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Parli da solo a voce alta? Non sei strano. La psicologa spiega perché è un’abitudine così comune

A chi non è capitato di parlare da soli a voce alta? Si tratta di un comportamento più comune e normale di quanto immaginiamo. La psicologa e psicoterapeuta Maria Beatrice Toro ci spiega quali sono le situazioni tipiche in cui è più frequente parlare da soli e perché in alcuni casi ci fa anche bene.
Intervista a Dott.ssa Maria Beatrice Toro
Psicologa, psicoterapeuta e docente presso l'Università La Sapienza
A cura di Francesca Parlato
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C'è chi ammette che ogni tanto gli capita di parlare da solo a voce alta, e chi mente. Non bisogna vergognarsi, capita a tutti di discutere con un interlocutore immaginario. C'è chi si limita a ripetere la lista delle cose da fare, chi a volte prova a dare una forma diversa a un dialogo realmente avvenuto e chi invece si dà la carica ripetendosi frasi di incoraggiamento prima di un colloquio di lavoro o una gara sportiva. Parlare da soli può essere utile per focalizzare i pensieri, per migliorare la concentrazione e in alcuni casi anche ad assecondare uno stato emotivo. Ed è un'abitudine più comune di quanto non si possa immaginare, non per forza segno di stranezza o indice di un disturbo psicologico.

I bambini e il self talk

Per capire il senso del self talk possiamo provare a partire dai bambini. "Il bambino parla da solo quando pensa a voce alta, quando gioca. Per i più piccoli mettere in voce i propri pensieri è normale e assolutamente importante: ha bisogno di sentire la propria voce per dimostrare a sé stesso che sta pensando. – ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Maria Beatrice Toro, psicologa psicoterapeuta e docente presso l'Università La Sapienza di Roma – A un certo punto, crescendo, riesce a interiorizzare il processo, si fida di quello che pensa e non ha più bisogno di metterlo in parole e di dirlo. E questo accade anche nel momento in cui si accorge che esprimendosi a voce alta gli altri lo sentono e invece lui desidera una propria ‘privacy'. Comincia a prendere coscienza di sé stesso e fa le sue riflessioni internamente". Una volta cresciuti l'abitudine di parlare tra sé e sé lentamente scompare, ma può tornare prepotente in alcune situazioni tipiche che fanno uscire dalla nostra mente, rendendole reali, le parole che stiamo pensando.

Quando vogliamo ritrovare la concentrazione

"Dove avrò messo le chiavi?" Siamo in ritardo a un appuntamento, dobbiamo uscire di casa e ovviamente le chiavi dell'auto sono misteriosamente scomparse. Così iniziamo a ripetere ad alta voce "Dove ho messo le chiavi?". "Si tratta di un modo per riordinare le idee in maniera esplicita – spiega la psicologa – Questo tipo di dialogo serve a rimettere a posto i pensieri quando ci sentiamo spaesati, a restituire un ordine alle cose e soprattutto a concentrarci quando ci sentiamo sopraffatti". Lo stesso succede ad esempio quando abbiamo bisogno di ricapitolare le cose da fare, una lista della spesa, dei compiti da svolgere entro un certo orario: "Parlare a voce alta ci serve perché così eviteremo di pensare a troppe cose contemporaneamente e riusciremo a concentrarci sul da farsi".

Quando siamo arrabbiati

Quante volte succede di non avere la risposta pronta durante una discussione e di continuare da soli, a qualche ora di distanza, quella stessa discussione dialogo, dicendo a voce alta quello che non siamo riusciti a dire. "In questi casi si tratta di una perdita di controllo emotivo. Quando la rabbia supera certi limiti immaginiamo (e riproduciamo da soli) dei dialoghi dicendo tutto quello che avremmo voluto dire e che appunto non abbiamo detto". In una parola potremmo definirlo borbottare. "Anche se ci succede perché siamo nervosi, agitati o tesi non dobbiamo preoccuparci, non è niente di patologico. Si tratta soltanto di un sovraccarico emotivo". 

Quando abbiamo bisogno di motivarci

Lo fanno spessissimo i calciatori e tutti gli atleti, prima di un rigore o di una gara importante, magari quando sono ai blocchi di partenza, li vediamo ripetersi qualcosa a voce alta. "Si tratta di una forma di suggestione positiva – spiega la psicologa – Quando oltre a pensare qualcosa, la ripetiamo a voce alta e quindi la ascoltiamo, la frase diventa più convincente". Un'affermazione anche semplice come "Ce la posso fare" o nel caso dello sport "Mi sono allenato per questo" detta a voce alta è più forte rispetto a quando ci limitiamo soltanto a pensarla nella nostra mente. "Si tratta di una sorta di training. Noi psicologi spesso lo assegniamo ai nostri pazienti come compito da svolgere. E poi ci sono anche le affermazioni positive (online ne troviamo tantissime) che possiamo provare tutti quando sentiamo di aver bisogno di sostenerci un po' di più". In questi casi non si tratta di uno stress emotivo o di un metodo per ritrovare la concentrazione: parlare a voce alta da soli diventa un'azione consapevole e in grado di avere degli effetti più che positivi su di noi.

Quando è indice di un disturbo psicologico

In alcuni casi però parlare a voce alta è indice di un disturbo psicologico. "Diventa patologico quando si è l'unico interlocutore di sé stessi e si perde il contatto con la realtà. Le persone disturbate sono perse nelle proprie fantasie, si isolano dal mondo esterno". In questi casi quindi l'abitudine di parlottare tra sé è segnale di un disagio per il quale il supporto psicologico è più che necessario. "Si tratta di casi rari ma è fondamentale intervenire tempestivamente con terapie anche di tipo farmacologico"

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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