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La storia di Sara che ha sconfitto l’insonnia riordinando casa e i consigli per dormire meglio

Nove milioni di italiani soffrono di insonnia e di questi sei su dieci sono donne. Dopo sei mesi passati senza chiudere occhio Sara è riuscita a vincere l’insonnia e ci ha raccontato come stirare camicie e mettere a posto cassetti alle 3 del mattino possono rivelarsi utili per chi soffre di questo tipo di disturbo.
Intervista a Luigi De Gennaro
Docente di Psicofisiologia del sonno all’Università La Sapienza di Roma e segretario dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno
A cura di Francesca Parlato
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L'insonnia logora ben nove milioni di italiani. Sono così tante le persone che la sera fanno fatica ad addormentarsi, si girano e si rigirano nel letto, guardano la televisione o video sul cellulare nella speranza di rilassarsi, provano a leggere pagine di libri noiosi credendo che le sfiancheranno fino a chiudere gli occhi, senza alcun successo. "I disturbi del sonno sono un mondo intero" asserisce il professor Luigi De Gennaro docente di Psicofisiologia del sonno all’Università La Sapienza di Roma e segretario dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno, intervistato da Fanpage.it in occasione della  Giornata Mondiale del sonno (per gli interessati oggi sul sito dell'Associazione è possibile partecipare a una maratona di 12 ore dalle 8 alle 20 in cui tutti gli esperti del sonno in Italia faranno informazione). "L'insonnia cronica, ovvero la difficoltà o l'impossibilità a dormire per più di tre mesi di seguito, è il disturbo più  frequente. E interessa tra il 10 e il 15% della popolazione". Così come alcuni disturbi depressivi, l'insonnia ha un carattere prevalentemente femminile. Ben sei su dieci persone che hanno difficoltà a dormire sono infatti donne. "Le donne ne soffrono quasi il doppio rispetto agli uomini. Non sappiamo ancora il motivo, ma sappiamo che questo dato lo ritroviamo anche per i disturbi depressivi e quelli d'ansia che sono molto più numerosi tra le donne rispetto agli uomini. E molto spesso si tratta di disturbi interconnessi che hanno una natura bidirezionale: un'insonnia può causare o diventare un fattore di rischio per la depressione o l'ansia o viceversa". Nel lungo periodo l'insonnia oltre ad abbassare notevolmente la qualità della nostra vita, tra stanchezza, frustrazione e nervosismo, può avere anche delle ripercussioni serie sul nostro organismo. "Alcuni studi documentano che una cattiva qualità del sonno si associa al rischio di diabete, di disturbi cardiocircolatori e a un aumento delle probabilità di sviluppare l'Alzheimer. Si tratta di fattori di rischio, quindi il mio consiglio è non allarmarsi per questi dati ma non sottovalutarla neanche".

Insonnia come intervenire

L'insonnia può essere iniziale, se riguarda la difficoltà a prendere sonno, se invece il riposo è caratterizzato da diversi e frequenti risvegli durante la notte si definisce intermittente o lacunare, infine può essere terminale quando è caratterizzata da un risveglio molto precoce e dalla conseguente incapacità a riprendere sonno. Qualunque sia il tipo di insonnia ciò che conta è riconoscerla e intervenire tempestivamente. "La medicina del sonno indica come trattamento di elezione per le insonnie croniche non l'assunzione di farmaci, ma la terapia cognitivo comportamentale". Nonostante queste indicazioni però la maggior parte delle persone ricorre con grande facilità a farmaci ipnotici e sonniferi. "Questo tipo di scelta crea un problema addizionale. – spiega il professore – Farmaci come questi andrebbero usati per non più di un mese. Ma sono tantissime le persone che li usano per periodi decisamente più lunghi e questo provocherà un'ulteriore difficoltà nel trattamento e nella cura dell'insonnia che molti rischieranno in questo modo di portarsi dietro per buona parte della vita". I farmaci infatti agiscono in maniera efficace (se assunti sotto stretto controllo medico) sul sintomo, ma non sono in grado di rimuovere i fattori causali. "Nel caso ad esempio delle insonnie situazionali, ovvero quelle insonnie che durano pochi giorni o qualche settimana (ben lontana dai tre mesi necessari affinché si possa definire cronica) legate a momenti della vita particolarmente stressanti o alcuni importanti cambi d'abitudine, la scelta del farmaco è opportuna, perché fa un lavoro nell'immediato, sul sintomo. In questi casi infatti una terapia si rivelerebbe troppo lunga e non necessaria". 

