Revenge porn: come superare la vergogna e l’angoscia dopo la violenza
Si dice revenge porn, ma non si tratta né di vendetta né di pornografia, ma di violenza di genere. È un fenomeno (e un reato, punibile con reclusione da 1 a 6 anni e una multa che può andare dai 5 mila ai 15 mila euro) purtroppo estremamente comune, anche tra i giovanissimi, che consiste nella diffusione di materiale intimo privato, come foto o video, senza che ci sia alcun consenso da parte della persona interessata. Per capire la sua portata basta leggere i dati della polizia: nel 2020 sono stati diffusi (senza che ci fosse alcun consenso) 718 video o immagini di donne riprese durante momenti di intimità. In pratica ogni giorno almeno due donne hanno subito una violazione totale della propria intimità e quasi sempre da parte di persone verso cui provavano affetto e in cui riponevano fiducia.
Intimità violata
La diffusione di immagini o video privati, girati in momenti di intimità, è una delle peggiore forme di violenza che si possa subire: "Il proprio mondo interno viene mostrato a tutti. Non si tratta soltanto di pudore, è proprio il sé, l'immagine che noi abbiamo di noi stessi, a crollare" ha spiegato a Fanpage.it il lo psicologo e psicoterapeuta Roberto Pani, docente dell’Alma Mater Studiorum, di Bologna. Secondo una ricerca del 2019 della Polizia di Stato in collaborazione con skuola.net, il 24% dei giovanissimi, tra gli 13 e i 18 anni, invia abitualmente immagini a sfondo sessuale e tra questi il 15% ha raccontato di aver subito la condivisione di queste immagini senza alcuna autorizzazione. "Quando una vittima di revenge porn è un'adolescente, superare questo trauma è ancora più complesso. A quell'età infatti il proprio io, il proprio intimo si sta ancora costruendo e la diffusione di immagini così personali, comporta la distruzione di sé stesse. La vergogna che si prova è atroce".
La ricostruzione del sé
Una vittima su due di revenge porn ha pensato al suicidio. Chi subisce questo reato vive una situazione di impotenza, la diffusione di un video a macchia d'olio, che rimbalza in maniera incontrollata da una chat all'altra, sembra un'emorragia inarrestabile: "A differenza di una violenza fisica, che è una situazione drammatica ma confinata tra due persone, con il revenge porn non ci sono limiti, tutto il mondo potrebbe conoscere la sfera intima di quella persona. É incontrollabile". Ma anche se il percorso è in salita, superare questo trauma si può, un aiuto di uno psicologo è quasi sempre indispensabile: "Quando si deve affrontare un evento come questo bisogna lavorare sul dialogo intrapsichico. Tutti noi abbiamo degli interlocutori interni, che ci parlano, ci giudicano e a volte ci assolvono. – spiega il professor Pani – E in casi come questo ci fanno sentire di non valere nulla". Subire revenge porn porta a credere alle vittime che la loro vita e che la loro immagine siano state distrutte per sempre: "La percezione di sé sarà profondamente in crisi, ma questo non vuol dire che non se ne possa uscire. Durante una terapia (la psicoterapia analitica è quella più efficace perché ci permette di entrare a fondo in questo dialogo interiore) gli interlocutori che inizialmente ci attaccano, ci giudicano e ci fanno provare vergogna, si armonizzano. E piano piano, la vittima riuscirà a sentirsi meno confusa e meno angosciata". Correre ai ripari però non basta, non basta agire con le terapie per superare i traumi e non bastano i processi e le aggravanti del codice penale. Occorre risolvere il problema a monte: sradicare la cultura maschilista che crede ancora di poter disporre a proprio piacimento e a scopo vendicativo del corpo delle donne.