“Sono qui per dimostrare ai miei genitori che sono la loro figlia e che non mi hanno cresciuta per accettare abusi dagli uomini”. Alexandria Ocasio-Cortez, la deputata newyorkese dem, non è certo nuova a decise prese di posizione. Ma ieri, nei suoi dieci minuti di discorso al Congresso, è riuscita a sottolineare ancora una volta l’importanza della sua battaglia e il motivo per cui lei è lì, a rappresentare una generazione di donne che scardinano un mondo che non funziona più.
Alexandria Ocasio-Cortez: la forza di un discorso
Ocasio Cortez è stata delegittimata più e più volte: anche nel discorso di ieri ha ricordato quando Donald Trump le intimò di “tornarsene a casa sua”, nonostante lei sia nata nel Bronx, a sottolineare come le sue discendenze portoricane non la rendessero degna di essere cittadina degli Stati Uniti. Ma l’intervento di ieri era rivolto al deputato repubblicano Ted Yoho, protagonista di un episodio avvenuto sulla scalinata di Capitol Hill lunedì scorso.
Il deputato Yoho si è avvicinato a me puntandomi un dito sul viso chiamandomi disgustosa, pazza. Mi ha chiamato anche pericolosa. Sono entrata in aula e una volta uscita, dei reporter mi hanno riferito che Yoho, alle mie spalle e di fronte ai giornalisti, mi ha chiamata “fottuta p*****a.
Parole spregevoli, a cui Ocasio-Cortez non è intenzionata a piegarsi. Nel suo discorso racconta che questa violenza verbale non è un’eccezione, ma è il simbolo culturale di un Paese che non riesce ancora a contrastare l’hate speech nei confronti delle donne. La democratica, che in passato è stata una cameriera a New York, racconta che a lavoro era solita sentire commenti di questo tenore, così come in metropolitana o passeggiando per la strada. Tutte noi donne, quando un uomo deve esprimere del biasimo verso di noi, utilizza insulti a sfondo sessuale come se nulla fosse.
Avere una figlia non rende un uomo degno. Avere una moglie non rende un uomo degno. Trattare le persone con dignità e rispetto rende un uomo degno. E quando un uomo degno fa un casino, come tutti noi siamo tenuti a fare, fa del suo meglio per scusarsi.
La battaglia contro il linguaggio violento è di tutti
Alexandria Ocasio Cortez non ha ricevuto nessuna scusa da parte del deputato, il quale si è trincerato dietro al fatto di essere marito e padre di donne. Proprio su questo punto ha ribattuto la democratica: è anche a nome delle sue figlie che questa battaglia deve essere portata avanti. Perché non ci sono differenze politiche che tengano, né di status symbol. La violenza verbale che la Ocasio-Cortez tenta di combattere è anche a beneficio delle figlie di Yoho e di tutte coloro che sono costrette a sentirsi apostrofare in maniera greve da qualunque uomo non sia d’accordo con il loro punto di vista.
Non è una battaglia politica, è una battaglia culturale. “Perché questo atteggiamento violento nasce dalla consapevolezza che resterà impunito”. Proprio per questo abbiamo bisogno di Alexandria Ocasio-Cortez e di chiunque come lei abbia un ruolo pubblico che crei un’eco contro la violenza. Perché quello che è accaduto a lei accade quotidianamente a ognuna di noi. Sentirsi dare della puttana perché non si ricambiano le avances, perché si ha troppo carattere o perché si cerca di far valere le proprie idee. Ognuna di noi può sentire sulla propria pelle la violenza che Alexandria Ocasio-Cortez ha subito dal deputato Yoho, perché l’abbiamo subita e continueremo a subirla. Ma se un atteggiamento si perpetra da secoli non vuol dire che non può essere cambiato e non si può combattere per spazzarlo via. Bisogna parlarne nei luoghi di potere, continuare a denunciare quegli uomini che pensano di restare impuniti protetti dal loro soffitto di cristallo. Un soffitto che mostra sempre più crepe e che è il momento di tirarlo giù.