Le buone e le cattive abitudini

Esattamente come ci prendiamo cura del nostro benessere prestando attenzione all'alimentazione e allo sport, dobbiamo interessarci del nostro sonno. "L'insonnia non va né sottovalutata né drammatizzata: ma è bene che il sonno diventi un fattore di benessere fondamentale per orientare i nostri comportamenti". Ci sono alcune regole da seguire per tutelare infatti la sua igiene, a prescindere dalla presenza di disturbi. "Evitare stimolanti come caffeina e nicotina, soprattutto la sera. Evitare di fare esercizio fisico nelle ore precedenti al sonno e attenzione anche a svolgere attività particolarmente stressanti a tarda sera. Poi ovviamente ci sono i device, smartphone e computer, che rubano tempo al sonno, a causa del loro potere di sopprimere la melatonina (l'ormone che lo favorisce)". Infine per chi soffre di insonnia ci sono alcune abitudini, come quella del riposino pomeridiano, da dover completamente riconsiderare. "Il riposo del pomeriggio ci dà quella sensazione di recupero, ma in realtà non fa altro che perpetuare il problema, il processo della sera verso il sonno risulterà infatti indebolito, rafforzando l'insonnia".

Le notti bianche di Sara

"Non dormivo più. Una notte mi sono messa a letto e non ho dormito neanche un minuto. A un certo punto ho sentito le campane che suonavano. Erano le 7 e non avevo mai chiuso occhio". Sara (nome di fantasia) è un'agente immobiliare, un lavoro impegnativo che può gestire in maniera autonoma ma che si porta dietro anche grandi responsabilità. "Mi rigiravo nel letto, andavo e venivo dal frigorifero senza neanche mangiare, guardavo la tv, leggevo riviste, sfogliavo Facebook, ma nulla. Arrivava l'ora della sveglia e un'altra notte era passata senza dormire". Il suo problema con l'insonnia comincia poco prima del lockdown. "All'inizio ho provato a usare la melatonina ma mi provocava sonnolenza e stanchezza il giorno dopo. Sono una persona iperattiva, non faceva per me". Con la pandemia il sonno peggiora ancora di più e a quel punto decide di rivolgersi a una psicologa per iniziare una terapia. "Non ho mai assunto sonniferi o psicofarmaci. Ma ho capito che una terapia era necessaria. L'insonnia mi rendeva nervosa, irrequieta. Sono una persona molto pignola e sentire di non riuscire a dare il massimo sul lavoro per me era un problema. Non avevo sonno durante il giorno ma l'impossibilità di riposare generava in me una frustrazione enorme". La notte amplifica ogni pensiero e ogni preoccupazione. "Ripensavo alla giornata appena trascorsa – racconta ancora Sara – rivedevo ogni momento, ogni dialogo. La mia testa andava dietro ai pensieri negativi. Di notte non hai un'amica a cui telefonare, qualcuno con cui parlare per distrarti". 

La terapia per l'insonnia

Stirare, rimettere a posto l'armadio, ordinare la libreria. Tutti noi abbiamo delle faccende noiose da fare in casa che cerchiamo sempre di evitare. La terapia di Sara partiva proprio da questo tipo di attività. "Con Sara ho deciso di eseguire una terapia breve e strategica – ha spiegato a Fanpage.it la psicologa Elisa Marcheselli – Quando si sta affrontando un'insonnia di questo tipo dobbiamo abituare la testa al riapprendimento del sonno". Bisogna fare una sorta di reset. "È necessario mettere in piedi dei rituali prima dell'addormentamento – continua la psicologa – Come preparare il corpo al rilassamento con un bagno caldo o applicare una crema sul viso, prendersi cura di sé prima di andare a dormire". Il rischio però è quello che in psicologia viene chiamato effetto paradosso, ovvero più mi predispongo a fare una cosa (in questo caso il dormire) meno ci riuscirò. "Si va a letto con l'ansia di non riuscire ad addormentarsi. Se una volta a letto il sonno, nonostante il rilassamento, non arriva bisogna spiegare al paziente che non bisogna girarsi o rigirarsi, ma alzarsi e svolgere un'attività noiosa. Stirare le camicie, pulire un cassetto o il frigorifero. Potremmo definirla una punizione per la nostra mente. In questo modo nella nostra testa si attiva una sorta di braccio di ferro tra la voglia di dormire (anziché ordinare i propri abiti) e stare svegli". Annoiarsi si è rivelata un'ottima soluzione per Sara. "Io odio sbrigare le incombenze domestiche. Ogni notte mettere a posto i cassetti per me era una vera punizione. Mi annoiavo tantissimo. Tanta era la noia che già dopo i primi 15 giorni di terapia ho iniziato a vedere dei benefici. Ci sono ancora delle notti ogni tanto in cui fatico a prendere sonno, ma si tratta di episodi assolutamente gestibili, che oggi so come affrontare". Ripristinare il prima possibile i ritmi circadiani è fondamentale per il benessere mentale e dell'organismo. "L'insonnia aumenta i livelli di cortisolo e adrenalina, due ormoni che non fanno bene al nostro corpo. Questo tipo di metodo, unitamente a una terapia che analizza il livello di stress e la vita del paziente (ricordiamo che un disturbo del sonno è quasi sempre una spia di altri problemi) è in grado di dare i suoi frutti in un arco di tempo relativamente breve e di migliorare di gran lunga la qualità della vita di chi ne soffre"

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