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Opinioni

In Italia abbiamo le casalinghe più colte d’Europa: c’è bisogno di un bonus per la loro formazione?

Tre milioni di euro per corsi di formazione rivolti alle donne che hanno rinunciato al lavoro dedicandosi alla famiglia e alla casa. È il Bonus Casalinghe, contenuto nel decreto Agosto appena bollinato dal Governo. In un Paese in cui mancano asili, orari di lavoro flessibili e sostegno alla maternità, ha senso un’iniziativa del genere?
A cura di Giulia Torlone
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Non solo mascherina, lievito di birra, assembramenti e misure draconiane. Se c’è una parola, l’ennesima, che abbiamo scoperto di pronunciare più di quanto avessimo mai fatto prima è senza alcun dubbio bonus. Che sia quello per le bici elettriche, dell’Inps o di qualunque cassa privata, ogni mese ognuno di noi si è scoperto a invocarlo, reclamarlo, spesso addirittura (miracolosamente) ci si è trovati a ottenerlo.

Corsi di formazione per le donne che restano a casa

E proprio a colpi di bonus il Governo ha varato il dl Agosto, inserendone uno che ha già destato non poche polemiche: quello per le casalinghe. La ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti ne ha fatto il suo fiore all’occhiello definendolo “un embrione per un grande progetto di formazione con un fondo mai stanziato prima”. Il fondo a cui si riferisce la Ministra sono 3 milioni di euro, che non verranno distribuiti a pioggia come molti hanno inutilmente polemizzato (un calcolo di 40 centesimi a testa se pensassimo di distribuirli ai 7,4 milioni di casalinghe), ma indirizzati verso specifici corsi di formazione per l’inserimento delle donne nel mondo lavorativo, nel caso volessero farlo. Si può discutere sull’entità della somma che il Governo intende erogare, piuttosto irrisoria a fronte del numero in costante crescita di donne che si ritrovano involontariamente casalinghe, ma il problema è di fondo. Secondo un report dell’Istat di un mese fa, “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali”, le casalinghe italiane sarebbero le più colte d’Europa. A fronte di un generale livello d’istruzione tendente verso il basso (se confrontato con i fratelli europei), quello delle donne è di circa 4 punti percentuali in più. Eppure, una donna su tre al Nord e due su tre al Sud non lavora. Com’è possibile? Facile a dirlo: non può permetterselo. E i fattori sono molteplici: mancanza di supporto nella gestione della famiglia o della casa, minori possibilità di carriera, difficile accesso ad alcuni settori scientifici. Se la fotografia generale è questa, servono davvero dei corsi di formazione per le donne che non lavorano?

Bonus VS Riforme: il confronto con l'Europa

Sembrerebbe un passo falso del Governo, che non mette a fuoco il problema. Certamente il bonus, così com’è presentato, potrà essere un supporto utile per tutte quelle casalinghe che sono riuscite ben poco a costruirsi un proprio bagaglio di saperi. Abbiamo visto però che sono una percentuale piuttosto bassa rispetto alla totalità dei casi. Se diamo uno sguardo agli altri Paesi europei, notiamo subito una differenza sostanziale che può essere facilmente riassumibile: in Francia, come in Germania, l’emancipazione della donna passa attraverso il supporto economico e sociale quando decide di mettere al mondo dei figli. I cugini francesi hanno un apposito ente, la Caisses d'allocations familiales, che eroga pacchetti di sovvenzioni specifiche. C’è un assegno mensile per ogni figlio, che varia con il totale di bambini a carico, che arriva a 297 Euro.  In genere la prestazione dura fino ai 20 anni d’età, per i figli che non lavorano del tutto o percepiscono meno del 55% del salario minimo nazionale. All’assegno si aggiunge il premio di nascita, cioè un assegno di 927,71 euro per ogni neonato che sale al doppio in caso di adozione. In Germania è più o meno lo stesso, con assegni mensili che variano tra i 192 euro per i primi due figli e arriva a 223 per i successivi. Soldi erogati fino ai 25 anni di età.

Donne e famiglia: un binomio da campagna elettorale

Cosa c’entra questo con il bonus per le casalinghe? La sostanza della politica. La stessa differenza che c’è tra una riforma strutturale e un bonus elargito una tantum. Nel caso specifico, regalare un corso di formazione alle casalinghe più istruite d’Europa è paradossale. Motivo per cui, l’unico incentivo a permettere loro di entrare nel mondo del lavoro è solo e soltanto quello di capire che la realizzazione professionale è un elemento imprescindibile del welfare familiare. E su questa base la politica deve muoversi di conseguenza. Supporto economico alle neomamme, implementazione degli asili nido e orari di lavoro dinamici. In un quadro desolante come il nostro, dove la famiglia è sempre e solo un feticcio da sbandierare come valore da campagna elettorale, un bonus è la scelta più miope e furbesca che ci possa essere. Aggirare l’ostacolo senza volerlo saltare. Peccato che non ci sia più tempo per le mance, è il momento delle riforme.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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