Il nostro Paese sta vivendo una realtà del tutto nuova. È un’Italia con il fiato sospeso quella in cui ogni giorno ognuno di noi si sveglia e spulcia le notizie, legge i bollettini, scopre che pochissime sono le certezze e tante le domande. I virologi e la classe politica ci invita a restare in casa, a limitare i contatti interpersonali, a preferire lo smart working quando si può. Ha un che di surreale tutto questo, se non fosse che il coronavirus esiste e si propaga in maniera veloce se ognuno di noi non decide di limitare un minimo la propria quotidianità. In questo scenario, la festa della donna di ieri non poteva che essere festeggiata con tutte le misure del caso: d’altronde è stato il primo 8 marzo ai tempi del coronavirus.
Il silenzioso 8 marzo italiano
In Italia le iniziative, prima del dl del Governo che ha vietato assembramenti e manifestazioni su tutto il territorio nazionale, erano tantissime. In ogni provincia era previsto un corteo, sull’onda del movimento ormai internazionale Non una di meno. Le rivendicazioni sono purtroppo le stesse, sacrosante: parità di salario, superamento del gender gap, parità di rappresentanza politica, corretta raprresentazione della donna nei media, denuncia della violenza di genere. Ovviamente, questo non è stato possibile. Non solo nella cosiddetta zona arancione, ma dappertutto. Domenica mattina Milano si è svegliata nel silenzio. Le strade erano vuote, la socialità sospesa. Così l’unico accenno alla ricorrenza, sono stati i manifesti della campagna del comune di Milano con il volto dell’attrice Matilde Gioli e la scritta “Noi donne non ci arrendiamo mai, neanche nei momenti difficili”. A Roma, dove la manifestazione femminista avrebbe visto la partecipazione più nutrita rispetto al resto del Paese, è ovvimente saltato tutto, o quasi. A Piazza di Spagna alcune donne, con l’ormai famoso fazzoletto fucsia, hanno organizzato un piccolo flash mob. Giusto il tempo di gridare:
Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce. Siamo il grido altissimo e feroce di tutti quei corpi che più non hanno voce. Insieme siam partite, insieme torneremo. Non una di meno.
La decisione delle organizzatrici di Non una di meno è stata univoca su tutto il territorio nazionale dunque, senza nessuna defezione.
Le parole del presidente Sergio Mattarella a sostegno delle donne che combattono l'epidemia
Anche il consueto appuntamento al Quirinale è stato annullato. Il presidente Sergio Mattarella, però, non ha rinunciato a dedicare il suo discorso alle cittadine:
Rivolgo, anzitutto, un pensiero riconoscente alle donne – e sono tante – che si stanno impegnando negli ospedali, nei laboratori, nelle zone rosse per contrastare la diffusione del virus che ci preoccupa in questi giorni, lavorando in condizioni difficili, con competenza e con spirito di sacrificio. Con la capacità esemplare di sopportare carichi di lavoro molto grandi. A loro, in special modo, desidero dedicare questa importante giornata. In numerose occasioni e in diversi ambiti sono state motori del cambiamento. Vorrei inoltre sottolineare come le donne contribuiscano, in misura particolare, a cogliere il valore universale e concreto del dialogo, della solidarietà, della pace. Sostenere e rispettare la condizione femminile, ascoltare le donne vuol dire, in realtà, rendere migliore la nostra società per tutte e per tutti
La Festa della Donne nel mondo, tra rivendicazioni e violenza
Nel resto del mondo, però, non è mancata la voce di migliaia di donne. A Islamabad, in Pakistan, hanno manifestato al grido di “My body, my choice” ma, all’improvviso, sono state bersagliate da pietre e addirittura scarpe da parte di alcuni dimostranti di gruppi islamisti. Nonostante il cordone della polizia, gli uomini hanno tentato di forzare le protezioni per bloccare la manifestazione femminile. Una circostanza ben nota nel Paese, dove le donne spesso vengono bollate come “prostitute” nel momento in cui rivendicano i propri diritti. A Bishkek, in Kyrgyzstan, un gruppo di nazionalisti con il volto coperto da sciarpe nere, ha fatto irruzione nel corteo femminista e ha strappato cartelloni e bandiere, costringendo le manifestanti a disperdersi. In Iraq, Paese particolarmente colpito dal coronavirus, le donne si sono radunate in piazza Tahrir con striscioni e mascherine protettive. Lo stesso a Bangkok, a Madrid, in Australia, dove è evidente che le disposizioni governative fossero molto meno stringenti rispetto alle nostre. In Turchia, la voce delle donne di quest’anno è stata dedicata a quella delle migliaia di migranti che in questo momento sono costrette alla frontiera con la Grecia, o a Lesbo, a vivere in condizioni di disumanità e violenza. Ancora una volta, coronavirus o no, è chiaro che le rivendicazioni delle donne sono innumerevoli. È evidente più che mai in quei Paesi dove le manifestazioni sono in costante attacco, ma lo sono anche laddove la violenza è meno evidente. È una violenza quotidiana, è la rivendicazione femminile che si prende in carico i problemi degli emarginati, dei migranti, degli ultimi. Perché le donne sanno fare la differenza anche gridando per tutti loro.