Le Trentenni raccontano gli anni ’90: “Ci mancano i VHS. Il peggio? Le sopracciglia ali di gabbiano”
Li chiamano "I favolosi anni 90" e di favoloso c'era davvero parecchio. Forse non riguardo alla moda: ecco, magari sotto quel punto di vista è stato un decennio carente, benché di tanto in tanto venga ripescato qualcosa. L'ultima in ordine di tempo è stata Belen coi suoi jeans larghi. Ma dalla musica al cinema alle serie tv (che si chiamavano "telefilm") sono state gettate tante basi per ciò che è venuto dopo. Perché sì, il mondo femminile si è spaccato in due quando si è trattato di fare il tifo per Pacey o Dawson, ma nulla in confronto al vero dilemma tra Dylan e Brandon di alcuni anni prima. L'avvento dei social e le nuove tecnologie hanno per forza di cose cambiato moltissimo gli stili di vita: la cosiddetta generazione Z vive un'adolescenza molto diversa da quella che i trentenni di oggi hanno sperimentato. Diversa la percezione del tempo e delle distanze, diverso l'approccio a certe tematiche. A non essere cambiati sono però quei valori che vanno al di là delle questioni generazionali, come l'amicizia. E proprio dalla loro solida amicizia e dal loro background di "adolescenti anni Novanta" Silvia, Ilaria e Stefania hanno messo sù un progetto web di successo. La loro community I Trentenni su Facebook ha più di 200 mila seguaci e circa la metà sono quelli su Instagram. E dai social sono passate all'avventura editoriale: Ci vediamo all'uscita (Sperling & Kupfer) è il loro secondo romanzo.
Anni 90, "Cosa butti e cosa tieni" con le Trentenni: sì anfibi e MTV, no felpa in vita e tatoo tribali
Ci vediamo all'uscita, un omaggio agli anni Novanta
Il libro di Silvia Rossi, Stefania Rubino e Ilaria Sirena è ricchissimo di riferimenti amarcord a cominciare dalla musica che accompagna ogni capitolo facendo da colonna sonora alla storia di Benedetta, Marco, Maurino, Stefano e Alice. Ci sono gli 883, c'è Gigi D'Agostino, ci sono gli Oasis e ovviamente Vasco e Venditti. E poi ci sono il Nokia 5110, gli sms, la Vespa, gli Uniposca, le musicassette e le lire.
È una storia totalmente inventata con personaggi totalmente inventati: è stato molto più difficile scriverlo rispetto al primo romanzo. Lo abbiamo scritto durante il lockdown, anche se non per scelta, però era comunque un momento in cui la creatività era azzerata. Innanzitutto è una storia di amicizia che inizia nella contemporaneità e poi si sposta nel 1997-1998. I personaggi sono tutti diversi e giungono a un epilogo inaspettato che sta regalando molte emozioni.
Ma il libro non si rivolge solo ai coetanei delle autrici, che anzi sono certe che gli attuali diciottenni-ventenni potrebbero rimanere affascinati da alcuni elementi così distanti dal loro vissuto contemporaneo. E interessante potrebbe essere anche per gli adulti, per i genitori degli attuali trentenni.
Il libro interessa ai giovanissimi, comunque aperti mentalmente e incuriositi a tutta la parte culturale di quegli anni. Chissà cosa ne pensano, di come affrontavamo certe tematiche! Noi abbiamo scelto di trattare quelle che in quegli anni erano un po' più tabù: la separazione dei genitori, l'omosessualità, la gravidanza. La comunicazione non era sempre diretta coi genitori, c'era anche un certo senso del pudore nei loro confronti e loro stessi avevano difficoltà a parlare coi loro figli. Ecco perché leggendolo anche gli adulti possono scoprire qualcosa in più dei loro figli, di quei ragazzi con cui c'era inevitabilmente un muro comunicativo. Ma a parte gli argomenti oggi sdoganati e all'epoca tabù, si parla anche di dinamiche universali e sentimenti senza età.
