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Opinioni

Le strade italiane non appartengono alle donne: dopo Sarah Everard è ora di affrontare il problema

Dopo l’uccisione della giovane Sarah Everard a Londra, mentre tornava a casa la sera dopo una cena da amici, è urgente affrontare la discussione anche nel nostro Paese. Secondo i dati Istat, nel 2018 sono quasi il 37 per cento le donne che non escono di casa la sera per paura di essere aggredite, contro l’8,5 per cento degli uomini. Tra catcalling e aggressioni è ora di affrontare un tema centrale: quello delle strade delle nostre città che non appartengono alle donne.
A cura di Giulia Torlone
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Il rapimento e l’uccisione di Sarah Everard non è solo un fatto di cronaca. Quello che sta succedendo nel Regno Unito è una reazione di rabbia, non di sconcerto, per un episodio tanto brutale quanto all’apparenza inspiegabile. Parliamo di rabbia e mai di sorpresa perché l’ipotesi di essere aggredite di notte sulla strada di casa, da uno sconosciuto, è una violenza che noi donne impariamo a sopportare sin dalla nascita. Niente sconcerto, dunque, ma neanche rassegnazione: la manifestazione di due giorni fa a Londra, brutalmente soffocata dalla polizia, ne è la prova più evidente.

Gli uomini inglesi su Twitter chiedono cosa fare

L’omicidio di Sarah Everard, di cui è stato accusato il poliziotto Wayne Couzens, ha sconvolto l’Inghilterra a tal punto che sui social si sono riversati non solo sdegno e condanna. È successo qualcosa in più: per la prima volta gli uomini britannici hanno chiesto alle donne su Twitter cosa fare per farle sentire più al sicuro, quali atteggiamenti tenere per non provocare in loro terrore. I consigli sono stati svariati: mai camminare troppo vicini ad una donna sola, cambiare marciapiede cedendo quello più illuminato e dando la possibilità di essere visti e piccoli escamotage che possono essere utili, ma che è evidente che non risolvano il problema alla radice.

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Le strade di notte sono degli uomini

Un’indagine Istat del 2018 ha rivelato che quasi il 37 per cento delle donne italiane non esce la sera per paura di essere aggredita, contro l’8,5 per cento degli uomini. Un fenomeno che riguarda ogni donna, di cui però non si è mai parlato abbastanza e che non trova spazio nel dibattito pubblico e politico del nostro Paese. Fermiamoci a riflettere: quando il sole tramonta, la città è terra degli uomini. Può sembrare una forzatura, un’esagerazione giornalistica, eppure i numeri e le testimonianze ci dicono che è così. Quante donne sole incontriamo per strada quando si fa buio? Quasi nessuna. E quelle poche le vedremmo parlare al cellulare, guardarsi intorno, nascondersi dentro un cappotto abbondante. Quando parliamo di un mondo che al tramonto si trasforma in un universo per soli uomini parliamo di questo: di strade non attraversate da donne, di piazze vuote, di ragazze che tornano a casa accompagnate o che magari hanno deciso di non uscire per niente, perché il rischio di essere aggredite è troppo alto. Ma il problema non è lo scuro della notte: il problema restano gli uomini violenti che ci tolgono la libertà.

Catcalling e violenza: un fenomeno che in Italia non viene discusso

Nel nostro Paese, alcuni fenomeni di microviolenza che le donne subiscono per strada non vengono neanche discussi. Nei paesi anglofoni è stata coniata una parola efficace per esprimere la molestia di essere fischiate quando si passeggia sul bordo di una strada: il catcalling. In Italia si cade ancora nell’errore di ritenere che i fischi o gli apprezzamenti urlati dal finestrino siano complimenti, siano seduzione, così come l’essere richiamate da un clacson. Invece fanno parte di quel corredo di molestie che rendono le strade delle città dei luoghi ostili per le donne, perché oltre a essere potenzialmente pericolose al buio, diventano il teatro di piccole molestie, di un’erosione di libertà anche alla luce del sole. Il catcalling è una violenza, ma in Italia si insegna alla donna a non preoccuparsene, non si punta mai il dito sull’uomo che ne fa uso. La politica, nel tempo, ha tentato di arginare la violenza sulle donne nelle strade di notte utilizzando pochi e banali provvedimenti: sconti per i taxi, maggiore illuminazione lungo le strade. Non si è mai raggiunta una consapevolezza che guardi il problema a monte, analizzandolo come un problema culturale e di sicurezza personale. Il divario di genere non è qualcosa che si calcola solo su parametri di accesso al lavoro o a uno status social: il gender gap è anche la possibilità di appropriarci degli spazi, della vita, della nostra città così come lo fanno gli uomini. Privarci di strade da attraversare è una violenza che ci viene imposta sin da bambine, solo che non ce ne rendiamo conto.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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