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Lockdown e pandemia hanno messo in ginocchio la moda: i fatturati scendono del 45%

La pandemia e tutto quello che ne è scaturito hanno influito negativamente sul fatturato della moda. Il ricorso al digitale e alla tecnologia ha permesso al settore di risollevarsi parzialmente, ma non è bastato. L’andamento dei lockdown e le aperture/chiusure in periodo natalizio saranno cruciali.
A cura di Giusy Dente
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La moda ha patito molto l’anno che volge al termine a causa della pandemia, che ha posto un freno agli eventi del settore e ha costretto i negozi a tenere le serrande abbassate. E anche se molti acquirenti si sono riversati sugli e-commerce, questo non è bastato a risollevare le sorti di un intero comparto, su cui il peso del lockdown ha gravato notevolmente, anche a causa delle restrizioni in termini di spostamento e turismo. Questo ha causato ingenti perdite: le stime parlano, nei casi peggiori, di un calo del 45% sul fatturato. A differenza dell’inizio dell’anno adesso l'industria sa come comportarsi: la prima ondata ha costretto tutti a brancolare nel buio, ma anche se adesso si hanno a disposizione più strumenti e più consapevolezze per reagire, recuperare è difficile.

L'anno nero della moda

La prima ondata di pandemia è quella che ha gravato maggiormente sul fatturato della moda, del tutto impreparato ad affrontare un evento di simile portata. Con notevoli sforzi e reinventandosi per come possibile il settore è riuscito a risollevare parzialmente le sue sorti nel terzo trimestre dell’anno, grazie anche alla tanto attesa riapertura dei negozi e al ritorno agli spostamenti durante l’estate. Ma chiaramente non è bastato a pareggiare i conti. Ad aggravare il tutto ci sta pensando la seconda ondata di pandemia, che nuovamente ha costretto i negozi ad abbassare le serrande. Lo scenario cupo delle perdite è stato profilato da Guia Ricci, principal di Boston Consulting Group (Bcg) all’Adnkronos.

Nel terzo trimestre abbiamo avuto un miglioramento e ci stavamo avvicinando a una visione positiva, ma con la nuova ondata di Covid ci riavvicineremo allo scenario peggiore: col lockdown non uniforme tra i vari Paesi è probabile che raggiungeremo il 45% delle nostre previsioni.

La situazione in Occidente è critica mentre in Oriente il mercato continua a crescere: le stime riportate da Ricci parlano di un +10% rispetto al 2019. Nello specifico dell'Italia il quadro non è affatto buono a causa della mancanza di turisti: città come Milano, Venezia e Firenze ricevevano dal turismo internazionale un contributo notevole, che manca da tempo.

La moda reinventa sé stessa

Maria Luigi Franceschelli, senior associate del dipartimento di Ip specializzata in Luxury and Fashion di Hogan Lovells, ha analizzato le strategie adottate dai brand per rendersi più appetibili in periodo di crisi. Si sono fatte avanti nuove soluzioni e hanno preso piede velocemente nuovi media, col contributo notevole dei social. I brand hanno fatto molto affidamento sulle vendite online e si sono avvalsi del contributo della tecnologia: non solo il gaming, ma anche la realtà virtuale e l'intelligenza artificiale, per simulare il momento della prova di un vestito. Il supporto degli influencer si è rivelato fondamentale: sono stati loro a collaborare con i brand, che rivolgendosi ai social network hanno trovato un terreno fertile per reinventarsi.

Quale futuro per il settore?

Il Natale alle porte potrebbe essere un punto di svolta, ma anche in questo caso la situazione è diversificata, perché l'andamento della pandemia non è omogeneo in Europa. Nella stessa Italia ci sono zone rosse con negozi chiusi e zone gialle con negozi aperti. Secondo l'analista Vittucci, partner EY e responsabile Consumer Products and Retail in Italia, molto dipenderà dalle aperture e chiusure delle prossime settimane.

La domanda è capire quanto durerà il lockdown e se le restrizioni si fermeranno il 3 dicembre. Con il Natale alle porte si potrebbero recuperare parte dei risultati mentre un prolungamento delle limitazioni potrebbe far venir meno quei volumi che questa stagione genera con danni più gravi soprattutto su alcune fasce di prodotto. Anche la propensione al consumo potrebbe essere negativamente influenzata dalla preoccupazione e dall'incertezza generale anche in condizione di riapertura.

Franceschelli ipotizza un 2021 ancora digitale e tecnologico: si continuerà su questa strada per raggiungere potenziali acquirenti, costruendo un ponte tra tradizione e innovazione. Ciò non vuol dire che il prossimo anno sarà di crescita. L'ipotesi di Ricci per il 2020-2021, rispetto al 2019, è comunque caratterizzata da perdite a livello globale tra il -20% e lo zero. Sono numeri in divenire, strettamente legati all'evoluzione che avrà la pandemia nel tempo.

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