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Le donne di Bridgerton vogliono essere prese sul serio: lo fanno con la libertà sessuale e di parola

Bridgerton è la serie originale Netflix del momento. Ambientata nell’età della Reggenza, non è esattamente aderente al vero storico, sia per i temi trattati che per il cast misto (con attori neri) voluto da Shonda Rhimes. Si parla di femminismo, autodeterminazione, identità e a rendere più avvincente la trama ci pensa un espediente: una misteriosa voce narrante che conosce i più intimi e torbidi segreti di tutti.
A cura di Giusy Dente
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Prendi una trama semplice e senza troppe pretese e aggiungici un'aria di pettegolezzo alla Gossip Girl, un'atmosfera alla Jane Austen e personaggi alla Louisa May Alcott. Mettici dentro un protagonista maschile prestante e bellissimo, possibilmente lasciandolo il più delle volte senza vestiti addosso. Poi condisci con un bel po' di scene di sesso, sontuosi abiti da favola e un pizzico di mistero sull'identità della voce narrante. Prosegui aggiungendo le canzoni pop più famose del momento suonate con archi e violino e infine confeziona il tutto con la firma di Shonda Rhimes, garanzia di qualità (Grey’s Anatomy, Scandal, Le regole del delitto perfetto). Ed ecco che il nuovo successo Netflix è pronto per fare meglio di qualunque altra produzione originale precedente. A pochi giorni dalla pubblicazione sulla piattaforma Bridgerton è già al primo posto nella Top 10 e ha tutte le carte in regola per superare anche il record de La regina di scacchi.

Bella "la trama" di Bridgerton…

La serie originale Netflix è ambientata in un'inedita e poco aderente alla realtà Londra ottocentesca. Si tratta più che altro di una rielaborazione in chiave pop, di certo non di una rappresentazione storica, scelta che però si rivela vincente. Shonda Rhimes ha voluto puntare sull'inclusività, inserendo nella storia molti attori neri, che ovviamente non facevano parte realmente della ricca e classista società dell'epoca. Ma la storia prende anche in considerazione argomenti come il sesso, il razzismo e il femminismo, che rendono perfettamente godibile e credibile ciò che di realistico ha ben poco. La trama di base non è particolarmente avvincente e i due protagonisti sono alquanto piatti. Daphne è del tutto calata nella logica del "sono una donna e la mia massima ambizione è trovare marito e fare figli", salvo poi acquisire una maggiore maturità una volta scoperte le gioie del sesso e i dolori dell'amore grazie al tormentato e libertino duca di Hastings. Simon ha mandato in tilt il pubblico col suo fascino tenebroso (e i suoi muscoli): è l'uomo d'onore che bilancia sentimenti e passione. I due intrecciano un rapporto intenso: è lui che guida la giovane e inesperta Daphne alla scoperta del proprio corpo e della vita sessuale sola e di coppia.

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Siamo donne, oltre un marito c'è di più

Pur essendo una storia di formazione, la maturazione di Daphne è comunque legata all'incontro con Simon, che le permette di prendere consapevolezza del proprio corpo. Rimane ancorata a ciò che ci si aspetta da una giovane della sua posizione sociale, ma apre gli occhi sul diverso trattamento riservato nel mondo a uomini e donne. Però non fa quello scatto in più del trovare se stessa in modo indipendente, un lusso che in effetti nell'Ottocento alle donne non era concesso. Bridgerton questo lusso lo concede ai suoi personaggi secondari, che si fanno specchio della società contemporanea parlando di emancipazione e autodeterminazione. Penelope ed Eloise per esempio sono interessanti proprio perché diverse: soffrono perché sanno di non essere come le altre donne, ma ciascuna cerca il suo modo per esprimersi senza snaturarsi. E lo fanno da sole, senza appoggiarsi ad alcun uomo: non vogliono essere esibite in pubblico come merce da vendere, per poi fare le brave mogli che sfornano figli. Oltre a loro c’è ovviamente Lady Whistledown, una donna che sceglie di guadagnarsi il potere col solo uso della parola, nascondendosi nell’anonimato. Pungola la curiosità morbosa dell'alta società per gli scandali con un pamphlet che rivela gli altarini di tutti. Per lei il potere e l'autodeterminazione passano attraverso la parola.

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Sesso e parola sono due strumenti di potere

La vita delle donne trascorre tra lezioni di pianoforte e di buone maniere, quando si presentano in società hanno al polso un carnet dove appuntare i nomi dei pretendenti, i loro matrimoni sono atti commerciali in cui hanno ben poco potere decisionale. “Nella compravendita non si tratta col cavallo” dicono gli uomini: conta la parola del padrone, del maschio di famiglia in questo caso. Ma se nelle sale da ballo devono attenersi all’etichetta e risultare impeccabili in tutto, lontano dagli sguardi indagatori di mamme, fratelli, padri e mariti possono lasciarsi andare e godersi la vita. Lo fanno nel club per sole donne di Lady Danbury per esempio, dove abbandonano il protocollo a favore di giochi di carte e alcolici, come fosse un circolo maschile, mettendosi sulla strada dell'emancipazione. Un'emancipazione che passa necessariamente per la libertà d'espressione, sia quella verbale rappresentata da Lady Whistledown che quella sessuale di Daphne. La parola e il sesso si configurano come strumenti di autodeterminazione, per prendere coscienza di sé e del proprio potere, non solo sugli uomini ma nel mondo.

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