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Sindrome di wonder woman: i rischi di chi aspira ad essere una super eroina nella vita reale

Siamo abituati a usare l’espressione Wonder Woman come un complimento. Lo diciamo alle donne invincibili, autonome, che non devono chiedere mai. Ma siamo sicuri che sia davvero un pregio essere delle super eroine? Con la psichiatra Rossella Valdrè abbiamo parlato di cosa vuol dire essere una Wonder Woman oggi.
Intervista a Dott.ssa Rossella Valdrè
Psichiatra e psicanalista
A cura di Francesca Parlato
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A pochi giorni dal compleanno di Wonder Woman, la prima eroina femminile DC Comics, vale la pena ragionare su cosa significa oggi essere Wonder Woman. L'alter ego di Superman è diventata un modello per descrivere una donna forte, autonoma, in grado di risolvere problemi, di essere ovunque sia necessario e di non dover chiedere mai aiuto a nessuno. È un complimento sentirsi dire "Sei una Wonder Woman", ma siamo sicuri che sia davvero positivo? Quante donne si ritrovano a spingere a tavoletta sull'acceleratore delle proprie possibilità per provare a essere delle wonder woman? Quante si ritrovano a rinunciare a sé stesse, al proprio tempo per potere essere e fare tutto per tutti in qualsiasi momento? "La wonder woman contemporanea è sempre in corsa e in affanno. – spiega a Fanpage.it Rossella Valdrè, psichiatra e psicanalista, componente del comitato di Guidapsicologi.it – Oggi con l'espressione wonder woman possiamo definire un vasto gruppo di donne, spesso di successo, che si sacrifica per gli altri, che persino si autoflagella, sia nel lavoro che nella vita privata, per non essere mai manchevole, mai da meno a nessuno. In realtà, nessuno ha oggettivamente chiesto loro dei così grandi sacrifici, ma sembra che esse rispondano a delle severe immagini di super io interno, che non si accontenta mai di prestazioni normali ed è sempre esigente ed insoddisfatto

La sindrome di Wonder Woman

Non esistono fragilità, non esistono debolezze per una wonder woman. Tutta la vita si gioca sul piano della forza e dall'autonomia e non prevede sconti o autoassoluzioni. "Queste donne posseggono una costellazione di caratteristiche quali iperperfezionismo, autocritica, precisione, determinazione, ipersensibilità, ma anche empatia e intelligenza e spirito di sacrificio". Non si tratta certo di difetti, alcune di questi sono anzi tratti del carattere assolutamente positivi, come l'empatia. "Un suo eccesso, però, tipicamente femminile, non è più positivo ma può scivolare nel masochismo. Lo stesso vale per l’autocritica e la determinazione, che spinte al massimo portano la donna a diventare eccessivamente severa con se stessa, a porsi mete illimitate, a non perdonarsi mai".

Cosa si nasconde dietro una super donna

Ma le eccessive dimostrazioni di forza, le armature caratteriali, spesso nascondono importanti debolezze. "Si tratta quasi sempre di fragilità narcisistiche, cioè fragilità del sé, che risalgono allo sviluppo infantile. La bambina, prima ancora della donna, spesso non è stata sufficientemente vista, non è stata sufficientemente riconosciuta o per meglio dire non si è sentita tale, ed è come se dovesse rincorrere tutta la vita quel riconoscimento". Quell’amore mancato si tramuta in una ricerca costante di perfezione. Le wonder woman si pongono obiettivi irraggiungibili, si mettono costantemente in discussione per poter dimostrare di essere le migliori e soprattutto si sacrificano. "Naturalmente, tutto questo genera circoli viziosi e soprattutto a lungo andare si rivelerà fallimentare". Alcune donne hanno una personalità predisposta verso questo tipo di atteggiamento. "Sono donne tendenzialmente dalla personalità depressiva, autocritiche, molto severe verso se stesse". Quando parliamo di depressione dobbiamo ricordarci che questa si può manifestare anche in modi diversi e insoliti rispetto a quelli che crediamo. "Spesso la depressione è subdola e nascosta, e può consistere soltanto in un carattere ferreo ed esigente. Sul piano intrapsichico un super-io severo e sadico che punisce l’Io, il quale si sottomette e si sacrifica". Poi ci sono le personalità masochistiche: "Sono donne portate a sopportare oltremisura le fatiche, a sacrificarsi per gli altri anche quando non ottengono nulla o sperando di ricevere affetto in cambio. E a queste si aggiungono anche talune personalità ossessive". Ma, anche se non vi riconoscete in nessuna delle personalità appena elencate, nessuna può dirsi esente del tutto dal rischio di incorrere in questa sindrome. "Anche delle figure parentali molto esigenti con la figlia femmina e decisamente più permissive con il figlio maschio, possono essere la causa originaria della sindrome di wonder woman".

