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Arianna, dopo 5 anni la diagnosi di vulvodinia: “È straziante, porta quasi alla disabilità”

Arianna dopo anni di tentativi è arrivata alla diagnosi che ha dato risposta ai suoi sintomi: vulvodinia. A Fanpage.it ha raccontato com’è convivere con questa malattia.
A cura di Giusy Dente
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in foto: Arianna Trabalzini
in foto: Arianna Trabalzini

Di recente si è cominciato a dare più attenzione alla vulvodinia, una parola con cui fino a questo momento si aveva ben poca familiarità. La modella Giorgia Soleri ha affidato ai social il suo racconto, per far luce su una problematica che non è affatto rara, perché riguarda 1 donna su 7. E molte altre non lo sanno nemmeno, perché è una malattia difficile da diagnosticare: ci possono volere anche cinque anni. Nella sua forma più acuta presenta sintomi fortemente invalidanti, difatti la stessa Soleri ha aperto una porta sulla sua quotidianità fatta di dolori e sacrifici. Esporsi così tanto è stato un gesto significativo, perché ha reso meno ‘invisibile' una malattia che per tutti era tale per definizione: per tutti tranne per le tante donne che ci convivono. Arianna Trabalzini è una di queste. A Fanpage.it ha raccontato quanto è stata lunga la strada verso la diagnosi e si è soffermata sull'importanza del riconoscimento della malattia da parte del Sistema Sanitario Nazionale.

La lunga strada verso la diagnosi

Immaginate di avere 18 anni, di essere nel pieno dell'esplorazione del corpo e della sessualità e di vivere qualcosa che non trova riscontro nel vissuto delle amiche e che diventa difficile anche da comunicare al partner. Per Arianna è stato esattamente così, come ha raccontato a Fanpage.it: "Tutto inizia verso i 18 anni a un anno dal primo rapporto, quando inizio a sviluppare la cistite post coitale. Era intollerabile: succedeva dopo ogni rapporto". A questo nel tempo si sono aggiunti altri sintomi, che le hanno molto condizionato la quotidianità: peso vescicale, bruciori spontanei, pruriti. Ma nonostante i tanti tentativi e le tante visite ginecologiche, nessuno sapeva mettere in ordine il suo quadro clinico: "Ottenevo sempre le stesse risposte e nessuna si avvicinava minimamente a quello che ho io". Decisivo è stato un video trovato online in cui si parlava di vulvodinia, perché si è ritrovata in quella narrazione: "Ho riconosciuto alcuni sintomi e ho pensato: forse mi riguarda, potrei rientrare in una forma lieve di questa patologia. La parte acuta del problema, la vera vulvodinia è straziante, porta quasi alla disabilità". Il momento della diagnosi è stato liberatorio: "Un grande sollievo, sono scoppiata a piangere".

Arianna Trabalzini, foto via Instagram @ohmiseriaccia
Arianna Trabalzini, foto via Instagram @ohmiseriaccia

Cosa significa avere la vulvodinia

Diagnosticare la vulvodinia è difficile: "Il problema sta nella formazione: non tutti hanno preso le giuste specializzazioni" ha spiegato Arianna. Lei ci ha impiegato cinque anni: "La mia vulvodinia si origina da una contrattura al pavimento pelvico da cui si originano le cistiti. Non è mai stata identificata e rapporto dopo rapporto, cistite dopo cistite si è originata la vulvodinia. La contrattura preme sui nervi e si arriva alla neuropatia: nervi impazziti che danno impulsi sbagliati, quindi avvertiamo dolore anche solo al tatto. Spesso mi chiedono: se mi rivolgo a un ginecologo riesco a fare la valutazione del pavimento pelvico? In generale no, bisogna rivolgersi ad altre figure". Oltre alle donne che sviluppano la malattia in forma davvero drammatica, nella sua espressione più acuta, ci sono anche quelle che avvertono sintomi più lievi ma non per questo da sottovalutare, perché incidono molto sulla quotidianità. Alcune donne sperimentano bruciori, pruriti, cistiti, vaginiti, candida, dolore durante i rapporti: sono le cosiddette red flags, le bandierine rosse.

Arianna Trabalzini, foto via Instagram @ohmiseriaccia
Arianna Trabalzini, foto via Instagram @ohmiseriaccia

Migliorare la propria vita è possibile

Molte donne minimizzano i sintomi della vulvodinia, li identificano come sopportabili o come normali: ci si abitua a soffrire quando invece basterebbe affidarsi agli specialisti giusti per migliorare la qualità della propria vita attraverso le giuste cure e le giuste accortezze. Arianna in questi anni ha collezionato molta esperienza in merito. Ha dovuto cambiare abitudini e anche modo di vestire: "Indossare meno possibile l'intimo, sceglierlo delicato (bianco, in cotone, in tagli meno invasivi con la pelle possibile). Indosso solo pantaloni larghi, confortevoli oppure gonne. Alcune donne comprano delle calze col cavallo ritagliato, che quindi non sono a contatto con la cucitura. Si impara a comprare un detergente non aggressivo e a non usarlo quotidianamente, l'assorbente interno è impossibile, si usano lubrificanti e creme lenitive".

foto via Instagram @vulvodiniapuntoinfo_onlus
foto via Instagram @vulvodiniapuntoinfo_onlus

Arianna oggi è attivamente impegnata nel fare divulgazione e sostiene la battaglia per il riconoscimento da parte del SSN. Sarebbe un grande aiuto economico, perché renderebbe meno gravose le spese necessarie che le donne con vulvodinia devono affrontare (non solo visite costanti, ma anche l'acquisto di creme e lubrificanti, la fisioterapia, eventuali spostamenti per raggiungere gli specialisti).

Arianna Trabalzini, foto via Instagram @ohmiseriaccia
Arianna Trabalzini, foto via Instagram @ohmiseriaccia

Ma sarebbe anche un segnale, sarebbe un grande gesto per dare finalmente voce a qualcosa che è sempre stato etichettato come invisibile o peggio come inesistente: "Sarebbe un modo per dare spazio alle donne, ce n'è tanto bisogno in questa società, non abbandonarle, dare modo ai medici per non rimandare a casa l'ennesima ragazza. Ricordo quanto tornavo scoraggiata da ogni visita: ne risenti tu fisicamente e psicologicamente, ti abbatti, ti chiedi perché, ne risente anche la relazione di coppia". Invece la vulvodinia esiste e queste donne chiedono che venga data voce al loro dolore, dopo anni di invisibilità.

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