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Maternity blues, dopo il parto colpisce 7 donne su 10. Cos’è e come superare la sindrome

Maternity blues, baby blues o sindrome del terzo giorno: sono tutti i nomi utilizzati per descrivere una condizione che colpisce dal 70 all’80% delle neomamme dopo il parto, che alternano momenti di grande gioia ad altri di profonda tristezza. La psichiatra Rossana Riolo ci spiega come affrontarla.
Intervista a Dott.ssa Rossana Riolo
Psichiatra dell'Ulss 8 di Berica e presidentessa dell'Associazione Kairos Donna
A cura di Francesca Parlato
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Un attimo prima si è euforiche e subito dopo l'umore arriva sotto i piedi. Per le neomamme i primi venti giorni di vita del bambino sono una continua altalena emotiva. Si passa da stati di gioia a profonda tristezza, ma non bisogna preoccuparsi: è assolutamente normale. Si chiama Maternity blues o Baby blues o sindrome del terzo giorno, ne ha parlato pochi giorni fa anche Chiara Ferragni, raccontando che dopo la nascita del suo primo figlio Leone ha sofferto di questa particolare sindrome. Si tratta di uno stadio passeggero, estremamente comune, che colpisce una percentuale che va dal 70 all'80% delle donne subito dopo il parto. "Il maternity blues è una condizione transitoria, che colpisce le neomamme subito dopo il parto, legata a vari fattori: in primis sicuramente c'è una maggiore fragilità legata agli ormoni. Ma a influenzare la comparsa del baby blues sono anche altri elementi come un parto e un travaglio complicato o particolarmente lungo" ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Rossana Riolo, psichiatra dell'Ulss 8 di Berica e presidentessa dell'Associazione Kairos Donna.

I sintomi del Baby Blues

L'arrivo di un neonato, per quanto atteso, desiderato e immaginato può spiazzare anche le donne più preparate per questo il baby blues è così frequente. I suoi sintomi principali sono sbalzi d'umore, crisi di pianto, ansia, affaticamento, preoccupazioni sullo stato di salute del bambino, in alcuni casi anche insonnia e sentimenti di inadeguatezza verso il nuovo ruolo di mamma. La nascita è sempre un evento di gioia, ma questo non vuol dire che una madre non possa provare anche sentimenti di tristezza o infelicità. Contemplare questa possibilità è il primo passo per sostenere in maniera efficace tutte le neomamme.

Come si cura il maternity blues

La buona notizia è che si tratta di una fase transitoria, che nella maggior parte dei casi, con un sostegno adeguato del partner e dei familiari, si risolve spontaneamente nel giro di 20 giorni. Con il proprio compagno si possono condividere preoccupazioni, dubbi, ansie. Anzi dare alle neomamme la possibilità di sfogarsi, di raccontare i sentimenti e le proprie paure, senza mai banalizzare le loro insicurezze è estremamente utile per una risoluzione veloce e completa del baby blues. A giocare un ruolo di primo piano ci sono anche i parenti. "Le nonne e i nonni, possono offrire un sostegno essenziale, ma attenzione – suggerisce la psichiatra – l'aiuto non consiste nell'accudimento del neonato, ma nel supportare la neomamma nell'organizzazione e nella gestione domestica". I nonni possono aiutare con i fratellini o le sorelline, possono preparare da mangiare o riordinare la casa. "Servirà alle madri a non sentirsi inadeguati o incapaci di gestire la solita routine". 

La differenza con la depressione post partum

Più grave del maternity blues e, quasi impossibile che si risolva spontaneamente, è la depressione post partum, che colpisce circa il 10-15% delle neomamme. La depressione post partum si presenta dopo circa 20 giorni dalla nascita e i sintomi sono profonda tristezza, insonnia e senso di inadeguatezza. In questo caso, il supporto di partner e l'esistenza di una rete familiare costituiscono degli elementi indispensabili per sostenere la neomamma, ma è necessario rivolgersi a uno specialista per il trattamento. "La tempestività conta tantissimo nella depressione post partum – spiega la dottoressa – Se trattata in tempo si può risolvere nel giro di 6-8 mesi senza alcuna conseguenza per la mamma e per il bambino".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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