La malattia della bellezza: come sono cambiati i canoni estetici e come i social li influenzano
In principio era l'autoscatto. Si programmava la macchina fotografica e si avevano pochi secondi di tempo per correre a mettersi in posa. Non se ne scattavano poi tanti. Giusto qualcuno da tenere come ricordo di una vacanza o di un evento speciale e quasi sempre si trattava di foto di gruppo, mai di autoritratti solitari. Da 15 anni a questa parte, invece come ha raccontato Paris Hilton qualche giorno fa rivendicandone la maternità (ma una menzione d'onore va data anche a James Franco), i nostri smartphone stipano nelle loro gallerie, centinaia anzi migliaia di selfie, scattati nei momenti, nei luoghi e negli orari più improbabili. Ma quella che in principio ci sembrava soltanto una facilitazione offerta dalla tecnologia, nel corso di 15 anni ci ha profondamente cambiati sotto almeno due punti di vista: il primo riguarda la continua narrazione di noi stessi, la necessità che avvertiamo di immortalare e condividere con i nostri follower e amici ogni momento anche il più personale, il secondo invece riguarda il nostro concetto di bellezza. "Ogni epoca ha ovviamente il suo canone di bellezza, ma nel nostro secolo è cambiato spessissimo – spiega a Fanpage.it la psichiatra e psicanalista della Società Psicanalitica Italiana Rossella Valdrè – La particolarità di oggi è però l'imperativo dei media. È stata una novità assoluta e questo ha stravolto completamente i modelli che non vengono più proposti, ma imposti sopratutto dai social media".
Il concetto di bellezza e gli adolescenti
Il modello di bellezza contemporaneo è un modello androgino, dove c'è una continua tensione verso la magrezza. "Si tratta di un fisico praticamente impossibile da avere superati i 18 anni. Quello che i social ci propongono è una donna magra, eternamente adolescente. Ed è una piaga per le ragazze di oggi". Confrontarsi continuamente con foto di donne e ragazze con queste caratteristiche può essere faticoso, soprattutto per un'adolescente che vive con il proprio corpo un rapporto quasi sempre complicato. "Le diete diventano un'abitudine quotidiana. E il rischio è che in alcuni casi sfocino in disturbi gravi come anoressia o bulimia. A volte si tratta soltanto di fasi passeggere della vita, altre volte diventano dei veri e propri disturbi". Poi il confronto con canoni di questo tipo può scatenare anche la dismorfofobia: "Si tratta di una sindrome specifica clinica. Chi ne soffre ha un'errata immagine di sé. Un corpo magro che si vede grasso, un naso normale ritenuto brutto e così via". Chi ha una percezione di sé così sballata rischia di mettere in atto dei comportamenti evitanti (smettere di uscire, annullare gli appuntamenti con gli amici) oppure decidere di seguire diete e regimi alimentari restrittivi, che influenzano ogni sfera della propria vita. "Le adolescenti sono ipercritiche, si detestano, non si piacciono né fisicamente né psicologicamente. E provare ad aderire ai canoni di bellezza contemporanei può provocare frustrazione e avere ricadute gravi sul piano dell'autostima. Le più forti riusciranno a superare questo disagio, ma chi è più fragile farà maggiore difficoltà, e porterà i segni di questa fase anche una volta adulta".
La malattia della bellezza
La psicologa Renee Engeln ha coniato il termine Beauty Sick, la malattia della bellezza, per descrivere chi si fa un cruccio del proprio aspetto. La continua esposizione a cui volontariamente ci sottoponiamo fa sì che ogni uscita, passeggiata, bagno al mare, incontro di lavoro, sia l'equivalente di un concorso di bellezza, durante il quale dobbiamo dare grande sfoggio di noi e mostrarci sempre al nostro meglio. "Non si deve certo demonizzare la bellezza. Ma bisogna stare attenti a che non diventi un'ossessione. Pensiamo alla chirurgia estetica – spiega Valdrè – Si tratta di una novità storica di enorme portata, la possibilità di operarsi non per motivi medici ma estetici". La bellezza diventa malattia e ossessione: si investono soldi, si cambiano i connotati, si vive male, mettendo a repentaglio la propria salute per aderire a standard che sono sempre più stringenti.
La bellezza, i social e le ambiguità
Ciò che probabilmente destabilizza di più però è l'ambiguità. Pensiamoci per un attimo: sui social che frequentiamo quotidianamente passiamo da post in cui vediamo corpi magri, scolpiti a proclami che decantano la bellezza e la straordinarietà di ogni corpo, qualunque forma esso abbia. Non vogliamo essere Barbie, ma al tempo stesso cioè che i media ci propongono non è lontano dalle forme della più famosa bambola bionda americana. Sappiamo che ciò che conta non è l'apparenza ma utilizziamo i filtri per migliorare i nostri selfie. Abbiamo capito che la cellulite ce la dobbiamo tenere, ma se possiamo eliminarla con Photoshop è meglio. "Sicuramente oggi siamo più attenti all'inclusività ma il modello di riferimento è sempre quello. L'inclusività oggi è ancora sulla carta, non è cambiato molto negli ultimi vent'anni. Anzi mentre prima il modello di bellezza, prendiamo un classico come la statua di Afrodite, si trovava al Museo o al massimo nelle pagine dei libri di storia dell'arte, ora il modello di bellezza è più che diffuso, arriva ovunque". E influenza tutte e tutti, grandi, piccoli, giovani e meno giovani, a qualsiasi latitudine. "Distogliere l'attenzione dai corpi e lavorare sulla cultura" è questa l'unica soluzione secondo Valdrè. "Anziché passare ore su Instagram, meglio cercare di convincere i nostri ragazzi a uscire, ora che si può. Andare al cinema, passeggiare. Proponiamo per loro dei modelli alternativi, facciamo in modo che la scuola diventi interessante e che non sia soltanto un obiettivo. Insegniamo loro ad avere degli oggetti del desiderio che vadano al di là del narcisismo. E cerchiamo di allargare il più possibile i nostri e i loro orizzonti".