“Le borse invendute vengono distrutte”: la tiktoker denuncia gli sprechi delle case di moda
Borse nuove, ma danneggiate dagli stessi dipendenti e poi gettate via per risparmiare sulle tasse. Sui social è diventata virale la denuncia di un'attivista per l'ambiente, Anna Sacks, che si occupa della lotta agli sprechi e di ridurre i rifiuti. Sul suo canale TikTok ha mostrato una serie di borse nuove del marchio Coach, danneggiate irrimediabilmente. Secondo la tiktoker è la policy aziendale del marchio Coach a imporre ai dipendenti di rendere inutilizzabili le borse invendute: il marchio ha risposto alle critiche via Instagram, sostenendo che si impegnerà a implementare i programmi di economia circolare. Molti attivisti però sostengono che non è un caso isolato, bensì una pratica nota nel mondo del lusso. Molti brand d'alta gamma o catene di fast fashion sono state accusate di "ridurre gli stock" di merce invenduta distruggendo prodotti intonsi, in barba ai tanti proclami di sostenibilità ambientale.
La tiktoker denuncia l'ipocrisia della moda
Nel video, Anna Sacks mostra una serie di borse che ha preso da un'altra attivista per l'ambiente, The Dumpster Diving Mama. Le borse in questione sono state trovate in un cestino dei rifiuti fuori da un centro commerciale di Dallas e sono tutte del brand Coach. Mostrando gli accessori lacerati, Anna Sacks sostiene che non si tratta di un incidente o di un caso isolato. Secondo l'influencer è il risultato di una prassi aziendale: Coach avrebbe chiesto ai propri dipendenti di danneggiare i beni invenduti per ottenere sgravi fiscali. Le borse che giacciono sugli scaffali figureranno così come "merce danneggiata" e quindi meno tassata. Anna Sacks accusa Coach di ipocrisia, perché sul sito il brand parla esplicitamente di "economia circolare" e chiede ai propri clienti di "riparare anziché buttare". Salvo poi mandare in discarica beni perfettamente integri: alla faccia della sostenibilità ambientale. ⠀⠀⠀⠀⠀⠀
Una prassi molto diffusa
L'azienda, travolta dalle critiche, è corsa ai ripari pubblicando un post su Instagram in cui rinnova il proprio impegno a favore della sostenibilità: "Abbiamo smesso di distruggere i beni non vendibili e danneggiati", si legge nella comunicazione social del brand. Da ora in poi l'azienda si impegnerà a "massimizzare il riutilizzo dei prodotti" e i programmi di economia circolare. Coach comunque non è l'unica azienda a essere stata accusata di distruggere prodotti per liberare i magazzini. Nel 2018 Bloomberg segnalava in un suo articolo che la casa di moda Burberry aveva distrutto capi per un valore totale 28,6 milioni di sterline (circa 32 milioni di euro). A conti fatti, la cifra corrisponde a 20mila dei suoi iconici trench. Il brand si era difeso, sostenendo che quando si era trovato costretto a "minimizzare lo stock eccesso" lo aveva sempre fatto in modo "responsabile". Ma attivisti e insider denunciano che quella di distruggere capi invenduti è una pratica tristemente comune nel settore del lusso: secondo il New York Times sono finiti nell'occhio del ciclone anche Nike e Louis Vuitton.
Perché i colossi del lusso distruggono la merce
Quali sono le ragioni? L'attivista Anna Sacks chiama in causa ragioni fiscali: in breve, se l'invenduto passa come merce danneggiata l'azienda pagherà meno tasse. Un altro motivo riguarda l'esclusività del marchio: le case di lusso vogliono evitare che i beni finiscano negli outlet "svalutando" il prestigio del nome con un prezzo troppo basso, oppure nei rivenditori non autorizzati delle case di moda o peggio ancora in mano ai contraffattori. Tutto questo però ha un prezzo elevatissimo per la sostenibilità ambientale: produrre un capo di moda o una borsa di pelle richiede energia, materia prima, manodopera, risorse. Tutto viene vanificato (e quindi sprecato) se la borsa in questione finisce in discarica senza mai essere stata indossata. Peggio ancora se viene bruciata, rilasciando sostanze chimiche pericolose nell'ambiente. Che sia davvero prassi comune o che siano solo casi isolati, poco importa: sacrificare prodotti integri è uno spreco che non ha più ragione di esistere.