La battaglia per l’abolizione della tampon tax nel Regno Unito ha portato alla vittoria: da quest’anno, oltremanica, i prodotti igienici femminili non subiranno più alcuna iva. Una discussione che ha attraversato il Paese per oltre vent’anni, quando la deputata laburista Ann Taylor nel 2001 riuscì a ridurre la tassazione al 5 per cento, la percentuale più bassa consentita dalla legislazione dell’Unione Europea.
La Gran Bretagna dice addio all'Ue e alla tampon tax
Ora che la Gran Bretagna è ufficialmente fuori dall’Unione dopo aver negoziato e raggiunto gli accordi previsti dalla Brexit, i tamponi e gli assorbenti non subiranno più alcuna imposta. Fino ad ora cancellarla totalmente non era possibile, perché Bruxelles non considera i prodotti per il ciclo mestruale come beni essenziali. Una volta che il Paese ha riottenuto la propria autonomia, ha deciso di compiere quel passo che le cittadine britanniche chiedevano da anni. Fino ad oggi, però, il 5 per cento dell’iva che non era possibile cancellare è stata sempre devoluta a enti benefici che si occupano di tutelare le donne più vulnerabili. L’idea è stata della giovane attivista Laura Coryton, che nel 2015 riuscì a convincere l’allora governo conservatore a non incassare la percentuale.
La Scozia è l'unico Paese al mondo con assorbenti gratis per tutte
E se la Gran Bretagna fa questo passo in avanti, ricordiamo che la Scozia dal 2021 sarà il primo Paese al mondo a non prevedere alcun costo per tutti i prodotti legati al ciclo. Il Parlamento, infatti, lo scorso novembre ha approvato all’unanimità il disegno di legge proposto dalla deputata Monica Lennon. I prodotti sanitari sono già gratuiti per alunni e studenti in Scozia, ma la legge ora prevede l'obbligo per i ministri di istituire un programma a livello nazionale per garantire che chiunque possa accedervi. Le scuole, i licei e le università devono anche rendere disponibile una gamma di prodotti gratuiti nei loro bagni.
La battaglia contro la tampon tax non è solo economica
La rivoluzione di Gran Bretagna e Scozia non è solo economica. Londra infatti, con l'abolizione dell'iva sugli assorbenti, permetterà alle donne di risparmiare quasi 40 sterline nel corso della vita, con un taglio di 7 centesimi su una confezione di 20 tamponi e 5 centesimi su 12 assorbenti. Se guardiamo al costo complessivo, potremmo dire che sia poca cosa. Ma in un momento storico come questo, l'aspetto economico passa in secondo piano rispetto alla necessità di dimostrare una tassazione equa e libera dal gap di genere. Conosciamo già cosa sia la Pink tax, ovvero il sovrapprezzo nascosto a cui tantissimi prodotti femminili sono soggetti, spesso solo per il fatto di avere un packaging differente rispetto a quelli per gli uomini (uno su tutti, il rasoio). Togliere gli assorbenti dal mucchio di quei prodotti di lusso, serve a normalizzare il ciclo mestruale. L'abolizione della tamponi tax o, come nel caso scozzese, l'eliminazione totale del costo dei prodotti igienici femminili è necessario perché è una dimostrazione di un cambio di passo verso le necessità biologiche di una donna. Quel cambiamento che passa anche dalla responsabilità di un Governo che decide di non lucrare sulle necessità e dimostra di considerare il ritmo biologico femminile come parte della quotidianità e della vita delle proprie cittadine, che non ha bisogno di essere tassato come un qualcosa di eccezionale.
In Italia non è mai la priorità
In Italia siamo fermi al punto di sempre: impegni, promesse, bozze e proposte di legge elaborate per portare al minimo la tassazione. C'è, però, sempre qualche urgenza che sposta la discussione un po' più in là. Perché, parliamoci chiaro, nel nostro Paese la questione tampon tax è ancora una battaglia di pochi, un qualcosa da rimandare, un emendamento da bocciare perché ci sono cose più importanti. E la crisi economica e sanitaria, che pure è ben visibile, spesso si trasforma in una foglia di fico che nasconde la mancanza di volontà, una priorità mal condivisa. Così continuiamo a comprare ogni mese assorbenti con una tassazione al 10 per cento, per un ciclo mestruale che non abbiamo scelto, rimandando ogni anno una soluzione a quello dopo.