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Deborah Colucci de La Caserma: «La maggior parte delle posizioni di comando sono occupate da uomini»

Deborah Colucci è una delle istruttrici del docu-reality di Rai 2 “La Caserma”. In realtà lei indossa la mimetica anche nella sua vita privata: è infatti un’allenatrice militare. A Fanpage.it si è detta certa che le donne in questo settore, dove sono entrate relativamente da poco, avranno sempre più spazio.
A cura di Giusy Dente
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Deborah Colucci
Deborah Colucci

Il 1999 ha segnato un momento epocale nella storia delle forze armate: è diventato possibile per le donne arruolarsi volontariamente nel servizio militare, grazie alla legge 380/99. Fino a quel momento, non esistevano donne con la mimetica: donne come Deborah Colucci. Lei in nome dei valori della patria ha abbracciato la disciplina militare portandola nella propria vita, facendone molto più che una professione: una missione. L'istruttrice fa parte del cast de La Caserma. Il docu-reality di Rai 2 vede protagonisti alcuni ragazzi della Generazione Z, inseriti in un contesto del tutto nuovo per loro e alle prese con addestramenti, rigide regole da rispettare, lontani da cellulari e social network. Deborah Colucci nella vita reale ricopre la stessa carica in cui la vediamo in televisione. A Fanpage.it ha raccontato cosa significa per le donne oggi indossare la mimetica, guardando anche ad un futuro dove lo spazio per loro nell'esercito sarà sicuramente sempre maggiore.

Essere una donna nell'esercito

Come per tutte quelle professioni che a lungo sono state monopolizzate al maschile, anche nel mondo dell'esercito ci sono ancora alcuni pregiudizi nei confronti delle donne che decidono di intraprendere questa carriera "da uomini". La stessa Debora a Fanpage.it ha spiegato che c'è ancora un certo stupore nel vedere una donna indossare la mimetica: «Molte volte ho visto negli occhi delle persone lo stupore, a volte addirittura lo sguardo interrogativo, nel vedere una donna in divisa ma credo che questo possa essere il modo migliore per invogliare altre donne ad intraprendere lo stesso percorso e sono sicura che dopo un iniziale scetticismo l’uniforme suscita orgoglio e ammirazione». Nel suo caso, ha sempre avuto le persone care dalla sua parte e si è sentita libera di fare questa scelta per certi versi controcorrente: «La mia famiglia così come i miei amici mi hanno sempre incentivato nell’intraprendere questa carriera. Mi sono sempre sentita dire che da grande avrei potuto fare ciò che volevo, che non ci sono limiti ai propri sogni e che avrei potuto scegliere per lavoro qualsiasi cosa mi appassionasse veramente senza preclusioni e così è stato».

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Quando una professione diventa una missione

Per lei il richiamo della mimetica è stato più forte di tutto e ha scelto la carriera militare con grande convinzione e per diversi motivi: «Per l’onore di difendere il mio Stato e l’orgoglio nell’indossare una divisa che rappresenta il mio Paese ed i valori in cui credo, anche se ovviamente questo compito ricopre di una grandissima responsabilità. Quella di essere sempre all’altezza della situazione, di essere disciplinato, padrone di te stessa e di servire il prossimo. Indossare un uniforme implica anche una certa prestanza fisica: in quel momento stai rappresentando il tuo Paese e questo non bisogna mai dimenticarlo». E non bisogna mai dimenticarsi della propria forza, del proprio valore, della propria determinazione, visto che comunque c'è uno scoglio in più da affrontare, che deriva dall'essere numericamente (e solo numericamente) molto inferiori: «La donna nell’esercito è oramai una figura affermata con la stessa preparazione di un collega, ma con una forza maggiore dovendosi rapportare con un ambiente ancora oggi prevalentemente maschile». Nel suo vissuto non ci sono esperienze di discriminazione di genere, sente di essere stata sempre valutata e considerata solo per la sua professionalità: «Proprio il cameratismo e il sostenersi l’uno con l’altro sono le basi del principio militare. Certo forse per i servizi più gravosi ci si orienta verso la figura maschile ma sicuramente non possiamo chiamarla discriminazione ma lo definirei come un modo per ottimizzare le risorse che si hanno a disposizione».

Deborah Colucci
Deborah Colucci

La disciplina militare sbarca in tv

Con la stessa passione messa nella vita privata, anche in questa esperienza televisiva Deborah ha dato il massimo: «La mia idea era quella di riavvicinare i giovani ai valori della Patria, della disciplina militare e della storia che purtroppo oggi sembrano ormai persi. Ho dunque pensato che partecipare ad un programma televisivo che avrebbe avuto come pubblico principale ragazze e ragazzi di ogni età potesse aiutarmi a raggiungere il mio scopo». Con la sua partecipazione ha voluto testimoniare che una donna non dovrebbe sentirsi scoraggiata nell'intraprendere un determinato percorso, solo perché tradizionalmente maschile. Le possibilità ci sono: «Anche se ad oggi la maggior parte delle posizioni di comando in Italia sono occupate da personale di sesso maschile, c’è da ricordare che l’Italia è stata l’ultima tra le nazioni aderenti alla NATO a consentire l’arruolamento femminile. Sono trascorsi solo 20 anni da quel lontano 2000 quando le prime donne varcarono i cancelli delle caserme italiane, quindi piano piano recupereranno il tempo perduto e presto le vedremo nelle posizioni di vertice dell’ordinamento militare». E infatti a La Caserma ha dimostrato che credere nei propri sogni e portare avanti ciò in cui si crede premia, perché consente di mandare la propria vita esattamente nella direzione che si desidera.

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