Che ne sa la Generazione Z
Gli attuali trentenni hanno dovuto fare i conti con cambiamenti notevoli, di cui gli adolescenti di oggi non sono minimamente al corrente. Quello che c'è alle loro spalle è un mondo che faticano anche a immaginare. I loro miti oggi sono gli influencer e ne seguono le vite costantemente aggiornate sui social, se vogliono stare in contatto con gli amici hanno WhatsApp, ascoltano la musica su minuscoli dispositivi. Ma c'è stato un tempo in cui i telefoni nemmeno facevano le foto: il massimo a cui si poteva ambire era un pesante e ingombrante Alcatel a forma di clessidra. Le foto si stampavano dopo aver portato il rullino da un fotografo, la musica si ascoltava attraverso il walkman, si passavano interi pomeriggi a guardare i video musicali su MTV, altro che Youtube.
Oggi mancano punti di riferimento forti, manca la distanza. Noi avevamo miti televisivi e radiofonici, ce ne innamoravamo, li vedevamo come intoccabili e inarrivabili. Adesso il web ha creato una vicinanza che ha fatto perdere la percezione del mito, perché è tutto a portata di mano. Si è perso il regalo di poter desiderare e poter sognare. La tecnologia ha inciso su ogni aspetto e noi siamo la generazione di mezzo che ha vissuto il cambiamento da protagonisti.
Ma chi sono i trentenni di oggi?
Quotidianamente Silvia, Stefania e Ilaria ricevono messaggi da parte di ragazzi e ragazze che condividono con loro esperienze di vita, ansie e paure riguardo al futuro ma anche soddisfazioni e traguardi personali.
Il trentenne di oggi è inevitabilmente indeciso, per scelta e non scelta. Si trova in una condizione "di mezzo": un piede nei venti e un peso nei trenta. È un tempo di bilanci in cui emergono dubbi e domande esistenziali. Il trentenne ha voglia di realizzarsi, ma spesso non ha a disposizione gli strumenti per inseguire i propri sogni. Però si mette in discussione, proprio come abbiamo fatto noi quando abbiamo fatto nascere il progetto.
La forza de I Trentenni sta proprio nel fatto di essere un luogo di condivisione aperto: le fondatrici hanno messo la loro idea al servizio di tutti, mantenendo sempre una coerenza di fondo nei contenuti, incentrati unicamente sulla loro amicizia ultra decennale e sul vissuto in comune con la fanbase.
Una sera eravamo avvilite per i CV inviati a cui nessuno rispondeva e ci siamo chieste: ma siamo le uniche trentenni in questa situazione? Abbiamo creato itrentenni.com e abbiamo iniziato a scrivere le nostre avventure. Il successo del progetto sta nella chiave dell'identificazione, che è stata fondamentale, è stata quella vincente. Con la nostra fanbase c'è un grande affetto reciproco: siamo rimaste sempre le stesse, loro ci riconoscono, siamo cresciute con loro, siamo diventate mamme con loro. Ma il discorso della maternità, per esempio, non lo abbiamo mai spinto troppo, capendo che non era il primario interesse del nostro pubblico, che cerca invece emozione, nostalgia, commozione. Le nostre vite personali non hanno mai preso il sopravvento, anche perché il nostro progetto è condiviso, è di tutti quelli che ci seguono, lo abbiamo messo nelle loro mani.
Anni Novanta: cosa butti e cosa tieni?
Se sono così iconici nell'immaginario collettivo, è perché gli anni Novanta trovano la loro massima espressione in una serie di elementi che ancora oggi risultano profondamente ancorati unicamente a quel contesto. Alcuni sono oggetti nemmeno più esistenti, alcune sono mode sorpassate. Insomma, c'è tutto un apparato che a evocarlo fa pensare: "Sì, questa cosa è proprio anni Novanta". Di qualcosa sentiamo la mancanza, di qualcosa faremmo volentieri a meno. Quindi ecco le 6 cose tipicamente anni Novanta che Silvia, Ilaria e Stefania buttano giù dalla torre e quelle che invece conservano col sorriso e un po' di nostalgia.
No ai pantaloni con la staffa, alle Buffalo, ai tatuaggi tribali, alla crema depilatoria dalla puzza terrificante, alle sopracciglia sottilissime, alla felpa perennemente legata in vita. Sì agli anfibi che non sono mai tramontati, a MTV, ai telefilm del cuore registrati sulle VHS, all'attesa della risposta a un SMS.