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Opinioni

Il mondo del fumetto è ancora un affare per uomini. “Vogliamo essere ascoltate, non molestate”

Sono un collettivo di fumettiste, disegnatrici, ghost writer che lavorano o vorrebbero lavorare nel mondo del fumetto, ma che ogni giorno combattono con il sessismo e le molestie che, in questo settore, ancora poche denunciano. Per farlo hanno dato vita a Moleste, uno spazio dove qualsiasi fumettista può raccontare la sua esperienza e portare alla luce l’impossibilità che una donna ha di essere presa sul serio come professionista.
A cura di Giulia Torlone
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Non è ancora un Paese per donne, questo lo sappiamo. Le molestie, le differenze sul piano dei diritti, il gap salariale, sono delle costanti nella vita di ognuna di noi. Di alcune realtà conosciamo meglio le dinamiche, di altre invece ci sfuggono i particolari. La narrazione è sempre la stessa, la costante delegittimazione della professionalità femminile, ma giorno dopo giorno la voce di tante giovani donne si alza e fa rumore. È il caso di un gruppo di donne, fumettiste e disegnatrici, che si sono organizzate in un collettivo dal nome che già è indicativo: Moleste.

Il fumetto, un universo ancora al maschile

Si parla poco delle discriminazioni che una donna subisce nel mondo del fumetto. Eppure, se ci fermiamo per un attimo a riflettere, anche questo è stato per anni un mondo a completo appannaggio maschile. Grazie a Moleste, e al gruppo di professioniste che hanno creato questo movimento, sappiamo che non è stato per scelta o per casualità, ma perché il sessismo è parte anche di questo universo fatto di strisce e vignette. Gesti, battute fuori luogo, molestie più o meno velate sono la condizione in cui numerose professioniste del settore si sono trovate a dover gestire, la maggior parte delle volte in solitudine. Per scardinare questo meccanismo di imbarazzo e solitudine, Moleste ha deciso di raccogliere le testimonianze delle fumettiste, rigorosamente anonime, per comprendere meglio quanto sia difficile farsi largo in questo mondo. Dando uno sguardo alle voci raccolte, è facile rendersi conto di quanto sommerso ci sia da tirar fuori.

Lavoravo in una fiera del fumetto, e svolgevo il mio compito a contatto col pubblico e con gli autori. Durante quel periodo mi resi conto che, quando si chiacchierava con alcuni fumettisti, questi tentavano molto spesso di entrare in discorsi intimi, tipo sul mio orientamento sessuale o sulle mie preferenze, insistendo sui dettagli e sul mio “dovermi rilassare”. Realizzai che questo tipo di discorsi erano affrontati con me e non con gli altri collaboratori maschi. Una volta un editore ospite a una fiera in un momento di convivialità mi ha toccato il sedere. Ero paralizzata, non sapevo come reagire per non creare situazioni di imbarazzo. Poi lo stesso ha preteso il mio numero dai miei datori di lavoro, ma loro – corretti – hanno lasciato cadere la richiesta.

Un mondo di sopraffazione sta venendo a galla grazie a Moleste

Svilimento professionale, avance non richieste. Essere una donna è impresa ardua ovunque e il mondo creativo, come in questo caso, non fa alcuna eccezione. Dietro alla certezza dell'anonimato, Moleste cerca di portare a galla le esperienze che tante ragazze hanno vissuto e che non hanno mai avuto il coraggio di denunciare. "Abbiamo diritto di essere ascoltate e di essere prese sul serio da colleghi e amici, o di restare in silenzio. Abbiamo diritto di vivere secondo i nostri tempi e i nostri modi, senza che nessuno o nessuna ci dica come dobbiamo reagire. Solo noi possiamo valutare l’effetto che certi gesti hanno avuto su di noi" dicono le donne del collettivo. Essere una fumettista è, ancora oggi, un'identità da difendere con le unghie e con i denti. Perché la professionalità, quando si è donna, passa in secondo piano rispetto al proprio aspetto fisico, che diventa l'unico elemento da tenere in considerazione per una valutazione non richiesta, ma che per un collega uomo diventa necessario fare.

Ero in enormi difficoltà economiche, non riuscivo a vivere del mio lavoro. Mi ero rivolta a un autore che si era dimostrato disponibile e amichevole, per chiedergli una mano. Mi propose di fare sesso a pagamento con dei suoi conoscenti. E aggiunse che aveva contatti nel porno.

Abbiamo citato solo due delle numerosissime testimonianze raccolte dal collettivo, ma danno pienamente l'idea di cosa ci sia in ballo. La richiesta è semplice: che ogni donna possa fare il proprio lavoro con dignità. Che ogni donna possa imparare da professionisti senza dover schivare avance non richieste. Che ognuna di noi possa coltivare le proprie ambizioni senza timore e disegnare il proprio futuro con dignità.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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