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Violenza ostetrica: tutte le testimonianze

Violenza ostetrica: quando i maltrattamenti sulle donne si verificano in sala parto

Sono tantissime le donne che durante il parto fanno esperienza di abusi fisici o verbali, procedure mediche coercitive o altre forme di maltrattamento. In Italia, nonostante le raccomandazioni del Consiglio d’Europa e il report delle Nazioni Unite, non esiste nessuna legge che tuteli le donne in sala parto.
A cura di Francesca Parlato
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Per capire che cosa è la violenza ostetrica bisogna mettere da parte tutta la retorica che il parto si porta dietro e fare i conti con il fatto che molte, moltissime, donne (in tutto il mondo) durante il parto subiscono maltrattamenti di vario tipo. Dagli abusi verbali a quelli fisici, dalle procedure mediche coercitive alla violazione della privacy. "Un quadro allarmante". Così lo ha definito l'Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 2014 ha preso posizione sul tema della violenza ostetrica attraverso un documento dal titolo La prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere. Il primo paese a riconoscere giuridicamente questa forma di violenza è stato il Venezuela nel 2007, all'interno della "Legge organica sui diritti delle donne per una vita libera da violenza" definendola come:

Appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario, che si esprime in un trattamento disumano, nell’abuso di medicalizzazione e nella patologizzazione dei processi naturali avendo come conseguenza la perdita di autonomia e della capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità, impattando negativamente sulla qualità della vita della donna.

La posizione dell'OMS e le diverse forme di violenza

Come sempre le parole semplificano e anche se l'aggettivo utilizzato è "ostetrica", questo tipo di violenza non è perpetrata esclusivamente da chi ricopre questo ruolo, ma può essere provocata da tutto il personale sanitario – ginecologi, infermieri, anestesisti – che assiste una donna durante una gravidanza e principalmente durante il parto. Come si legge nel documento dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la violenza può assumere diverse forme. Può essere ad esempio un abuso fisico diretto. "Come quando le donne ricevono schiaffi sulle gambe – chiarisce a Fanpage.it la dottoressa Elena Skoko, fondatrice dell'Osservatorio sulla violenza ostetrica in Italia. – o vengono legate durante il parto". In altri casi si tratta di abusi verbali: "Spesso le donne ricevono insulti o commenti non richiesti come: non sei capace, sei grassa, sei giovane, hai voluto un figlio ora ti tocca soffrire". Un'altra forma di violenza, come riportato dall'OMS, è l'applicazione di procedure mediche coercitive: "Pensiamo alle donne – continua Skoko – che sono sottoposte senza una vera necessità al taglio cesareo o a un'episiotomia senza consenso, all'induzione con ossitocina, oppure a manovre sul fondo dell'utero come la manovra di Kristeller che a volte non è neanche riportata nella cartella clinica. In casi estremi troviamo addirittura donne che hanno subito una sterilizzazione forzata, succede soprattutto a chi ha origini rom".

Violenza è anche violazione della privacy

Tra le varie forme che la violenza ostetrica può assumere, come si legge ancora nel documento dell'OMS, c'è anche la violazione della privacy. "Molto spesso le donne si ritrovano a partorire in ambienti comunitari, alla mercé di medici, infermieri, senza alcuna tutela dalla propria riservatezza". Un'altra carenza si riscontra nel campo del consenso informato. "Non parliamo di situazioni dove c'è da scegliere tra la vita e la morte della paziente e in quel caso il medico ha il diritto e anche il dovere di ‘sopraffare' la paziente pur di salvarla. Ma in condizioni di serenità è necessario prima di eseguire qualsiasi manovra sul corpo di una donna informarla su ogni passaggio". Anche ignorare il dolore, rifiutarsi di offrire un'adeguata terapia per il suo trattamento, è una forma di violenza, secondo l'OMSf. "La donna deve poter scegliere se fare o meno l'epidurale, deve poter scegliere di muoversi durante il travaglio, di ascoltare musica, fare una doccia – continua Skoko – Bisognerebbe assecondare il suo dolore senza minimizzarlo, evitare che la donna resti inascoltata. Se la donna è preoccupata deve essere rassicurata e non ignorata". Una forma di violenza può essere anche la mancata assistenza all'allattamento. "A volte al neonato viene somministrato del latte artificiale mentre sono al nido, con la conseguenza che potrebbe essere molto più difficile un suo successivo attaccamento al seno". Infine c'è un'ultima forma di violenza ostetrica sottolineato dall'OMS. "Il rifiuto di ricezione e la detenzione. Può succedere che a una donna senza possibilità economiche (non si tratta dell'Italia fortunatamente) vengano negate le cure per il parto. Oppure, e questo può succedere anche da noi nel caso dell'Intra Moenia, che una donna a cui sia stato praticato il taglio cesareo anziché il naturale (con un relativo aumento del costo) non abbia la possibilità di pagare e non possa uscire dall'ospedale".

