Congedo retribuito di 3 giorni per le coppie che subiscono un aborto: la proposta in Nuova Zelanda
L'interruzione di gravidanza è una scelta sofferta per una donna, ma non per tutte (come dimostra la recente storia di Alice Merlo). Si tratta però in entrambe le situazioni di qualcosa su cui ancora gravano molti stereotipi e pregiudizi, nonché una forte pressione sociale. L'aborto è sicuramente ancora un tabù nella nostra società, stigmatizzato anche da una narrazione non sempre completa. Perché è vero: per alcune superare il trauma è un percorso lungo che richiede tempo e aiuto, ma per altre si tratta si un atto portato avanti con una consapevolezza tale da renderlo meno drammatico di quanto si pensi. Eppure per molti è inaccettabile la scelta di interrompere la gravidanza, che resti una cicatrice per tutta la vita o che si riesca ad andare avanti serenamente. Si può o meno essere d'accordo con questa posizione, che non andrebbe però portata avanti puntando il dito e mettendo un carico gravoso sulle spalle di chi non ha fatto altro che prendere una decisione sul proprio corpo, in nome del diritto all'autodeterminazione e tra l'altro senza infrangere alcuna legge. Ed è proprio la legge che in alcuni casi viene maggiormente incontro alle donne, che si tratti di aborto volontario o spontaneo (che mette ancora di più a dura prova la coppia). In Argentina ci sono voluti anni di lotte per arrivare al riconoscimento di questo diritto, che nel frattempo è stato invece in Polonia fortemente limitato. Tutto questo mentre in Nuova Zelanda arriva il congedo retribuito in caso di morte di un feto.
Il disegno di legge della Nuova Zelanda
Mercoledì il parlamento neozelandese ha approvato all'unanimità una legge a tutela delle coppie che subiscono un aborto spontaneo o il cui bambino nasce morto. La misura in questione prevede tre giorni di ferie retribuite, una proposta che va a completare quanto già presente nella normativa del Paese. Già esisteva, infatti, una normativa che prevedeva ai dipendenti il riconoscimento, da parte del datore di lavoro, di tre giorni di ferie in caso di feto perso a 20 settimane o più. La nuova normativa amplierà quel permesso, che sarà esteso alle gestazioni di qualunque settimana, dunque ad aborti sopraggiunti in qualunque fase della gravidanza. Il disegno di legge in questione nasce per dare il massimo supporto alle coppie che subiscono la perdita di un bambino ed è un’idea della parlamentare laburista Ginny Andersen. L’approvazione dovrebbe arrivare nelle prossime settimane. "Questa legge migliorerà la vita ai neozelandesi" ha scritto su Facebook.
"L'aborto è una perdita che richiede tempo"
Le basi del disegno di legge neozelandese di devono alla scrittrice Kathryn van Beek, autrice di un libro in cui ha descritto la propria esperienza di aborto. È stata pubblicamente ringraziata dalla Andersen, che si è resa conto della necessità di dare il massimo supporto alle coppie che subiscono la perdita di un bambino. La misura non si applicherà agli aborti volontari, ma solo a quelli spontanei, così da dare il massimo supporto a coloro che troveranno difficoltoso tornare immediatamente alla vita di sempre, ai ritmi quotidiani, ma preferiranno prendersi un po’ di tempo per elaborare il dolore. Nel resto del mondo esistono misure simili. Per esempio in Australia le donne che abortiscono hanno diritto a un congedo non retribuito, se la perdita del feto avviene dopo la dodicesima settimana. È previsto congedo retribuito in Gran Bretagna, ma solo dopo la 24esima. "L'approvazione di questo disegno di legge dimostra ancora una volta che la Nuova Zelanda sta aprendo la strada a una legislazione progressista e compassionevole. Darà alle donne e ai loro partner il tempo di venire a patti con la loro perdita senza dover attingere a un congedo per malattia. Perché il loro dolore non è una malattia, è una perdita. E la perdita richiede tempo" ha scritto la parlamentare.