Ci siamo quasi: mancano poco più di 24 ore all’inizio di Sanremo, la vigilia di quella che sarà sicuramente l’edizione più chiacchierata e polemica della storia. Abbiamo già visto, e parlato, del boicottaggio da parte di comuni cittadini e di personalità più note dopo le dichiarazioni di Amadeus e la partecipazione di Junior Cally. A cui si aggiungono, ora, anche svariate petizioni che chiedono il passo indietro del trapper e del conduttore. Se oramai appare troppo tardi per questo tipo di richieste, sulla piattaforma change.org è stata lanciata una raccolta firme di più ampio respiro. A firmarla sono le associazioni Donne in quota e Rete per la parità, da anni impegnate per una corretta rappresentazione delle donne nei media.
Dalla Rai al ministero delle Pari Opportunità, la battaglia non si ferma
“Siamo l’unica associazione che si è concentrata sulle regole. Il punto non è solo Junior Cally, ma la conferenza stampa di Amadeus, le sue scelte sessiste, il non rispetto del contratto di servizio e, solo in ultimo, la presenza del trapper” spiega a Fanpage.it Donatella Martini, presidente di Donne in Quota. L’Associazione, dopo la conferenza stampa che ha destato non poche polemiche, ha prontamente inviato una lettera indirizzata alla Rai e, lo scorso 21 gennaio, alcune delegate hanno avuto un colloquio sia con la stessa rete pubblica, che con il ministro delle pari opportunità Elena Bonetti. Al momento è l'unica associazione ad aver avuto un'interlocuzione simile. Da parte della Rai, racconta Martini, non ci sono state prese di posizione o nessun tipo di passo indietro.
“Ci hanno promesso, però, che stavano già lavorando a un Festival più equilibrato sulla questione di genere. Noi eravamo già pronte con un esposto a cui sarebbe seguita una class action. Per il momento abbiamo congelato questo secondo step, in attesa di vedere realmente quello che succede.”
Sanremo e quel contratto di servizio non rispettato
Il punto focale della questione, e indubbiamente il più importante, gira intorno al Contratto di Servizio pubblico 2018-2022, stipulato tra la Rai e il Ministero dello Sviluppo economico, di cui Donne in Quota è stata una parte fondamentale nel farlo approvare. “Hanno completamente disatteso il contratto di Servizio Pubblico, che è in vigore dallo scorso anno dopo una tenace lotta da parte nostra”, spiega Donatella Martini a Fanpage.it In effetti, questo documento, obbliga l’azienda a una corretta rappresentazione della donna nelle tre reti pubbliche, non solo perché la sua immagine non veicoli messaggi sessisti e stereotipati, ma anche per far sì che non vi sia disparità di tempo sui vari palcoscenici televisivi.
“Amadeus lavora in Rai da tempo, eppure evidentemente non conosce l’esistenza di questo Contratto. Sarà affiancato da Fiorello e Tiziano Ferro, le donne saranno solo un contorno come è apparso dalla conferenza stampa? Inoltre, le presenze degli artisti devono essere valutate attentamente anche dal Comitato di controllo previsto dal Regolamento del Festival.”
Donatella Martini spiega le cose in maniera chiara, direi inoppugnabile, quando si tratta di leggi e disposizioni. Sarà perché con la sua associazione ha sempre lavorato a fianco delle istituzioni pubbliche, riuscendo a indirizzare le scelte e la legislazione in modo che siano più inclusive.
“A noi ci è cara la tv pubblica, abbiamo la piena consapevolezza che senza un’informazione il più possibile neutra non ci si possa dichiarare un Paese democratico. Vogliamo parlare della par condicio di genere? È chiaro che le cose non funzionino e bisogna prendere il toro dalle corna.”
E le corna le hanno prese saldamente in mano, attraverso una petizione che parte sì da Sanremo, ma che serve soprattutto a sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema che è molto più ampio rispetto al palco dell’Ariston.
“La vecchia tv pubblica si occupava dell’educazione, non della diseducazione. Noi vogliamo che si torni a quella vocazione lì, che sia diversa da quella delle tv private. Non nego però che anche su quel fronte ci stiamo impegnando. Ovvio che la Rai, in quanto pubblica, ha un’urgenza in più rispetto alle altre”.
Insomma, le regole e le leggi ci sono, bisogna che vengano rispettate. Verrebbe da sorridere al pensiero che in Italia bisogna avere dei codici di comportamento per far sì che le donne abbiano lo stesso tempo degli uomini per le proprie dichiarazioni su un palcoscenico, oppure perché vengano rappresentate in maniera autorevole e non da semplici comparse o soubrette. Ma che vogliamo farci, è l’Italia, bellezza!