I bambini e il rientro a scuola: perché tornare in classe a fare lezione per molti è così complicato
Prima aperte, poi chiuse, poi di nuovo aperte. Didattica a distanza, in presenza e poi integrata. Il balletto delle scuole, dall'asilo fino al liceo, che i ragazzi hanno dovuto affrontare quest'ultimo anno, sembra stia finalmente volgendo al termine. I bambini hanno ripreso a fare didattica in presenza fino alla prima media e sembra si stia ripristinando una parvenza di normalità. Ma la pandemia ha lasciato il segno, e sono tanti i bambini a provare dei sentimenti contrastanti verso la scuola. C'è chi è contento di tornare, chi ha paura, chi non vede l'ora di stare con gli amichetti e chi invece non vuole lasciare la mamma e il papà. "È stato un anno difficile per tutti e i bambini ora hanno tante incertezze: non sanno se le relazioni con i loro compagni saranno positive, se la scuola sarà diversa, se lo studio sarà duro, se ci saranno tanti compiti, se per qualche motivo dovranno smettere di nuovo di fare didattica in presenza" ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Marcella Mauro, psicologa e pedagogista di Humanitas Medical Care. E sono tanti, anche tra i più piccoli, ad aver iniziato ad accusare la sindrome della capanna o del prigioniero. "Hanno paura di allontanarsi dal loro nido sicuro, dai genitori con cui sono stati a strettissimo contatto in quest'ultimo anno. Anche se all'inizio è stato difficile abituarsi a non andare a scuola, a non fare una passeggiata al parco, oggi tutte queste abitudini hanno assunto un risvolto funzionale alla loro vita. E cambiare di nuovo può essere difficile".
Ansia e apatia: i segnali del malessere
Un genitore se ne accorge subito se c'è qualcosa che non va. Il bambino diventa di cattivo umore, ha degli improvvisi attacchi d'ira, sembra non appassionarsi più a nulla. "Anche i bambini possono accusare i sintomi della pandemic fatigue – spiega la psicologa – Alcuni segnali come l'ansia o l'apatia (quando hanno un appiattimento delle emozioni) o alcuni disturbi di tipo psicosomatico (come mal di pancia o mal di testa) sono segnali molto indicativi per le mamme e i papà". E poi c'è l'ansia da separazione, molti bambini che fino allo scorso anno non avevano difficoltà a lasciare i genitori per andare a scuola, oggi iniziano ad avere delle difficoltà. Alcuni sembrano anche avere avuto delle piccole regressione. "Succede soprattutto nei più piccoli. Delle tappe di sviluppo che erano già state superate (come il dito in bocca, l'uso del ciuccio o la difficoltà nel sonno) fanno di nuovo capolino". E in alcuni casi pure il rendimento scolastico è compromesso. "Molti sembrano avere difficoltà di concentrazione o di attenzione. Si tratta di abilità influenzate anche dalla tensione emotiva. Se non sono sereni questo stato d'animo si rifletterà anche sull'apprendimento".
In quale modo un genitore può aiutare il proprio bambino
Davanti a questo tipo di difficoltà è intanto necessario che il genitore non si allarmi. "Si tratta di situazioni risolvibili. E poi è importante non trasmettere ai figli le proprie angosce o paura. Ricordiamo che i bambini sono spugne, che assorbono e comprendono perfettamente quello che gli succede intorno". Se un genitore si rende conto che il proprio bambino è apatico, non va volentieri a scuola, fa qualche capriccio, il primo consiglio è avviare un dialogo. "Bisogna intanto accogliere le paure e i timori del bambino, senza giudicare o minimizzare". Vietato usare frasi come "Sei grande, devi essere coraggioso. Non fare i capricci da bambino piccolo". "Utilizzare un linguaggio del genere rischierebbe di farlo sentire inadeguato rispetto alla situazione. Dobbiamo parlargli e spiegargli che capiamo le sue preoccupazioni. Possiamo provare a dirgli che anche per noi adulti rientrare a lavoro può essere difficile e che insieme possiamo provare a superare queste ansie". Coinvolgiamolo nell'organizzazione di tutto il necessario per la scuola. "La sera prima chiediamogli di preparare lo zainetto insieme e poi ripristiniamo gli orari soliti, pre pandemia, e cerchiamo di far sì che vada a letto presto". Altrettanto importante è evitare di fare pressioni: "Rischia di essere controproducente – spiega la psicologa – Non insistiamo, non stressiamo i bambini. Cerchiamo di parlare con loro e di farci raccontare le paure, le preoccupazioni. E rassicuriamoli. Devono sapere che gli adulti sono qui per questo". Se la difficoltà persiste però è bene rivolgersi a uno specialista. "Se dopo un paio di settimane ci rendiamo conto che il bambino è ancora giù di morale, che ha degli scatti d'ira, che la separazione dal genitore è difficile, può essere utile chiedere un sostegno a uno specialista". Non bisogna temere o provare vergogna: si tratta di iniziare un percorso di famiglia, condiviso anche con gli insegnanti, all'interno del quale si pianificherà passo dopo passo la separazione. E poi proviamo a dare loro un'ulteriore parvenza di normalità portandoli al parco, facendoli giocare con gli amichetti in posti all'aperto. "Facciamoli avvicinare allo sport, facciamoli stare a contatto con la natura. Molti bambini in quest'ultimo anno hanno completamente perso queste abitudini e non escono volentieri di casa (non solo quando devono andare a scuola). Cerchiamo di riportare anche questo alla normalità".