociali.

Nessun bonus, ma interventi mirati grazie al fondo Ue

È indubbio che l’opportunità giusta sia arrivata: utilizzare la metà del recovery fund per investire su interventi mirati, che mettano le esigenze delle donne al centro. Una delle portavoci di “Il giusto mezzo” è la deputata del Partito Democratico Lia Quartapelle, che attraverso i suoi canali social fa da cassa di risonanza dell’iniziativa:

Stiamo decidendo come spendere al meglio le risorse del Recovery Fund, per riparare i ritardi strutturali dell’Italia e tornare a crescere. Uno di questi ritardi è la distanza che separa donne e uomini in termini di possibilità di lavoro, livello di stipendi, riconoscimento delle capacità acquisite negli anni di studio. Non c’è bisogno di spiegare come perché e quanto in Italia ci siano differenze tra quanto le donne guadagnano, quanto riescono a trovare lavoro e quante ore in più lavorano non pagate per compiti di cura. I 209 miliardi del Recovery Fund saranno destinati soprattutto per la riconversione ambientale e la digitalizzazione del nostro Paese. La maggioranza di chi lavora in questi due settori sono uomini. Niente di male, ma diventa un problema se investiamo solo lì: le donne resteranno tagliate fuori.

Già, perché nel pacchetto di interventi previsti per l’utilizzo dei fondi Ue, non ci sono azioni mirate a colmare l’enorme divario uomo-donna che da sempre affligge l’Italia, Paese che (è bene ricordarlo) occupa gli ultimi posti nella classifica Ue sull’occupazione femminile. La petizione lanciata dal movimento “Il Giusto Mezzo” ha già raccolto quasi 40 mila firme e al centro delle richieste c’è proprio quello di dire basta a bonus di qualunque sorta e di passare a politiche attive che cambino radicalmente l’assetto del lavoro. Attraverso la pagina Instagram, il Giusto Mezzo sta raccogliendo numerosissime testimonianze di donne lavoratrici che, soprattutto in questo periodo, stanno pagando il prezzo della crisi e dell’incertezza sanitaria. Tutto è partito dalle semplice domanda: “Sei mai stata vittima di ingiustizia nel mondo del lavoro?” a cui sono seguite una valanga di risposte che fotografano una realtà su cui è necessario agire tempestivamente. Dalla mortificazione perché si desiderano figli, alla mancanza di sussidi se si è Partite Iva, mancanza di asili nido, perdita del posto del lavoro per l’impossibilità di coniugare la gestione dei bambini e il proprio impiego sono solo alcune delle voci che si stanno sollevando.

Gender gap e disoccupazione femminile: è arrivato il momento di dire basta

Alla frammentarietà delle proposte arrivate al Governo per l’utilizzo del Recovery Fund, attraverso il Giusto mezzo si cerca di avere un approccio organico, che sia di genere. In Italia si registrano 470mila occupate in meno rispetto al secondo trimestre 2019, con il tasso di occupazione femminile sceso al 48,4 per cento. E secondo l’Ue, la sottoccupazione femminile costa 370 miliardi l’anno. Il motivo? Non si produce ricchezza e, quindi, c’è meno gettito fiscale a disposizione. Il problema, dunque, è più che mai urgente e vanno intraprese azione di largo respiro. Oltre alla petizione, è già stata scritta e condivisa una lettera da recapitare al Presidente del Consiglio Conte perché si faccia carico delle richieste avanzate. In più oggi, alle 16:30, le promotrici dell'iniziativa saranno in Piazza del Pantheon a Roma per la presentazione del progetto. Ora più che mai c'è bisogno di un cambio di rotta, con le donne protagoniste del mercato del lavoro.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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