Il bianco, in Bielorussia, è un colore pericoloso. Bianco è opposizione al governo, bianco è insurrezione, bianco è rompere le regole. E indossare un simbolo di questo colore vuol dire rischiare di finire nel mezzo di un rastrellamento governativo e poi in una cella con chissà quale futuro. Accusati di crimini politici o di sovversione.
La protesta pacifica delle donne in bianco
Nonostante questo clima di terrore scatenato dalle ultime elezioni, che hanno riconfermato al potere Lukashenko e costretto alla fuga la sua sfidante Svetlana Tikhanovskaya, ieri le donne hanno fatto la differenza. Sì, perché al quarto giorno di proteste che stanno scuotendo il Paese, sono scese in piazza le madri, le figlie, le amiche di tutti quei manifestanti che sono stati incarcerati dal giorno degli spogli elettorali. Lo hanno fatto vestendosi di bianco, sfidando una delle più dure repressioni che l’Europa conosca, quella del regime di Lukashenko. Vivono in vari quartieri di Minsk e si sono ritrovate in Piazza della Repubblica, nei pressi del mercato Komarovsky, formando un corteo che poi si è trasformato in una catena umana. Al grido di "crediamo, possiamo, vinciamo" sono arrivate fino alla stazione della metropolitana Park Chelyukintsev raccogliendo l’entusiasmo di chi, affacciandosi dalle finestre o dai balconi le acclamava. Queste donne vestite di bianco stringevano nelle mani dei cuori di carta ritagliata, dei fiori o delle cartoline. Tutte quante chiedevano il rilascio immediato dei detenuti incarcerati a causa delle proteste post elettorali. Il corteo si è poi disperso per evitare l’intervento della polizia, ma il messaggio che è passato è stato chiaro.
Lukashenko: l'ultimo tiranno europeo
Il risultato delle elezioni, con l’80 per cento a favore del premier Lukashenko e solo il 10 per Tikhanovskaya, ha subito destato dubbi sull’effettiva legittimità e correttezza degli spogli. E il vento in Bielorussia, con nuove generazioni di ragazzi stanchi di vivere nell’ultima dittatura europea ancora esistente, sta davvero cambiando. Al punto che nei giorni scorsi il governo è stato costretto a mandare in down la connessione internet in tutto il Paese, cosciente del fatto che i social network abbiano il potere di mobilitare le persone e l’opinione pubblica molto più di tanta propaganda. Eppure queste donne sono riuscite a mobilitarsi e a mobilitare tante altre dimostrando che il Paese non è Lukashenko, la vera Bielorussia è sulle loro spalle. In pochissimo tempo hanno ottenuto anche la solidarietà delle donne combattenti del Rojava.
Noi donne internazionaliste curde esortiamo le nostre sorelle bielorusse a essere in prima linea in questa rivoluzione. Dicono che la guerra non abbia un volto di donna e noi crediamo che la rivoluzione possa avere solo il volto di una donna. Solo una donna con la sua intelligenza emotiva, capacità di empatia e impavidità indistruttibile è in grado di portare il cambiamento nella società. La liberazione delle donne e della società non è una questione di presidenti e di governo, ma di solidarietà delle donne nella società e nelle famiglie.
Poco importa se Lukashenko sia apparso in tv a ripetere che i manifestanti abbiano tutti un passato criminale, il volto del Paese reale ormai è sotto gli occhi di tutti. E il volto della Bielorussia è quello di donna.