Le conseguenze della violenza durante o dopo il parto

In tutti questi casi la donna smette di essere soggetto, ma diventa oggetto di cura. Fino a pochi anni fa era difficile anche solo inquadrare questo tipo di abusi, e molte donne pur avendo subito una di queste forme di maltrattamento e pur avendo riconosciuto questi comportamenti come lesivi dei propri diritti, avevano difficoltà a parlarne. Non è un caso se lo slogan scelto dall'Osservatorio per la prima campagna contro la violenza ostetrica è stato proprio "Basta tacere". "Il problema è stato ed è ancora oggi la normalizzazione di questo tipo di comportamento. Molte donne raccontano di aver subito veri e propri traumi che spesso, proprio a causa della normalizzazione, anche gli psicologi tendono a minimizzare, provocando così nella donna un senso ancora più forte di solitudine". Le conseguenze poi si riverberano anche sul piano fisico. "A volte le donne con difficoltà di allattamento sono dimesse dall'ospedale senza che sia stato fornito loro alcun aiuto. E quando i bambini non si attaccano possono insorgere delle mastiti che aggravano le condizioni della puerpera. In altri casi succede invece che il cesareo o alcune manovre come l'episiotomia possono avere conseguenze anche a lungo termine sul piano fisico, ad esempio l'incontinenza".

Le indicazioni dell'OMS

Nello stesso documento in cui l'OMS definisce la violenza ostetrica, identificando tutte le forme che può assumere, sono tracciate anche una serie di indicazioni che gli Stati dovrebbero adottare per tutelare le donne da questo tipo di maltrattamenti. Si legge nel documento che: "Abuso, negligenza o mancanza di rispetto durante il parto possono condurre alla violazione dei fondamentali diritti umani della donna, come descritto nelle norme e nei principi dei diritti umani adottati internazionalmenteIn particolare le gestanti hanno il diritto a pari dignità, ad essere libere nel cercare, ricevere e rilasciare informazioni, ad essere libere dalla discriminazione, e ad usufruire del più alto standard raggiungibile di salute fisica e mentale, inclusa la salute sessuale e riproduttiva". Ai governi viene consigliato di svolgere ricerche per identificare abusi e maltrattamenti, di avviare programmi per migliorare l'assistenza alla maternità, di mettere in evidenza i diritti delle donne all’assistenza dignitosa e rispettosa durante la gravidanza e il parto, creare un sistema di responsabilità e di sostegno professionale significativo e infine coinvolgere tutte le parti interessate, incluse le donne, negli sforzi per migliorare la qualità dell’assistenza per eliminare trattamenti irrispettosi e abusi. Nonostante queste indicazioni siano state rilasciate nel 2014 la strada da percorrere è ancora lunga. "A parte il Sud America – spiega Skoko – in Unione Europea ci sono stati dei tentativi di legiferare in tal senso ma niente è stato ancora approvato. Alcune risposte ci sono state, alcuni paesi hanno organizzato dei tavoli di lavoro, avviato dei dialoghi per capire di cosa si tratta, ma niente di più". In Italia nel 2016, l'Onorevole Adriano Zaccagnini depositò la proposta di legge “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico” che sfociò in un nulla di fatto e da allora non ci sono state altri progressi o avanzamenti.

I dati della violenza ostetrica in Italia

In Italia hanno fatto scalpore i dati rilevati da un'indagine DOXA del 2016, condotta su iniziativa dell'Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia e finanziata dalle associazioni La Goccia Magica e CiaoLapo Onlus. Secondo questa ricerca il 21% delle madri intervistate (circa 1 milione di donne in 14 anni) ha dichiarato di aver subito una forma di violenza ostetrica durante il parto e per 4 donne su 10, l'assistenza è stata per certi aspetti lesiva della propria dignità e integrità psicofisica. Dati dai quali l'Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani ha preso le distanze ritenendo che questi numeri restituiscano una "falsa ricostruzione di una sanità italiana che è costituita da ostetriche e medici ostetrico-ginecologi sadici o incuranti della persona, che mietono vittime per pura crudeltà". In risposta all'indagine dell'Osservatorio, l'AOGOI ha svolto una ricerca sul livello di soddisfazione delle partorienti in Italia, su circa 11500 donne in 106 punti nascita. Secondo questa ricerca ben il 97% delle partorienti è soddisfatta per la qualità dei servizi ricevuti nel reparto di Ostetricia.

Più tutele per le donne: i rapporti del Consiglio d'Europa e delle Nazioni Unite

Anche se i risultati degli studi dipingono due scenari totalmente opposti il problema della violenza ostetrica esiste. Lo ha riconosciuto l'OMS e lo ha riconosciuto più recentemente, nel 2019, il Consiglio d'Europa adottando la risoluzione 2306 (2019). In questo documento il Consiglio asserisce che si tratta di una forma di violenza "a lungo nascosta e troppo spesso ignorata", e invita gli Stati a garantire che l'assistenza al parto sia sempre rispettosa dei diritti umani, a fornire ai medici e al personale sanitario una formazione specifica sulla violenza ostetrica, a istituire dei meccanismi di reclamo per le donne che subiscono questo tipo di maltrattamento e a prevedere anche delle sanzioni per gli operatori sanitari. Ma a segnare un altro passo importante nella definizione di questo tipo di violenza, a livello mondiale, è il report presentato all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2019, curato da Dubravka Šimonović, relatrice speciale sulla violenza contro le donne, che inquadra questo tipo di maltrattamento nell'ambito delle discriminazioni di genere e della violazione dei diritti umani. E nel report si invitano gli Stati a prendere posizione e a "rivedere e rafforzare le leggi che vietano tutte le forme di maltrattamento e violenza contro le donne, inclusa la violenza psicologica, durante la gravidanza e il parto e altri servizi di salute riproduttiva, in linea con gli strumenti dei diritti umani delle donne". 

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