Cent’anni di ironia e intelligenza. Dopo pochi giorni dal compleanno-traguardo, Franca Valeri ci ha lasciati. A giudicare dai festeggiamenti a lei riservati solo dieci giorni fa, quando spegneva quella candelina dal valore di un secolo, è tangibile l’amore che tutti, dalle persone comuni ai personaggi dello spettacolo le hanno da sempre riservato. Lo stesso che si è riconfermato ieri, quando tutti abbiamo appreso la notizia della sua scomparsa.
Snob e popolana, i mille volti della libertà
Franca è stata la pioniera della comicità intelligente al femminile, quando per una donna era assai difficile guadagnarsi il palco a colpi di ingegno e capacità di intrattenimento di alto livello. Perfettamente a suo agio nella coppia Valeri-Caprioli, nei primi anni Sessanta, nel suo personaggio invadente e tanto amato. E ancora nella sua Signorina Snob, lei che snob non lo era stata mai.
Nata a Milano e romana di adozione, utilizzava i personaggi per mostrare agli italiani le due polarità dell’essere donna. La borghese del nord nella Signorina Snob, attraverso cui denunciava con sagacia l’ipocrisia di quella classe sociale e la popolana di Roma, l’intramontabile Sora Cecioni. Donne mammone, di borgata, borghesi, maschere che ci hanno fatto comprendere l’animo femminile e l’ipocrisia di quegli anni. “Sin da giovanissima sono sempre andata controcorrente, mi sono sempre impegnata a inventare qualcosa di diverso, di strano, inusuale, insomma qualcosa che non fosse già visto e noioso”. Franca Valeri è stata una donna che ne conteneva altre mille, con i loro animi contraddittori, con quel coraggio di inventare sempre una nuova sé per mostrare al mondo quanto può osare una donna semplicemente utilizzando la propria intelligenza.
Il femminismo come sentimento
È importante trasmettere alle giovani donne che non si dimentichino mai di essere intelligenti. Le donne sono importanti se sono coscienti di essere da questa parte dell'umanità. Si sa che sono necessarie, non si può farne a meno: e sapere questo è una forma di femminismo, anche se a me non è mai piaciuto il termine, però bisogna essere coscienti che non è una militanza, è un sentimento
Così Franca Valeri in un’intervista a Serena Dandini nella rassegna “L’eredità delle donne”, prima di ricevere le chiavi della città di Firenze dal sindaco Dario Nardella. Il femminismo come sentimento è ciò che animava Franca: il suo era un attivismo dell’intelligenza, fatto sulla scena per rendere dissacrante il ruolo precostituito della donna madre-moglie-figlia. L’intelligenza messa a servizio dell’ironia è quanto di più spiazzante che possa esistere, è la lezione principale che ci lascia a prescindere dalla sua arte. Perché lei femminista dichiarata non lo era mai stata, anzi, non sopportava affatto chi ne faceva una militanza. Eppure per assurdo ciò che più ci resta di Franca Valeri è proprio questa immagine di donna libera e padrona della sua vita fino all’ultimo giorno, appena compiuti cento anni. Per questo poco importano le etichette che decidiamo di affibbiarci o di affibbiare ad altri: la libertà femminile che ci ha regalato, il suo sguardo disincantato e lucido con cui ha portato in scena il mondo sono la testimonianza di quanto può osare una donna senza condizionamenti. E se per farlo ci aggiungiamo una giusta dose di ironia, è di gran lunga migliore.