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Elliot Page, non più Ellen. Imma Battaglia sulla star di Juno: “In Italia non sarebbe mai successo”

A che punto siamo in Italia con la rappresentazione della transessualità e dell’omosessualità femminile nei media? Lo abbiamo chiesto a Imma Battaglia, anche alla luce del post Instagram di Elliot Page che per la prima volta ha chiesto ai fan di essere chiamato così e non più Ellen. Nel nostro Paese la strada è ancora lunga e l’ipocrisia ancora troppa.
A cura di Giulia Torlone
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In Italia le lesbiche non esistono”. Inizia con una provocazione la chiacchierata di Fanpage.it con Imma Battaglia, attivista LGBT e compagna da dieci anni di Eva Grimaldi. Si va subito al sodo, al punto vero della situazione. L’omosessualità femminile, in Italia, è un enorme tabù su cui c’è una coltre di silenzio e omertà. Se negli ultimi anni stiamo assistendo a numerosi coming out da parte di uomini dello spettacolo, ultimo quello di Gabriel Garko, le lesbiche sono nascoste e trovano difficoltà a esporsi. “La questione vera è che nel mondo dello spettacolo si è ancora succubi dello sguardo maschile. In questo ambito lo sport è avanti anni luce. Il coming out femminile nel calcio o nella pallavolo ormai è all’ordine del giorno e ha smesso di essere un mondo ipocrita. Le donne dicono apertamente chi amano, senza nessun tipo di problema.” Con Imma, al telefono, cerchiamo di fare un elenco delle donne gay italiane che hanno dichiarato il loro orientamento sessuale: tranne le  tre o quattro più note, non riusciamo a tirare fuori altri nomi. “Ovviamente questa non è la realtà, perché sappiamo tutti che esistono, ma apertamente non lo dice nessuno”.

La rappresentazione nei media italiani: Gay forse, lesbica no

Anche la rappresentazione dell’omosessualità nei media e nel cinema ha ancora una lunghissima strada da fare. Se gli uomini iniziano a trovare spazio, il ruolo della donna lesbica italiana è ancora inesistente. “Netflix è ossessionato dalla rappresentazione della diversità e delle minoranze. Ultimamente per ogni ruolo stanno cercando una persona che anche nella realtà abbia quella preferenza sessuale o che appartenga a quell’etnia. E lo stesso vale per il doppiaggio. Non c'è più la presunzione di rappresentare le categorie con quella predominante, ma si va a cercare chi realmente viva quel mondo. Negli Usa è possibile perché la popolazione è immensa e perché hanno questa caratteristica di descriversi sempre secondo schemi precisi da cui non si sfugge. Se sei gay lo dici, uomo o donna che sia. In Italia questo non è possibile perché attrici lesbiche dichiarate non esistono. E pochi sono anche gli attori gay. Quindi troviamo l’etero che interpreta ruoli omosessuali”.

Elliot Page: l'America non è l'Italia

Non potevamo, a questo punto, non discutere di Elliot Page. Attore conosciuto fino a ieri come Ellen Page, nata donna e famosa protagonista di Juno e The Umbrella Academy. Ieri in un post ha dichiarato la sua volontà di cambiare nome e racconta di aver intrapreso un percorso di transizione. “Questo in Italia non sarebbe mai successo. In America appartenere a una categoria ben precisa è un valore non negoziabile e tutti vengono rappresentati. Elliott, nel fare la dichiarazione che ha fatto, sapeva di avere un suo spazio e una comunità di appartenenza. Nel nostro Paese non si parla apertamente neanche di omosessualità, figurarsi della transizione di genere. Eppure la politica e il mondo manageriale è pieno di gay, dove tutto l’ambiente intorno sa, ma nessuno lo dice”.

Le nuove generazioni hanno fatto cadere i tabù

Imma Battaglia, però, crede fortemente che le nuove generazioni abbiano tutto un altro approccio verso la propria identità sessuale. “Tra quattro o cinque anni, arriveremo al punto in cui tutti questi tabù saranno un ricordo. I ragazzi di oggi hanno un altro approccio, l’omosessualità non desta più scandalo, sono un passo avanti. Io non sono neanche d’accordo sulle etichette, di nessun genere, ma oggi se utilizzarle vuol dire mandare un chiaro messaggio di libertà allora ben vengano. Tra non molto però non serviranno più.” Già, perché dichiararsi, oggi, resta ancora un salto da fare che comporta coraggio e fatica. Non solo nella vita privata, ma anche nel lavoro, dove si rischiano intere carriere. “Oggi, le donne che si dichiarano lo fanno a fine carriera, in tarda età. Eppure nella società la gente è molto più pronta di quanto si pensi. Ma questo neanche la politica l’ha capito. Vogliamo credere che al Governo siano tutti eterosessuali?”.

Niente più famiglia del Mulino Bianco, esistono le famiglie

Se la politica non dà il buon esempio, i media americani aiutano alla corretta rappresentazione del mondo, che non è più quello che passava la tv degli anni 90. “Non c’è solo la rappresentazione del gay, nelle serie tv Usa viene scalzata anche l’ipocrisia familistica tipica del nostro Paese. Sullo schermo, finalmente, esistono tanti tipi di famiglie. Famiglie che esistono nella realtà e che non sono per forza formate da madre, padre e due figli”. Quello che manca in Italia è proprio la presa di coscienza, nella comunicazione, della diversità della società, dove il tabù dell’orientamento è ancora marcato e dove la paura di esporsi è ancora palpabile. Imma Battaglia, prima di salutarci, aggiunge: “Potremmo dire di essere arrivati alla meta nel momento in cui non avremo più bisogno di dichiarare chi siamo”. La diversità come valore, prima di tutto.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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