L’esilio nella foresta delle donne con le mestruazioni: “Altrimenti Dio si arrabbia”
Ci è voluta una lunga battaglia, in Italia, per vedere finalmente la tampon tax abbassata. Dopo tanti tentativi falliti e un certo disinteresse da parte della politica, finalmente dal prossimo anno l’Iva sui prodotti per l’igiene femminile passerà dal 22% al 10%. Le tante iniziative organizzate sul territorio nazionale hanno contribuito a normalizzare l'argomento, che invece in altre parti del mondo è un tabù talmente radicato da rendere le mestruazioni quasi una vergogna, qualcosa da punire. Dal Nepal arrivano storie di ghettizzazione e abbandono, che fanno capire quanta strada ci sia ancora da fare per liberare le donne dal senso di colpa che da generazioni viene loro attribuito, per il solo fatto di essere donne.
Donne con le mestruazioni isolate nella foresta
Le tribù Gond e Madia di Gadchiroli, uno dei distretti più poveri e sottosviluppati nello stato indiano del Maharashtra, isolano le donne con le mestruazioni in fatiscenti capanne ai margini della foresta, per giorni intere, abbandonandole senza cibo né acqua, in pessime condizioni igieniche. È un'imposizione voluta dagli dei, secondo i membri anziani della tribù: il fenomeno è così radicato culturalmente che sono le donne stesse a non essere per nulla coscienti di subire una violenza. Tante associazioni lavorano sul posto per combattere questa violazione dei diritti umani, cercando di sensibilizzare la popolazione, di educare le donne, di abbattere il tabù del ciclo mestruale: l'impresa è davvero ardua. E lo è anche in altre parti del mondo.
Chhaupadi, l'esilio mestruale nepalese
Il chhaupadi è un'antica tradizione nepalese, molto radicata soprattutto nelle zone più rurali e povere del Paese, dove le donne vengono letteralmente esiliate lontano dal villaggio durante tutta la durata del loro ciclo mestruale mensile. Trascorrono il periodo in capanne di fango, mettendo a repentaglio la loro salute e la loro stessa vita, in precarie condizioni fisiche e psicologiche. Ufficialmente il chhaupadi in Nepal è illegale dal 2005, ma purtroppo è ancora praticato in molte comunità.
Storie di donne in esilio
Geeta vive in un remoto villaggio nel Nepal occidentale. Quando aveva 11 anni, all’arrivo della prima mestruazione, fu esiliata per 21 giorni lontano dalla sua comunità e dalla sua famiglia: "La gente pensa che se una ragazza mestruata li tocca, accadranno cose brutte e la gente si ammalerà. Dio sarà arrabbiato" ha spiegato la bambina, che da allora convive con il chhaupadi. Sa che ogni mese lei, così come le altre bambine, ragazze e donne del villaggio, devono allontanarsi e recarsi nella foresta da sole, esponendosi a gravi pericoli.
Gestire il ciclo è difficile anche per la mancanza assorbenti: il sangue viene tamponato con stracci di fortuna, il più delle volte sporchi, dando origine a infezioni e malattie, anche fatali. Purtroppo, la voce delle donne conta ben poco. Vorrebbero che la pratica venisse bandita, ma sono costrette ad accettarla e subirla. Gli anziani e gli uomini del villaggio fanno ricadere su di loro la colpa dei raccolti che vanno a male, delle piogge torrenziali, degli animali che si ammalano e muoiono. La mamma di Geeta, Dhauli, ha spiegato: "Pratichiamo il chhaupadi da molti anni e sento che Dio si arrabbierebbe se ci fermassimo. Dobbiamo obbedire, perché la società è così".
Insomma, la tradizione è radicata al punto che sono alcune donne stesse a ritenerla parte integrante della gestione della vita della comunità. Le iniziative di sensibilizzazione introdotte da ActionAid stanno contribuendo a fare la differenza, ma non è ancora abbastanza e le donne nepalesi continuano a morire, senza neppure sapere che è un loro diritto dire no. Per questo il primo passo che si sta compiendo è quello dell’istruzione, dell’educazione sessuale, affinché sin da piccole le ragazze diventino padrone del proprio corpo, consapevoli del suo funzionamento, un funzionamento che non è affatto una colpa o una vergogna, benché per secoli sia stato loro raccontato così.