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Essere adolescenti al tempo della pandemia: come sostenere i ragazzi tra Dad e dipendenza dai social

Uno studio di Save the Children spiega come i ragazzi di oggi percepiscono le conseguenze della pandemia nella loro vita. Abbiamo chiesto alla Presidente della Società Italiana di Psicologia Pediatrica come sostenere gli adolescenti che ancora non possono tornare a scuola e alla loro vita sociale.
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Intervista a Prof.ssa Giovanna Perricone
Psicologa e psicoterapeuta, Presidente della Società Italiana di Psicologia Pediatrica (Sipped)
A cura di Francesca Parlato
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"Gli adolescenti devono tornare a fare gli adolescenti" è questo l'auspicio della psicologa e psicoterapeuta Giovanna Perricone, presidente della Società Italiana di Psicologia Pediatrica. Didattica a distanza, vita sociale azzerata e impossibilità di costruire relazioni, di vedere posti nuovi, hanno caratterizzato la vita degli adolescenti degli ultimi dodici mesi. Secondo il recente rapporto di Save the Children ben 6 ragazzi su 10 ritengono che il lockdown abbia avuto e stia avendo ripercussioni negative sulla propria capacità di socializzare e sul proprio stato d’animo e umore e allo stesso tempo il 50% dei ragazzi, 1 su 2, ritiene che anche le proprie amicizie abbiano subito ripercussioni negative a causa dell’impossibilità di andare a scuola. "Dal mio punto di vista – continua la professoressa Perricone a Fanpage.it – Possiamo dire che gli adolescenti hanno vissuto diverse fasi. La prima è stata stata caratterizzata da un grande stupore, all'inizio hanno provato un certo interesse nel vivere questa esperienza nuova, godendo anche un po' del fatto che prevedesse una diminuzione dell'impegno scolastico. Ma subito dopo si è sviluppata una seconda fase che ha comportato il fatto che iniziassero a ritirarsi sempre di più in sé stessi e in questa situazione di isolamento. Anche se non riescono a percepire dove li condurrà questa situazione, hanno la netta percezione di stare male, di vivere e di essere in una situazione di disagio".

Che fine hanno fatto le discussioni con gli adolescenti

Il ritorno a scuola a settembre è stato vissuto con grande entusiasmo dagli adolescenti. "Riprendere le relazioni, costruire di nuovo una quotidianità è stato un momento positivo per i ragazzi". Ma il nuovo lockdown ha comportato il ritorno a fare lezione dietro gli schermi dei computer e il ritorno a costruire una vita sociale fatta di messaggi su Whatsapp e like su Facebook e Instagram. "Con il lavoro svolto con la Sipped, tramite gli sportelli telefonici e quelli da remoto, abbiamo avuto una panoramica molto chiara e soprattutto molto preoccupante della situazione: ci siamo resi conto che si sono riattivate le dipendenze dai social, in maniera davvero esorbitante, e che si sono spenti certi entusiasmi che invece sono o dovrebbero essere tipici dell'adolescenza". Meno voglia di discutere, meno partecipazione: il Coronavirus ha spento i moti principali degli adolescenti. "Si è perso l'obiettivo di esserci nelle cose. Sul territorio, nei rapporti, nella idea di come si potrebbe gestire la res publica. È diminuita l'attenzione alla relazione e alla costruzione dei rapporti e del gruppo, che è invece una nota dominante, nel bene e nel male, nell'adolescenza e nella preadolescenza".

Il rischio: ripiegarsi su sé stessi

Escludendo la possibilità di relazionarsi con gli altri gli adolescenti si sono chiusi in sé stessi, dismettendo in qualche modo il loro ruolo: "Non hanno voglia di fare dibattiti, di contrastare i genitori e di esprimere il loro punto di vista. La loro voglia di relazionarsi con gli altri, visto che non ne hanno la possibilità, è andata scemando". E per questo motivo la questione della scuola è centrale e tragica: "Ritengo che dovremmo investire tutte le possibili risorse per poter riaprire le scuole. Tolte le scuole viene meno l'asse portante delle relazioni. E rischiamo davvero che gli adolescenti finiscano ripiegati su sé stessi". Oggi come oggi non soltanto il presente è diventato arido ma è anche estremamente difficile per i più giovani immaginare il proprio futuro. "Il momento infatti ci impone di impiegare modelli di psicologia incentrati sul qui e ora. Noi come psicologi a contatto con gli adolescenti e i bambini non possiamo lavorare sul passato, dobbiamo attivare protocolli per riportare i giovani al timone della loro età e lavorare sul problema del presente e proiettarli verso il futuro". Accompagnare, orientare, guidare i ragazzi alla scoperta di un orizzonte che esiste e che è ancora possibile: "È fondamentale che i ragazzi (in aula e a scuola) valutino e siano consapevoli di tutte le possibilità che il futuro ha da offrirgli".

Le nuove dipendenze

Anche gli smartphone rappresentano un problema in questo momento per gli adolescenti. "Smartphone e social sono una vera e propria dipendenza – spiega preoccupata la psicologa – nella realtà virtuale gli adolescenti cercano la possibilità di gestire delle situazioni. Per questo motivo dovremmo cercare di portare la tensione che regge la motivazione nel virtuale, nella realtà". Poi ci sono i rischi di cadere in altre dipendenze: "C'è anche il pericolo di diventare dipendenti dall'alcol, una problematica che si è anticipata nel tempo rispetto al passato". 

La scuola e gli psicologi

A meno di disagi conclamati in questo momento la maggior parte degli adolescenti non ha però bisogno di una terapia psicologica clinica. "Dobbiamo lavorare e sostenere fortemente i genitori in questo. C'è bisogno di lavorare sulle capacità dei ragazzi di sviluppare capacità come agency (capacità di agire attivamente) e problem solving. Dobbiamo aiutarli nell'imparare a vedere e riconoscere le proprie risorse e insegnare loro a metterle in campo". E sul nuovo protocollo tra il Ministero dell'Istruzione, il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli psicologi e gli uffici scolastici regionali, per la creazione di sportelli di ascolto nelle scuole, la dottoressa Perricone è critica: "In questo momento nelle scuole servono gli psicologi per sviluppare delle condizioni che favoriscano le relazioni, per favorire il dibattito e per stimolare nei ragazzi la loro capacità di essere nelle cose e nelle relazioni, di gestire un'idea. Credo sia meno utile e anche meno in linea con il compito della scuola, che non è quello di strutturare rapporti uno a uno, la creazione di sportelli dove c'è il confronto tra due singoli".

Cosa possono fare i genitori

In questi tempi essere adolescenti non è un lavoro facile, ma altrettanto complicato è essere genitori. "In questo momento dobbiamo sostenere le famiglie, dobbiamo creare spazi (come abbiamo fatto con la Sipped) dove i genitori possano confrontarsi, interrogarsi e portare le loro preoccupazioni". Ma l'obiettivo principale in questo momento per ogni madre e padre di adolescente deve essere quello di riportare i ragazzi alla guida delle loro vite. "Devono risvegliare in loro l'agency, la capacità di discutere. – spiega la professoressa – Devono animare confronti serrati, creare degli spazi in cui far venire fuori la capacità e la voglia nei ragazzi di essere protagonisti di un dialogo. È questo il mestiere dell'adolescente: contrastare, discutere e anche attaccare i propri genitori. Tiriamoli fuori dall'indifferenza". Le case che stiamo così abitando da un anno a questa parte, devono diventare dei luoghi di grande conversazione, dove i ragazzi e le ragazze devono esercitare oppositività e soprattutto caricare la loro energia.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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