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Opinioni

Britney Spears non è solo un’icona pop. Ancora oggi è l’emblema della violenza sul corpo femminile

La carriera di Britney Spears è stata costellata di misoginia e voyerismo: per anni la stampa e i fotografi hanno scandagliato la sua vita privata, le sue relazioni e il suo corpo. Un documentario prodotto dal New York Times, “Framing Britney Spears”, ricostruisce l’ossessione dei media per la popstar e la situazione in cui la nota cantante si ritrova oggi: vittima di una “conservatorship”, ovvero una tutela legale da parte del padre, che le ha perso il controllo della propria vita.
A cura di Giulia Torlone
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“I'm so curious, what do you think of me?” cantava nel 2009 Britney Spears, icona mondiale pop che di certo non ha bisogno di presentazioni. Nonostante non stia calcando le scene da un po’, da qualche settimana si è tornati a parlare di lei dopo l’uscita del documentario Framing Britney Spears, prodotto dal New York Times e disponibile sulla piattaforma streaming americana Hulu, che sta scuotendo fan e colleghi della cantante.

#FreeBritney, l'hashtag per la liberazione della popstar

Da un paio di anni, sui social è apparso un hashtag particolare, che vale la pena approfondire: è #FreeBritney, che chiede di ripristinare la libertà economica e personale della Spears. Ma cosa è successo? Sin dal 2008, dopo il famoso crollo nervoso dell’anno prima, che l’ha portata anche a rasarsi i capelli, Britney è sotto custodia da parte del padre Jamie Spears. Negli Usa esiste una legislazione chiamata “Conservatorship” per cui un giudice nomina un tutore per proteggere gli interessi di qualcuno che non è in grado di gestire i suoi affari. Questa conservatorship può non riguardare soltanto la gestione di un bene o di un patrimonio, ma anche quello delle attività quotidiane della persona sotto custodia. È proprio quest’ultimo il caso a cui è sottoposta Britney Spears da ben 13 anni. Non può gestire il suo patrimonio (stimato in 53 milioni di dollari), non può decidere se e quando lavorare, chi può frequentare, quando vedere i suoi figli e muoversi liberamente senza chiedere il permesso a suo padre. Molti hanno storto il naso, considerando che la Conservatorship solitamente si applica alle persone anziane o disabili, non di certo nel caso di una ragazza di 39 anni che ha dato prova di riuscire a lavorare e portare avanti intere tournée. Nel documentario del NYT sono molti a pensare che questa tutela sia un modo, neanche troppo velato, per usufruire del denaro della popstar usando la scusa che non sia totalmente capace di intendere e volere. Considerando, tra l’altro, che non è stata fatta un’ulteriore perizia per capire l’esatto stato di salute di Britney, costretta ad accettare qualunque abuso pur di riuscire a vedere i propri figli.

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La sessualizzazione del corpo e l'accanimento dei media

Al di là di questa vicenda, che ha visto prese di posizione di noti volti dello star system a colpi di #FreeBritney come Chiara Ferragni o Courtney Love, il documentario ripercorre, a distanza di vent’anni, la scalata al successo della Spears e ne mostra tutta la violenza e la misoginia a cui la giovane è stata sottoposta sin dagli esordi. La ricostruzione dettagliata è dell’aggressività dei media, dell’ossessione sul suo personaggio e sulla sua vita privata, sull’accaparrarsi degli scatti che potevano valere fino a un milione di dollari. Sin dall’inizio della sua carriera da cantante, quando aveva 19 anni e presentava il suo singolo Baby one more time nei centri commerciali, la sua immagine è stata sessualizzata. Le interviste, condotte esclusivamente dagli uomini, vertevano costantemente sulla sua verginità e sul suo seno. All’epoca era fidanzata con Justin Timberlake e al momento della rottura, quando lui scrisse il famoso pezzo Cry me a river, l’opinione pubblica si accanì su di lei e su un presunto tradimento che avrebbe spezzato il cuore al giovane cantante. Una visione univoca e misogina, dove la stampa demonizzava lei facendola apparire come libertina e il povero Timberlake come un uomo dal cuore spezzato. Solo ora, dopo un’enorme pressione del pubblico, Justin ha affidato a Instagram le sue scuse. Nel post scrive: "Ho letto i messaggi, tag, commenti e critiche e voglio rispondere. Sono profondamente dispiaciuto per quel periodo della mia vita dove le mie azioni hanno contribuito a creare problemi, dove parlavo troppo o non lo facevo nel modo giusto. So che non sono stato all'altezza in quei momenti e in tanti altri ho beneficiato di un sistema che condanna la misoginia e il razzismo."

Pubblico e privato, nessun confine

Come esempio del trattamento subito da Spears dai media, nel documentario si ricostruisce l’intervista del 2003 con la giornalista Diane Sawyer, che fece alla cantante allora 21enne delle domande sulla sua vita sessuale e sulla fine della sua relazione con Justin. Sawyer la accusò di aver tradito l’ex compagno dicendole: “Gli hai fatto delle cose che lo hanno fatto soffrire molto. Cosa gli hai fatto?”. Kendel Ehrlich, moglie dell’ex governatore del Maryland, aveva detto che avrebbe voluto spararle perché era un cattivo esempio per le ragazzine per il modo in cui si vestiva e si comportava, e le chiese anche conto di quando aveva detto che non avrebbe fatto sesso prima di sposarsi. L’opinione pubblica, i media, la politica erano ossessionati dall’immagine di Britney Spears e non hanno mai celato la disparità di atteggiamento di fronte a un personaggio femminile e maschile.

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Il crollo nervoso dopo una vita da gossip

I paparazzi la seguivano ovunque, letteralmente. Bussavano ai finestrini della sua auto, si arrampicavano sul tettuccio, pur di avere degli scatti non posati. La sua vita privata era inesistente. Spesso non tratteneva neanche le lacrime, ammettendo e raccontando quanto si sentisse triste, sola, usata e data in pasto al gossip. Il punto più basso, nella storia pubblica di Britney arriva quando la sua vita personale tocca il fondo. L’abuso di alcol, l’amicizia con Lindsay Lohan e Paris Hilton e la famosa immagine in cui prende la macchinetta e si rasa i capelli mentre l’obiettivo di una macchina fotografica la sta riprendendo. E poi, ancora, il tso obbligatorio, la custodia negata dei figli, ogni dramma è stato seguito da un codazzo di reporter. Nessuno ha mai trattato la vita della popstar con la delicatezza che avrebbe meritato, nessuno si è mai sentito in colpa per aver ridotto una giovane in quelle condizioni. Perché il crollo psicologico di Britney Spears è stato il risultato di un voyerismo senza controllo, di appropriazione del suo corpo e della sua sfera familiare solo per vendere tabloid e preziose fotografie. Ancora oggi si ironizza sul 2007, anno in cui la Spears smise di sopportare quel tipo di pressione e di immagine che il mondo le aveva affibbiato. Ora, a distanza di più di dieci anni, non ha ancora diritto alla propria vita, ai propri figli, dipendente da un padre con cui non è mai andata d’accordo. I fan stanno facendo rumore per donarle la libertà, tutti noi invece non dimentichiamo che dietro un personaggio noto c’è sempre una storia privata da tutelare e raccontare con delicatezza.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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