La battaglia per l’abolizione della tampon tax non si ferma, nonostante l’emergenza sanitaria in cui siamo immersi. Sintomo che la riduzione dell’iva sui prodotti igienici femminili sia una necessità, un intervento di giustizia sociale che non può più essere rimandato. Per questo l’associazione We World, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre, ha intenzione di portare in Parlamento la richiesta della riduzione dell’iva dal 22 per cento al 5 sugli assorbenti.
#FermaLaTamponTax arriva in Parlamento?
La petizione lanciata da We World e la campagna #FermaLaTamponTax ha già raccolto centinaia di adesioni. Molte provengono dal mondo dalle istituzioni: le onorevoli Lia Quartapelle, Laura Boldrini, Valeria Fedeli, Valeria Valente e Diana De Marchi del Comune di Milano hanno sempre portato avanti l’intenzione di far arrivare in parlamento la richiesta di abbassamento dell’iva per i prodotti igienici femminili. La legge di bilancio 2021, però, prossima all’approvazione, potrebbe non dare i risultati sperati e voluti per quanto concerne la tampon tax. La questione, come è ben immaginabile, sono le coperture economiche che l’abolizione di questa tassa comporta. In un momento di fragilità economica e di continui bonus e sgravi fiscali per superare la crisi che il coronavirus sta portando con sé, l’abolizione dell’iva sugli assorbenti potrebbe non ricevere la necessaria copertura rischiando di slittare ancora una volta.
Laura Boldrini: "Il ciclo non è un lusso"
All’interno della legge di bilancio, che tra le varie cose dovrebbe tentare di tirarci fuori dal guado di questa crisi, non può non avere di riguardo verso le donne che, in questo periodo, sono le prime a pagare il prezzo di una eventuale recessione. Proprio per capire qualcosa in più su quanto sta succedendo nei Palazzi, Fanpage.it ha chiesto all’onorevole Laura Boldrini delucidazioni.
"Questa è una Legge di bilancio imponente vista una crisi sanitaria ed economica senza precedenti. È una manovra positiva che dà centralità alle esigenze delle donne e cito, solo per esempio, gli sgravi contributivi per le aziende che assumono donne, il fondo per l'imprenditoria femminile e l'assegno unico per i figli. In questo quadro positivo, sarebbe importante compiere un ulteriore sforzo: ridurre al 5% l'Iva su tutti gli assorbenti e i prodotti igienici femminili, realizzando quanto promesso l'anno scorso, quando riuscimmo ad abbassarla per i compostabili. È ingiusto permanga la tampon tax -tanto più in questo momento di crisi in cui molte donne hanno perso il lavoro o hanno minore disponibilità economica- perché il ciclo non è un lusso, come abbiamo sempre detto da quando è iniziata questa battaglia che, anche come intergruppo delle donne della Camera, abbiamo deciso di portare avanti. Mi auguro dunque possano esserci le condizioni, in Parlamento, per ridurre drasticamente quest'Iva ingiusta che grava sulle donne".
Una battaglia che non si può fermare
In Italia gli assorbenti sono considerati beni di lusso e la “Tampon tax” rappresenta una vera e propria forma di violenza economica che colpisce le donne: ad oggi, in tutto l’occidente, il nostro Paese è uno tra i pochi a non essere ancora intervenuto in maniera incisiva per abbattere questa discriminazione. La crisi economica dovuta all’epidemia da Covid-19 grava in particolar modo sulle donne e per questo la battaglia di We World diventa più che mai necessaria ora, perché almeno questo bene di prima necessità gravi sempre meno nel bilancio familiare già messo a dura prova dalla pandemia. Molti Paesi sono già intervenuti aggressivamente sulle disparità di genere. L’abolizione o l’abbattimento della “tampon tax” è infatti in primo luogo un intervento di natura culturale, che riconosce l’esistenza di una condizione naturale differente. Se a livello globale democrazie come il Canada, lo Stato di New York, l’India e l’Australia hanno completamente abolito la tassazione su assorbenti, tamponi e coppette mestruali, molti Paesi Europei sono intervenuti per ridurla, compatibilmente con la normativa UE. Adesso tocca all’Italia.