Umiliata a scuola per i pantaloncini, studentessa costretta a coprirsi con una tenda per fare l’esame
Che si tratti di religione o morale o ideologia politica, il corpo della donna è da sempre materia di dibattito, in ogni cultura e in ogni Paese. Quanto mostrarlo, se e perché coprirlo, come comunicare con esso ma senza eccedere: si è parlato di decenza, di esibizionismo, di volgarità, di castità. Di recente il faro si è acceso forte sull'Afghanistan: il Paese si è trovato catapultato indietro nel tempo, nuovamente alle prese con questioni che a fatica si era cercato di superare. Il ritorno dei talebani ha messo in pericolo le donne e le loro libertà, quei diritti a fatica conquistati. Ed ecco il ritorno dei divieti, delle restrizioni, delle limitazioni, anche in fatto di abbigliamento. Ma la storia di Jublee Tamuli non ha niente a che fare con i talebani, arriva da un'altra parte del mondo, l'India, ma ci fotografa comunque una realtà sessista in cui si vuole esercitare controllo sul corpo della donna e sul suo modo di vestire.
L'India contro gli indecorosi costumi occidentali
L'India non è nuova a episodi di discriminazione dei confronti delle donne, fortemente penalizzate nella loro quotidianità dal punto di vista dei codici di abbigliamento loro imposti. Sono restrizioni che si tramandano non solo all'interno delle famiglie di impostazione patriarcale, ma che sono gli stessi politici a portare avanti. Aveva fatto molto discutere l'episodio che aveva coinvolto l'allora primo ministro dello stato settentrionale dell'Uttarakhand Tirath Singh Rawat, membro del partito conservatore. L'uomo durante una conferenza si era lanciato in una vera e propria accusa nei confronti delle donne allineate alla depravazione dei costumi occidentali, colpevoli di aver in qualche modo inquinato anche la cultura indiana portando a una perdita di decoro. A scatenare le sue infelici dichiarazioni era stato l'incontro con una donna che indossava, in presenza dei figli, dei jeans strappati sulle ginocchia e per questo identificata come una cattiva madre.
Jublee, umiliata a scuola per i pantaloncini
Si inserisce in questo quadro quanto capitato a una studentessa indiana 19enne, umiliata in pubblico per essersi presentata a scuola per sostenere un esame indossando dei pantaloncini. La ragazza è stata costretta da un insegnante a coprire le gambe con una tenda. L'episodio, riportato da The Indian Express, risale a mercoledì, quando dopo un viaggio di ben 70 Km in macchina con suo padre Jublee è arrivata nella città di Tezpur, nell'Assam. La ragazza si era iscritta al test di ammissione per il Girijananda Chowdhury Institute of Pharmaceutical Sciences.
Nessun problema, per accedere all'interno dell'istituto: il problema si è presentato quando si è trattato di entrare in aula per sostenere l'esame. Un insegnante le ha proibito l'ingresso, perché aveva le gambe scoperte. Per correre ai ripari, il padre della ragazza si è recato in un mercato vicino per acquistare un paio di pantaloni, ma al suo ritorno ha scoperto che il ‘problema' era stato risolto consegnando a sua figlia una tenda, da tenere addosso per tutta la durata della prova.
"L'esperienza più umiliante della mia vita": così l'ha definita la ragazza. "Hanno detto che se mi manca il buon senso di base come posso avere successo nella vita? Non hanno controllato i protocolli Covid, le mascherine e nemmeno la temperatura, ma hanno controllato i miei pantaloncini". Nonostante l'imbarazzo, lo stress, le lacrime e la tenda che continuamente scivolava via, la studentessa è riuscita a completare il test, ma l'esperienza le ha lasciato addosso un profondo sentimento di ingiustizia e prevaricazione. "Alcuni uomini vanno in giro a corpo nudo in pubblico e nessuno dice niente. Ma se una ragazza indossa un paio di pantaloncini, le persone puntano il dito" ha detto.
In sua difesa non è intervenuto nessuno, neppure il preside, che al contrario si è espresso in favore della decisione dell'insegnante: "Durante un esame è importante mantenere il decoro. Anche i genitori dovrebbero saperlo meglio". Dal canto suo la ragazza non ha solo sottolineato le mancanze dal punto di vista della sicurezza anti-Covid, ma ha ribadito di non aver infranto alcuna regola. "Se non volevano che indossassimo pantaloncini avrebbero dovuto menzionarlo nei documenti dell'esame. Tutte le ragazze indossano pantaloncini. È un crimine?"