Giornata mondiale dell’obesità: perché oggi combattere lo stigma del peso è più importante che mai
Every body needs everybody ovvero Ogni corpo ha bisogno di tutti. È questo il claim scelto per la Giornata Mondiale dell'Obesità 2021, un invito per tutti a preservare ogni tipo di corpo per una vita più felice, lunga e sana. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità l'obesità è una condizione medica caratterizzata da un accumulo di peso e grasso in eccesso. I numeri sono altissimi, nel mondo circa 800 milioni di persone devono fare i conti con questa condizione. I rischi connessi sono tanti: patologie cardiovascolari, diabete e ora sappiamo che anche il Covid si manifesta in maniera più grave nelle persone in sovrappeso. Ma oltre a sensibilizzare sui rischi che un eccesso di peso può causare, l'obiettivo di giornate come queste è anche contrastare lo stigma che da sempre si portano dietro le persone con obesità. Trovare un nuovo modo per affrontare questa condizione è più che urgente: bisognerebbe iniziare dal personale sanitario che troppo spesso usa un lessico giudicante nei confronti dei pazienti e smettere di colpevolizzare le persone con obesità additandole come pigre o prive di forza di volontà. Quest'anno il faro è quindi puntato sulla lotta agli stereotipi e al fat shaming dilagante.
Perché è sbagliato definire una persona obesa
Non si tratta di politicamente corretto, il primo passo per la lotta agli stereotipi e allo stigma passa anche dall'uso di un linguaggio più inclusivo e non offensivo. "L'obesità è una patologia. Non può essere usata come aggettivo per definire una persona – ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Simona Calugi, psicologa e presidente dell'Associazione Italiana per i Disturbi dell'Alimentazione e Peso – Non si può definire una persona obesa perché in questo modo la stiamo etichettando". Nel linguaggio comune inoltre la parola obeso si porta dietro anche altri concetti come mancanza di forza di volontà, pigrizia, debolezza. "Per questo motivo è importante che tutti noi, medici e operatori del settore compresi, facciamo attenzione a come usiamo le parole e a non usare espressioni giudicanti o severe".
Obesità non fa rima con pigrizia
Un altro punto su cui è bene fare chiarezza è proprio l'associazione obesità con mancanza di forza di volontà o pigrizia. È stato troppo facile fino a oggi colpevolizzare le persone per il loro peso. "Nelle società scientifiche ormai è stato acclarata l'inutilità di dire a una persona con obesità: mangia di meno, sforzati. L'obesità è una patologia multifattoriale e se proviamo a soffermarci sul suo lato psicologico ci rendiamo conto di quanto siano complessi i processi mentali dietro il controllo e la gestione del cibo". Questo non vuol dire neanche che chi ha un peso in eccesso soffra di una patologia di carattere psicologico. "Obesità non vuol dire essere in presenza di una psicopatologia. Semplicemente delle persone possono avere difficoltà a gestire la loro alimentazione: può dipendere dagli stimoli ambientali, oppure dalla gratificazione che si trae dal cibo. Il cibo è gratificante per tutti e non è strano che lo sia, ma non può essere l'unica o la principale fonte da cui trarre gioia".
L'atteggiamento giudicante
Il problema di chi soffre di obesità è avere a che fare con l'atteggiamento giudicante anche da parte di professionisti del settore sanitario. "Esiste un pregiudizio molto forte anche tra chi lavora in questo settore. E spesso è manifestato attraverso delle frasi o delle allusioni che mettono in difficoltà i pazienti. E la conseguenza è che le persone si allontanano o rinunciano a curarsi". Un atteggiamento che riguarda tutte le professioni d'ambito sanitario. "È bene che tutti gli specialisti, di qualsiasi ramo, siano attenti a non criticare e a non essere severi. Anche loro devono liberarsi dall'idea che basta avere forza di volontà per perdere peso".
La tv che contribuisce allo stigma dell'obesità
Al di là dell'attenzione che ancora oggi viene posta sui corpi, sul peso, sulle forme soprattutto sui social media, ci sono dei programmi televisivi che contribuiscono a instillare nelle persone la vergogna per la propria condizione e che lanciano il messaggio che questa patologia si possa curare in maniera definitiva se si ha abbastanza forza di volontà. "L'obesità è una patologia cronica che non si cura ma si può gestire nell'arco della vita. Con questi programmi si rafforza l'idea che l'impegno sarà premiato e che tutto si basi soltanto sulla propria forza di volontà". Il linguaggio usato è molto forte, i pazienti sono insultati e giudicati in continuazione. "Si punta sulla critica della persona, attraverso termini giudicanti o violenti che ormai sappiamo non essere utili per intraprendere un percorso di gestione della patologia".
L'importanza della consapevolezza
Chi soffre di questa condizione deve essere consapevole che si tratta di un problema che non sparirà da un giorno all'altro e che le statistiche sono tutt'altro che promettenti: a seguito di un forte dimagrimento infatti il 90% delle persone riprende il peso perso nel giro di 5 anni. "Il mantenimento a lungo termine è uno dei problemi più grandi per chi soffre di questa malattia, anche perché c'è una forte spinta biologica che ci porta facilmente a ritornare alla nostra condizione di partenza". Ma questo non vuol dire che non ci sia la possibilità di gestire questa condizione con un buon livello di serenità: "I processi cognitivi coinvolti sono importanti ma si possono imparare a riconoscere e gestire. Per questo può essere fondamentale capire come funziona il nostro modo di pensare e di relazionarci con l'alimentazione. Non si tratta di un processo facile, ma può essere utile per affrontare gli ostacoli che questa patologia ci mette davanti".La narrazione della perdita di peso come momento di rinascita a nuova vita è appunto una narrazione, l'obesità è una condizione cronica che non si cura definitivamente ma con cui si può convivere e che si può assolutamente imparare a gestire.