Wonder woman: le gratificazioni non bastano

Dal punto di vista lavorativo o familiare essere delle wonder woman può anche portare soddisfazioni come delle gratificazioni sul lavoro o nella famiglia, quando si diventa il punto di riferimento, il cardine intorno a cui tutto ruota, ed è questo uno dei motivi per cui è difficile smettere i panni dell'eroina. Ma c'è sempre un'altra faccia della medaglia: "Può certamente portare gratificazioni e anzi spesso è così e questo equilibrio a volte può tutto sommato durare nel tempo. Ma non sempre. L’equilibrio a un certo punto può rompersi perché il prezzo è troppo alto". Non sempre infatti i sacrifici, la corsa per il successo, le rinunce sono ripagate, e il rischio è sentirsi sopraffatte. "Le cose a volte sfuggono di mano, si entra in una bolla e non ci si rende più conto di quello che succede. La situazione di “potere” per un po' può dare vantaggi e successi, e quindi è facile lasciarsi sopraffare". Finché i bisogni emotivi, tutto quello che è stato represso e messo da parte in favore dei bisogni di qualcun altro a un certo punto ritornano prepotenti. "Il rischio maggiore in queste situazioni è perdere parti di sé. Ma occorre tenere a mente che quelle parti non sono perdute, si possono sempre re-integrare e ritrovare".

Se essere wonder woman non è un pregio 

Come tutte le situazioni disfunzionali psicologiche anche la sindrome di wonder woman può avere delle ripercussioni sulla salute fisica. "Se bisogni emotivi personali non vengono visti né dalla donna stessa né dagli altri, può insorgere la disperazione, con conseguenze psichiche e spesso fisiche. Possiamo avere qualunque tipo di sintomo, a seconda delle predisposizioni individuali: insonnia, cefalee, disturbi gastrointestinali, dermatiti, ipertensioni essenziali. In generale, diciamo uno scadimento delle condizioni psicofisiche della donna". Essere wonder woman forse, a differenza di quello che abbiamo creduto fino a oggi non è affatto un pregio, non è un complimento di cui bearsi. Essere wonder woman non è affatto un'espressione di femminismo o emancipazione. "Nessuno è invincibile, abbiamo tutti dei profondi bisogni e delle vulnerabilità che necessitano di essere viste e riconosciute, prima di tutto da noi stessi. Abbiamo bisogno di volerci bene, di voler bene alle nostre ferite, alle nostre mancanze, se vogliamo sperare che anche altri, almeno chi ci è caro, le tolleri e le sopporti. Quindi, il contro principale è che non riconoscendo e nascondendo a sé stessa le proprie debolezze e vulnerabilità questo tipo di donna non si ama, non si accetta, anzi si odia, e non c’è quindi possibilità che altri la amino e la accettino. È questo quello che si osserva nella clinica psicoanalitica. E occorre un lungo lavoro per ritrovare equilibrio".

Wonder woman: non bisogna credersi onnipotenti

Wonder woman se vi sentite perse, affaticate, se vi siete riconosciute nella descrizione dell'articolo c'è un consiglio della psichiatra Valdrè per voi. "Io consiglierei sempre di parlarne con un professionista, ma se non si ha questa possibilità è importante provare ad ascoltare sé stesse e i sintomi e le sensazioni che sicuramente si avvertono, come la stanchezza, la fatica, la solitudine, il senso di vuoto e inutilità, e possibilmente parlarne con qualcuno, il compagno, una sorella, un amico, non credersi onnipotenti. Mettere le esperienze in un linguaggio condiviso è il primo tassello per guarirne"

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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