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Opinioni

Per il Governo il ciclo mestruale è ancora un lusso. Ma questa legge di bilancio guarda alle donne

Dopo una lunga battaglia dentro e fuori il Parlamento, l’emendamento per abbassare l’iva sugli assorbenti, contenuto nella legge di bilancio che arriverà domani in aula, è stato bocciato. Ancora una volta non viene riconosciuta come prioritaria una richiesta che in tanti Paesi europei è già realtà: che il ciclo mestruale non venga tassato come un bene di lusso. Se su questo versante le donne incassano una sconfitta, la manovra però ha un occhio di riguardo sulle disparità lavorative ed economiche.
A cura di Giulia Torlone
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Emendamenti da vagliare, faldoni con proposte da esaminare: il percorso della Legge di Bilancio è in dirittura d’arrivo, seppur con un notevole ritardo. Dopo la conclusione dell’esame da parte della Commissione, domani il testo passerà al voto in Aula, dove il Governo dovrebbe porre la questione di fiducia. All’interno del pacchetto degli emendamenti, c’era quello sulla riduzione dell’Iva sugli assorbenti igienici femminili, che però è stato bocciato.

L'emendamento sulla Tampon tax è stralciato

La prima firmataria dell’emendamento per portare la tassa sui prodotti femminili dal 22 al 5 per cento è Laura Boldrini, che a Fanpage.it aveva già espresso l’esigenza di smettere di considerare il ciclo mestruale un lusso. Eppure, complice l’emergenza sanitaria Covid che ha richiesto coperture economiche massicce, anche stavolta la tampon tax resta esattamente com’è. Noi donne italiane restiamo, dunque, a guardare i passi avanti che sul tema hanno fatto i paesi europei. Vale la pena continuare a ricordare che Spagna, Regno Unito e Cipro (solo per citarne alcuni) prevedono già una tassazione al 5 per cento, l’Irlanda ha abolito completamente l’iva e la Scozia distribuisce i tamponi in maniera totalmente gratuita. Continuare a battere su questo tema non è un puro vezzo femminista, ma è l’emblema dell’iniquità tra uomo e donna, il sintomo di uno squilibrio di genere che passa anche attraverso le leggi dello Stato. E ancora una volta non è stato ritenuto prioritario, venendo depennato dalla maggioranza. “Si è persa una battaglia, ma non la guerra”. Potrebbe essere il caso della Tampon Tax che, a detta dell’onorevole Laura Boldrini e delle altre firmatarie dell’emendamento, è solo un rimando dettato dall’urgenza del momento. Infatti, se dal lato dell’iva sugli assorbenti noi donne incassiamo una sconfitta, non possiamo non notare lo sguardo che la legge di bilancio dedica alle iniquità economiche di genere, acuite soprattutto dalla difficoltà dell’accesso al lavoro in tempi di pandemia. In attesa dell’approvazione di domani da parte dell’Aula, possiamo già dare uno sguardo alla manovra per capire che, complici le battaglie delle donne dell’ultimo anno, le esigenze femminili trovano posto come mai prima d’ora.

La legge di bilancio e l'inclusione femminile

Sul fronte delle famiglie: il congedo di paternità si allunga, passando da sette a dieci giorni; viene introdotto un assegno mensile di 500 euro per le madri single o monoreddito con un figlio disabile e il Governo prevede uno stanziamento di 50 milioni per sostenere la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura delle mamme al rientro dal parto. Semaforo verde anche per il  “reddito di libertà”, che aiuta le donne vittima di violenza a costruire percorsi di autonomia. Verrà istituito anche un fondo per l’imprenditoria femminile, mentre sono previsti sgravi contributivi per chi assume donne. Un primo cenno importante si ha anche sul fronte della parità salariale: la legge di bilancio introduce infatti lo stanziamento di due milioni l’anno, a partire dal 2022, per appianare le divergenze di genere. Su questo punto siamo in attesa di conoscerne i dettagli sulla modalità concreta di attuazione.

Il Covid e la crisi: la politica inizia a guardare alla donne?

Dando uno sguardo a quanto promesso, è indubbio che la politica stia pian piano cercando di arginare la profonda frattura tra uomo e donna dal punto di vista economico. Ne è stato l’emblema il 2020, anno in cui sono state le donne a risentire più di chiunque della fragilità economica, lavorativa e del welfare familiare che in Italia si regge ancora su una visione troppo familistica. Siamo ancora lontani da una rivoluzione, ma questi sono oggettivamente dei passi che, se accompagnati negli anni da una continua attenzione e redistribuzione delle risorse verso un’ottica di parità di genere, potrà accompagnare quella che sembra essere una rivoluzione già in atto, quella culturale. Speriamo che, stavolta, la politica stia al passo con la società civile.

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Trent’anni, giornalista professionista, si occupa di politica e questioni di genere tra web, carta stampata e tv. Aquilana di nascita, ha studiato Italianistica a Firenze con una tesi sul rapporto tra gli intellettuali e il potere negli anni duemila. Da tre anni è a Roma, dedicando anima e cuore al giornalismo. Naturalmente polemica e amante delle cose complicate, osserva e scrive per capirci di più, o per porsi ancora più domande. Profondamente convinta che le donne cambieranno il mondo. 
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